Aleksander

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Aleksander

Isabella e Klara giocano sul tappeto di casa mia. La mia casa in Russia.

Siamo qui da due giorni perché domani sarò insignito di una medaglia per la mia scoperta di una nuova fonte di energia derivante dallo spazio. Qualcosa di complicato che potrebbe cambiare le sorti del nostro mondo e che mi ha tenuto molto impegnato negli ultimi tempi ma non così tanto da trascurare la mia famiglia.

Niente verrà mai prima delle mie donne, tutte quante. Sorrido al tentativo di Isabella di far capire alla sorella che il suo gioco preferito non si tocca e mi sento così orgoglioso di loro.

Io padre di due bambine, mi sembra cosi incredibile. A volte non mi sembra neanche la mia vita o il timore di aprire gli occhi e di ritrovarmi solo nel mio letto come in quei film in cui il protagonista si trova a dover scegliere fra due vite una facile da scapolo e una complicata con una donna accanto. Beh, io non ho dubbi è questa quella che voglio.

Do le spalle alle mie piccole pesti e mi godo il panorama della mia città, sono almeno quattro anni che non tornavo in Russia. Non ho mai venduto il mio appartamento e mi sembra cosi strano ritrovarmi dentro queste mura. Mi sembra di risentire il profumo di un tempo, addirittura quello di Maria, in quell'ultimo saluto che ci siamo scambiati prima che io partissi via.

È tutto uguale, così immutato che ne sono terrorizzato, non mi sento a mio agio, non mi fido più della mia terra e se non avesse insistito Anastasya, non sarei mai venuto qui per questa occasione. Anche Mauro ha provato a farmi ragionare quando categorico mi ero rifiutato, ma poi al desiderio di mia moglie di vedere dov'ero cresciuto, quelle che erano le mie cose prima di lei non ho resistito.

Ed eccoci qua, prima di tornare ho chiesto di far ripulire tutto e ora solo le vocine delle mi bimbe non mi fanno prendere il primo aereo per Roma.

«Forza piccole, a letto. Zia Hanna domani verrà presto a prendervi.» Anastasya batte le mani fra loro e piccoli passettini mi fanno capire che le stanno correndo incontro.

«Siii!» Isabella adora sua zia.

«Siii!» Klara imita sempre la sua musa: Isabella.

Non ho il coraggio di voltarmi verso di loro, sono troppo malinconico questa sera e non voglio far preoccupare mia moglie. Cerco di calmarmi mentre la sento mettere le bimbe a letto.

Mi avvicino alla cucina per un bicchiere di whisky e me ne torno alla finestra. Una mano nella tasca dei pantaloni blu e nell'altra il bicchiere dove tintinna il ghiaccio.

L'improvviso silenzio sostituisce la voce soave di Anastasya che racconta la favola della buonanotte. Abbiamo aggiunto una culla nella mia vecchia stanza per Klara e Isabella dormirà con noi e anche questo mi sembra oggi così strano.

Bevo tutto in un fiato, quello che mi resta del liquido ambrato e sento bruciare la gola e gli occhi farsi lucidi. Ricordi su ricordi, dolorosi pensieri turbano la mia quiete e sento in quel silenzio una corda stringermi il collo. Il richiamo alla guerra, la divisa sulla scrivania, il suono delle bombe. Chiudo gli occhi intimorito e non mi rendo conto di stringere forte le mani fino a quando una lieve pressione non mi fa distendere le dita.

Una piccola mano si intrufola fra le mie. Un dolce profumo agrumato riempie i miei polmoni di nuova aria, la tensione si allenta fino a svanire quando il suo braccio mi cinge la vita.

Lei. Sempre lei. Solo lei: Anastasya.

Con un sibilo riprendo a respirare come se averla accanto mi dasse il coraggio di farlo. Le sue labbra si posano sul mio collo e io riapro gli occhi specchiandomi in quella distesa di luci con una nuova certezza: non possono farmi più nulla.

Con la Forza di un Carro ArmatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora