Capitolo 42

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Aleksander

«Cazzo!» strepito mentre un uomo mi salta sulla schiena e mi afferra per il collo. «Cazzo!» urlo con tutto il fiato che ho in gola mentre quel bastardo se la porta via. Lo sguardo suppplichevole e terrorizzato di Anastasya è l'ultima cosa che vedo di lei. Sapevo che mi sarebbe costata quella promessa e lo sapeva anche lei altrimenti non me l'avrebbe fatta fare. Potrei essere da lei subito e invece so che non mi perdonerebbe di avere messo lei prima di sua sorella e della sua amica. Perché, cazzo, lei è così e io sento la notte strapparmi il cuore dal petto mentre la vedo sparire nel buio. Butto giù lo stronzo che ho sopra con una delle mosse di karate che ho imparato in anni di esercizio. R ompo la gamba all'altro mentre richiamo l'attenzione di uno dei ragazzi che era con me. Gli urlo di andare a chiamare Vasilii e Dimitri. «Corri, cazzo!» finalmente lo vedo andare e come una furia entro dentro quella tenda.

Giuro, impreco, mi sento morire, cazzo. L'ha portata via e non posso fare niente. Come una furia mi avvento sul primo uomo che mi viene davanti, sono in tre con le tute mimetiche i bastardi e le urla di Hanna e Irina mi penetrano sotto pelle come lame. L'ha portata via, cazzo! A quel bastardo spezzerò tutte le dita.

I due idioti rimasti sono uno sopra Hanna e uno sopra Irina. Erano ancora nei loro letti e scalpitano sotto quei corpi disumani. Mostri che non meritano di vivere. Afferro quello che tenta di aprire le gambe a Hanna e con tutta la forza che ho in corpo lo colpisco alla testa. Il sangue esce dalla sua bocca imbrattando tutto il letto. Il suo amico non reagisce al suo gemito di dolore troppo impegnato ad afferrare Irina. Merda.

Gli assesto un secondo pugno, un terzo, mi fermo solo quando lo vedo accasciarsi inerme.

«Stai bene Hanna?» la guardo un attimo e mi sembra di sì. Nella penombra della lampada a gas che le ragazze tengono accesa durante la notte vedo un graffio sul suo volto, i capelli scarmigliati ma grazie a Dio e ancora tutta vestita. Piange, piange disperatamente ho il tempo di farle una carezza. «Stai buona qui, okay? Devo aiutare, Irina.» Acconsente con gli occhi spalancati dal terrore.

Fuori sento i rumori di una lotta ma non ho tempo da perdere devo ancora trovare Anastasya. Afferro per le spalle quel porco che è riuscito a strappare il pigiama a Irina e lo butto sul pavimento. Gli poggio l'anfibio in faccia schiacciandogli la guancia contro la terra.

«Sei un lurido figlio di buttana.» Con violenza lo colpisco, e il suo urlo fa accapponare la pelle. Ringrazio il mio istruttore mentre faccio sputare sangue anche a questo bastardo. «Irina va da Hanna!» afferro l'uomo che ancora cerca di reagire e gli assesto un calcio in mezzo alle gambe. Spero con tutto il cuore di avergli procurato danni. «Stronzo, le donne non si toccano.»

«Aleksander!» Vasilii entra in tenda e si porta le mani in viso.

«Portale in salvo Vasilii. Io devo andare a prendere quello stronzo. Rimpiangerà di essere nato.» Come una furia esco dalla tenda.

«Dov'è Anastasya?» La sua voce terrorizzata è niente rispetto alla paura e all'odio che mi scorre dentro.

«L'ha presa Yari.» Dimitri sta atterrando un uomo e anche l'altro ragazzo si da da fare ma è tutto sotto controllo, ho assolto alla mia promessa e ora corro disperato in cerca di quel bastardo.

Avanzo nella direzione in cui sono spariti. Il buio nelle stradine non mi aiuta e impreco quando nonostante il silenzio non sento niente.

Era un momento perfetto, cazzo. Io lo uccido e mi fa paura quanto sono convinto di questa cosa. L'immagine di lui che la strattona e tira via mentre quegli uomini mi saltavano addosso mi mette dentro una forza inaudita. Lo schiaccerò come una formica. Gli uomini come lui non meritano di vivere, sapevo che prima o poi avrebbe agito ma giuro che stavolta sarà l'ultima volta.

Attento cammino per quelle vie, mi sembra di girare in tondo, mi sembra che la terra li abbia risucchiati. Cerco di pensare dove possa essere. Dove possa averla portata. Nella sua tenda non ci sono. E neanche in quella di quegli altri stronzi. Mi porto le mani ai capelli al centro del campo, mi giro e rigiro nella notte senza vedere niente.

Se le ha solo toccato un capello... la rabbia che mi scorre dentro è fuoco liquido. Devo ragionare e inspiro e espiro in cerca di maggiore tranquillità, con quella sarà più facile trovarli. L'adrenalina mi permette anche di vedere nel buio e quando abbassando gli occhi sulla strada vedo delle strisciate sono certo che siano provocate da lui che tira la mia donna. La neve si è sciolta completamente in questi giorni lasciando il terreno fangoso. Mi abbasso a osservare meglio e sono certo che siano stati loro a lasciarli. Spero con tutto il cuore che sia così non posso perdere altro tempo.

Non ho nessun altro indizio e allora seguo quei segni sul terreno. Le orecchie ben attente a sentire ogni minimo rumore, gli occhi a cogliere anche un solo movimento. Le impronte mi portano fuori dalla parte delle tende verso l'aria dove sono posteggiati i mezzi.

Cammino tra i camion lentamente non voglio che mi senta devo coglierlo di sorpresa. Avanzo e il buio si fa sempre più intenso opprimenti, non riesco quasi a vedere più niente. Solo sagome di ferro e qualche albero qua e la.

Comincio a credere di aver sbagliato e l'idea della strada che ho fatto e del tempo che perderò a tornare indietro mi fa vacillare. Non arriverò in tempo ed è orribile da accettare il non essere riuscito ad aiutare la propria donna in una situazione del genere. Come può un uomo arrogarsi il diritto di costringere una donna a un atto intimo, un invasione di un altro corpo che non ti vuole, una violazione. Mi sento stritolare l'anima alla sola idea che la purezza di Anastasya venga macchiata da quel mostro. Perché è impossibile poter dimenticare un gesto del genere. Ormai disperato inizio ad urlare. Non vedo niente, non sento niente, che altro posso fare.

«Anastasya!» la mia voce è come un lamento sofferto. «Anastasya!» Un'anima strappata dal corpo. «Anastasya!» la gola mi graffia per la forza che metto nel chiamare il suo nome. Corro nelle varie direzioni, l'istinto mi dice che è qui. Passo ancora accanto a quei camion quando finalmente sento un qualcosa, sembra un lamento soffocato. Drizzo le orecchie e tutti i sensi. Sono certo che è qui.

Ritorno lentamente indietro e lo sento nuovamente. Un suono smorzato. Mi fermo davanti due mezzi e quando lo sento nuovamente sembra il mio nome pronunciato con qualcosa stretto in bocca. Guardo a destra e a sinistra deve essere uno di questi due e allora decido di farmi condurre dall'istinto. E nella notte più buia della mia vita salgo sul retro di quello che mi è più vicino. È lungo circa venti metri, ha il rimorchio ed è pieno di container che mi permettono di camminare senza farmi vedere. Una leggera luce si intravede ballare nel fondo è talmente fioca che mi sembra di sognarla, ma non è così. Cerco di placare il mio respiro pesante devo essere trasparente e lo sono mentre avanzo risoluto con la ferocia che mi scorre dentro. Stringo le dita fino a graffiarmi i palmi, non avrò pietà.

Con la Forza di un Carro ArmatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora