Capitolo 54

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Anastasya

«Forza Hanna, sali in auto per favore.» Nervosa per quel viaggio invito mia sorella a fare in fretta. Sta ancora salutando Maryna e suo marito poi finalmente la vedo recuperare la sua valigia che mette nel portabagagli prima di salire dietro.

Irina è alla guida, ci accompagnerà al confine con la Polonia dove prenderemo l'autobus, diciotto ore di viaggio per raggiungere l'aeroporto di Varsavia e quindi l'unico volo in partenza per l'Italia. Arriveremo a Roma domani e Alice ci verrà a prendere.

«E dai Anastasya rilassati, ormai stiamo per andare niente può andare storto.» Hanna, sorprendentemente o semplicemente grazie alla sua giovane età, è quasi emozionata per il cambiamento. Da quando le ho comunicato la scelta di partire e di andare soprattutto in Italia non ha smesso di sorridere. Come vorrei sentire un po' della sua spensieratezza.

«Mi rilasserò quando saremo arrivate.» Borbotto facendo sorridere Irina.

«Appena arrivate chiamate, okay?» annuisco controllando in borsa per l'ennesima volta di avere tutto. Fortuna che siamo riuscite ad ottenere i documenti per questo viaggio.

«Alice mi ha detto di avermi già trovato un lavoro. È in un centro accoglienza profughi e mi pagheranno anche. Fortunatamente nel centro ospedaliero cercavano un dottore.» Non riesco a credere alla notizia che mi ha dato ieri per telefono la mia amica. Forse Irina aveva ragione, le cose stanno girando anche per me.

Un pensiero fisso cerca di sbucare nella mia mente sgombra pizzicando il mio cuore ma io lo tengo rilegato con forza. Ho deciso che è un il momento di metterlo di lato. Quando sarà passato sufficiente tempo, lo tirerò fuori come un bel ricordo. Un bellissimo ricordo.

«Davvero! È stupendo potrete subito iniziare la nuova vita.» Annuisco.

«Anche Hanna potrà lavorare.» Ovviamente questa emergenza richiede tante persone disponibili ad aiutare.

«Che vuoi fare, Hanna?» Irina sbircia mia sorella che sbuffa dal posto dietro al mio. Questa idea non le è molto piaciuta. Immaginava di poter subito andare a scuola. Le mancavano gli ultimi mesi per la maturità. E poi avendo scelto l'indirizzo lingue era contenta di potersi mettere alla prova con l'italiano.

«Certo che aiuterò.» Mi giro a guardare il suo broncio e alzo le spalle guardando Irina.

«Stai tranquilla, le passerà.» Questo è sicuro, visto quanto è lunatica. No che non lo fosse anche prima di tutto questo e la voce di mia madre fa eco nella mia testa: "Lasciala stare, è ancora piccola."
No mamma, vedi, è viziata.

Irina comincia le sue raccomandazioni mentre io guardo il panorama cambiare. Avevo sperato di rifare un viaggio in Italia ma certo non per questo motivo.

I saluti con Irina sono pieni di tristezza, cerchiamo tutte di mantenere i sorrisi sui nostri volti che comunque esprimono il dispiacere per questa partenza senza data di ritorno.

«Appena ci sistemiamo verrai a trovarci, okay?» Le dico stringendola a me.

«Certo.» Sento mancarmi il fiato quando anche lei mi stringe.

«Ciao.» La saluto mentre con Hanna saliamo sull'autobus.

Camminiamo nel corridoio stretto fra i sedili fino ai nostri posti. Ovviamente Hanna si siede dal lato del finestrino. Sbuffando mi accomodo anche io vicino a lei. Lascio il mio zaino a terra fra i miei piedi e torno a guardare Irina che si riavvia i capelli biondi. È mattina presto e il sole che oggi ci saluta, fa sembrare la mia amica ancora più bella mentre si stringe nel suo cappotto blu. Alza la mano a salutarci quando l'autista accende e inizia le prime manovre. Le mando un bacio volante che lei ricambia camminando dietro al mezzo per continuare a guardarci dal vetro. Sento il groppo in gola aumentare. Un altro saluto forzato. Mantengo il contegno in quell'autobus in cui i singhiozzi sono l'unico sottofondo. Praticamente tutti oltre noi stanno affrontando quel viaggio per raggiungere posti più sicuri.

Quando vedo che siamo entrati in autostrada appoggio il capo al poggiatesta e chiudo gli occhi. Lascio andare le mie mani sul grembo e cerco di non sentire quei suoni che mi circondano. Un bimbo piccolo piange nel posto dietro al mio e dopo aver sbuffato per una buona mezz'ora, sento mia sorella girarsi nel sedile.

«Allora piccolo, che facciamo?» Il suo tono scocciato placa quelle urle fino a quel momento ininterrotte. «Ti sembra giusto disturbare tutti?» Parla a quel piccolo di appena un anno, come se fosse un adulto e anche se non lo posso vedere in viso, sono certa sia rimasto sorpreso da questa persona nuova che gli si rivolge decisa. Sorrido alla sua proposta. «Forza, vuoi venire qui da me e guardiamo insieme un cartone?»

Credo abbia acconsentito perché la vedo allungarsi per poi tornare seduta con un bimbetto dal viso angelico che sembra assolutamente innocente. Molti dei nostri vicini sospirano sollevati dal silenzio inatteso.

Sorrido al bimbo che si nasconde dietro le braccia di Hanna. «Allora, questo ti piace?» La musichetta di Masha e Orso si spande portando una strana normalità dentro tutti noi.
Per evitare di infastidirlo torno a poggiare la testa e a chiudere gli occhi e lentamente mi addormento con il dondolio dell'autobus che mi fa rilassare.

Mi ritrovo in un sogno dopo tante notti vuote. Sono davanti una casa tutta bianca con le finestre in legno e il fumo che esce dal camino. Il verde cresce incontrastato nel giardino che la circonda e io sento il desiderio di incamminarmi oltre quel cancelletto, di ferro battuto, chiuso da un chiavistello sulla sinistra.

Allungo la mano per aprirlo e poi richiuderlo dietro di me. Un labrador color crema mi raggiunge leccandomi una mano. È uguale a Nole il mio cane da bambina. Con lui accanto avanzo verso l'ingresso.

Dalla finestra aperta sento le voci dall'interno. Qualcuno sta ridendo e si respira pace, serenità e io accelero il passo verso la porta d'ingresso. Salgo i tre gradini in pietra e spingo con mano tremante quel legno accostato ma non chiuso. Il salotto di casa mia mi si mostra pieno di calore e risate. Osservo Hanna sul divano che alza il volume per sentire la sua serie preferita e lamentarsi di quel chiacchiericcio. Mi guardo attorno e con il fiato sospeso entro in cucina dove l'ultima immagine di mia madre mi si mostra. La rivedo alzare la mano che mi accarezza i capelli e ne sento l'amore, sembra così reale.

Come in un film rivedo e risento quell'ultima serata tra noi. Trepidante aspetto il momento in cui mio padre farà la comparsa nella stanza. Tolgo i capi pesanti che indosso come quella volta e subito li poso sulla sedia vicino al tavolo della cucina. Abbraccio mia madre con tutta la forza che ho in corpo, il dolore che mi brucia il petto si alleggerisce quel tanto da farmi respirare normalmente e poi ecco mio padre. Sembra parlare con qualcuno alle sue spalle. Non gli do il tempo di varcare la porta che sono già fra le sue braccia.

«Ciao, piccola. Sono così orgoglioso di te.» Il suo profumo mi avvolge e io sorrido con le lacrime agli occhi poggiandomi sulla sua spalla.

Mio padre ride della mia reazione e mi stringe a se. Dopo un tempo troppo breve cerca di allontanarmi, anche se io non voglio.

«Anastasya, c'è una persona qui per te.» Non lo ascolto, ma lui insiste. «Anastasya, ha fatto un lungo viaggio...» Cedo alla sua insistenza e ascigandomi le lacrime mi allontano dal suo calore. Seguo la sua mano che fa cenno a qualcuno di avanzare.

Alzo gli occhi e un dolce sorriso mi attira. Corro verso di lui e lascio che anche il suo profumo mi avvolga. «Mi manchi così tanto.» Gli dico subito. Sento il peso tornare nello stomaco e l'aria sparire da quella casa. Lo stringo disperata.

«Anastasya.» Il mio nome pronunciato da lui ha sempre avuto un altro suono.

«Sono felice della tua scelta, è perfetto per te figlia mia. Segui il tuo cuore noi saremo sempre con te.»

Aleksander e mio padre si sorridono quando anche mia madre ci viene incontro. Il braccio del ragazzo mi cinge la vita.

«Ottima scelta bimba.» Mi viene vicina e stringe il braccio di Aleksander.

Alzo gli occhi verso di lui. «Non ti dimenticherò.»

«È questione di tempo.» Le sue labbra si posano sui miei capelli e tutto svanisce lasciandomi scombussolata. Spalanco gli occhi e porto le mani al petto.

Le persone parlano intorno a me e il bimbo ora dorme fra le braccia di mia sorella. Sconvolta mi fisso le mani che tremano, vorrei tornare in quel sogno. Cerco di dare un senso a quel sogno, mentre il battito del mio cuore rimbomba dentro di me incessante.

«Signori se volete facciamo una piccola sosta.» L'autista interrompe il mio farneticare riportandomi alla realtà. «Avete un'ora.»
Sospiro abbandonandomi nel sedile.

Con la Forza di un Carro ArmatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora