Capitolo 15

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Anastasya

Non riesco a stare tranquilla. Più che una proposta la loro era una trappola non avevamo scelta e ora sento una grande responsabilità nei confronti di mia sorella e Irina per averle condotte in questo posto. È tutta colpa mia. Sono stata io a decidere tutto e ora siamo davvero nei guai. Stringo la mano al comandante che sembra davvero gentile, a turno diciamo i nostri nomi e lui ci guarda compiaciuto. Poi ci invita tutti a seguirlo nella sua tenda e io approfitto per guardarmi intorno l'odore del fumo impregna l'aria come quello della benzina. Aleksander aiuta Hanna sorreggendola per la vita. Mentre Dimitri e Vasilii ci circondano come guardie del corpo, è evidente che l'atmosfera una volta arrivate è cambiata ora anche Vasilii è nervoso.

Il comandante si accomoda al capo di un tavolo da riunioni improvvisato. Fa poi cenno a tutti di sedersi comprese noi. Siamo soli in quella tenda, io mi ritrovo Hanna al mio fianco sinistro e Aleksander a quello destro. Siamo tutti molto vicini e le nostre braccia si sfiorano impercettibilmente.

«Allora, signore.» Il tono serio attira i nostri sguardi. «Io voglio mantenere l'accordo che avete fatto con i miei uomini e farò di tutto affinché loro riescano a proteggervi qui dentro. Non posso dirvi che sarà facile, la guerra rende violenti e alcuni addirittura dei pazzi.» Congiunge le mani sul tavolo stringendole. «Ma ho un certo numero di soldati che hanno mantenuto la loro morale e faranno bene ciò che gli chiedo.» Ci guarda a turno per poi fermare lo sguardo su di me. «Anastasya giusto?» annuisco. «Bene, cara. Io ho una figlia che penso abbia più o meno la tua età e non sarei tranquillo se fosse nella tua posizione.» Ingoio quel magone che sento in gola nuovamente. «Ho bisogno della vostra sincerità assoluta e della vostra professionalità. Voi lavorate bene e sarete talmente indispensabili che nessuno si sognerà di farvi del male.» Mi spiega non staccando mai i suoi occhi dai miei. Combattuta non so cosa dire. Se confessare o meno che sono io l'unica qua qualificata per ciò che mi chiedono. Questo metterebbe in pericolo Hanna e Irina ma dall'altra parte se non lo dicessi, pretenderebbero da loro cose che non sono in grado di fare. Aleksander si muove al mio fianco, ora sento maggiormente la pressione del suo braccio sul mio e mi sembra di percepire un calore da quel contatto che mi da il coraggio di essere sincera. Non ne capisco l'origine forse io stessa sto impazzendo. Inspiro e le narici si riempiono di una fragranza di sapone e pino che ha anche accompagnato il nostro viaggio in auto. È il profumo di Aleksander.

«Io devo confessarle una cosa.» La mia voce lascia trapelare la mia tensione, sento gli occhi di tutti addosso e mi sento quasi schiacciare dai loro pensieri. Mi sembra di sentirli tutti girare sopra di noi. Il comandante non si scompone ma resta a fissarmi amorevole. «Capisco che il nostro abbigliamento ha tratto in inganno tutti ma...» Sento Aleksander imprecare mentre la mascella del comandante si tende. «Ma sono solo io un medico, chirurgo in particolare. Irina è una maestra di scuola elementare...» la confessione cala in quel silenzio assoluto. «Ma ha studiato pronto intervento, quindi conosce cosa fare nelle emergenze. Mia sorella...» Vorrei prenderle una mano ma sento sia giusto mostrarci più forti di quello che siano realmente. «Ha solo diciott'anni e quindi studia ancora.» Ecco mi sembra che i respiri di tutti si siano bloccati. Mi obbligo a continuare. «Può comunque aiutare, riesce a imparare in fretta e mi può essere molto utile come aiutante, nonostante il gesso, è rimasta ferita il primo giorno.» Ora la mia voce trema di quell'astio che non avrei mai voluto imparare a provare. Mi sento tremare, ma stringo le mani sulle cosce per impedirmi di mostrare qualcosa. L'uomo accanto a me sembra essersi pietrificato e questo mi preoccupa più di quanto dovrebbe. Non comprendo quello che mi sta accadendo.

«Capisco.» L'unica parola che riempie il silenzio oltre ai rumori delle bombe e della distruzione. Un aereo passa più basso e sento le orecchie farmi male ed è come se amplificasse quel momento della mia confessione. «Beh, ormai siete qua e faremo in modo che voi possiate aiutarci in un modo o in un altro, vi farò sapere. Ora...» Capisco che la conversazione è conclusa e non so se sentirmi più rilassata o impaurita del prossimo futuro. L'uomo si passa una mano sul viso come ad alleggerire la sua tensione e Vasilii prende la parola.

«Comandante, accompagnamo le signore come concordato alla tenda del pronto soccorso per poi far vedere loro i luoghi che potranno frequentare e la tenda dove dormiranno.» Si alza mentre parla con tono risoluto.

«Sì, sì andate pure.» Fa cenno con la mano di lasciarlo solo e io non faccio in tempo ad aiutare mia sorella che Aleksander le ha già porto il suo braccio per sostenerla nel camminare.

«In auto abbiamo le stampelle.» Parlo accuratamente, non riesco a sopportare la sua gentilezza.

«Le recupererò al più presto.» Mi risponde oltrepassandomi con Hanna. Li seguo fuori e provo quasi fastidio alla luce del sole dopo quei momenti in penombra. Continuo a guardarmi in giro e quando la mano di Irina cerca la mia mi sento confortare io stessa della sua richiesta silenziosa. Le stringo le mani gelate e insieme seguiamo Aleksander e mia sorella con Dimitri alla nostre spalle. Vasilii è stato richiamato dal suo comandante.

Dopo pochi passi siamo invitate a entrare nell'ospedale improvvisato. Lamenti e tanfo sono i primi dettagli che mi colpiscono. Irina si libera la mano per portarsela alla bocca dopo che questa si spalanca alla vista della sofferenza che c'è in quel luogo. Per me non è niente di diverso rispetto a quello a cui mio malgrado ho dovuto assistere in questi giorni. Perché quelle ferite, quei suoni sono ben diversi da quelli a cui io stessa ero abituata. Sanno di morte e disperazione. Uomini vittime della follia dell'umanità. Non riesco a guardarli con il solito distacco, troppo pressante l'angoscia dei familiari che piangono i loro figli persi chissà dove. Molti non si troveranno mai. Guardo Hanna sorridere a quell'uomo che in realtà è nostro nemico e mi si stringe l'anima a pensare che anche noi potremmo sparire senza che nessuno sappia cosa ci è capitato. Cerco di abbandonare quei pensieri e distolgo lo sguardo dai due. Mi avvicino al dottore e all'infermiere. Sono due persone gentili e competenti. Non posso che notare le grandi occhiaie nere che circondano i loro occhi scuri e il viso incavato. Credo che non abbiamo più dormito da quando sono arrivati. Maksim e Viktor sono i loro nomi. Ci fermiamo a parlare dietro un separé che dagli attrezzi capisco essere un sala operatoria. Ascolto la situazione in cui lavorano e i casi che attualmente hanno, dopo esserci noi stesse presentate. Ascoltando parlare quei due uomini cerco di dimenticare che quei feriti sono russi, cerco di concentrarmi sul lavoro che dovrò fare.

Il tempo passa velocemente anche perché non ne hanno molto a disposizione, veniamo spesso interrotti da qualche richiesta di aiuto urlata disperatamente.

Uscite da quel luogo vedo i volti di Hanna e Irina stravolti, sono pallide e impaurite e quando Aleksander porge le stampelle a mia sorella non posso fare a meno di osservarlo con lo stesso pensiero di poche ore fa: sembra venire da un altro mondo. Il suo sorriso gentile, la forza che esprime il suo fisico, potrebbe far del male a mani nude, un contrasto che mi affascina più di quanto sia lecito. Ma non appena i suoi occhi incrociano i miei cerco di non mostrargli niente, perché lui è questo per me: niente. Ed è difficile da credere quando quell'azzurro ti si mostra con tutte le sue sfumature e il tuo cuore dispettoso perde un battito.
Niente!

Con la Forza di un Carro ArmatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora