Anastasya
Vorrei sotterrarmi e sparire. «Potrei essere più in imbarazzo solo se fossi anche nuda.» Appoggio la guancia sul suo petto e sospiro alla sua mano che mi accarezza la schiena.
«Il che per me non sarebbe affatto male.» Alzo gli occhi verso di lui, colpendolo con il palmo sul petto che... cavolo... ma questo uomo è di marmo. Torno ad arrossire quando vedo che mi sta osservando e gli angoli della bocca gli si alzano all'insù. La mia mano è ancora ferma sui suoi muscoli e sembra non volersi spostare.
«Ho fatto molto sport.» Apro gli occhi sconvolta che abbia capito ma poi le sue labbra si posano sulle mie e io mi dimentico di tutto: dell'imbarazzo, dei miei amici, della strada ma non mi dimentico di lui. Il mio Aleksander. Lascio che la mia lingua giochi con la sua e la testa inizia a girarmi per l'intenso desiderio che ho di lui. Il palmo si stringe sulla sua camicia e con un sospiro mi alzo sulle punte per permettere alle nostre bocche di combaciare meglio.
«Cazzo! Meglio di un film porno.» Scoppiamo a ridere labbra contro labbra.
«Maurizio, piantala. Ti ho detto di girarti.» Gli schiamazzi non terminano come vorrei.
«Pensi che potremmo avere un po' di privacy?» Mi chiede lui stringendomi.
«Ovvio che si.» Mi allontano leggermente da lui. «Taxi!» Allungo la mano verso la strada e per una volta il fato è con me. «Ci vediamo a casa mia più tardi.» Intimo ai due indicando anche Hanna. Tiro Aleksander dentro l'auto con me. «Quindi, dove andiamo?»
«Posso invitarti a pranzo?» Quello spazio sembra minuscolo con lui dentro.
«Non hai una casa?» Vado dritta al sodo.
«Vivo in albergo.» Lui gioca con i miei capelli facendomi sussultare ogni volta che mi sfiora il collo.
«Okay, andiamo lì. Si può mangiare?» Credo che il tassista mi stia sbirciando dallo specchietto per la mia audacia.
«Si, all'hotel The St. Rogis Rome, per favore.» Parla all'uomo mentre mi fissa così intensamente che sembra toccarmi.
«Bene.» Mi appoggio al sedile e mi rilasso con le sue dita su di me. Roma scorre dal finestrino e il suo respiro vicino al mio orecchio e il sottofondo perfetto per quella città romantica. Mi sembra di vivere in un sogno e afferro la sua coscia per essere certa che sia la realtà. La sua mano si poggia sulla mia e in silenzio attendiamo che il taxi si fermi. Il tragitto non è molto lungo per fortuna, perché sinceramente non ne potevo più di stare in quell'auto e quando la porta della camera si chiude un certo nervosismo mi fa tremare le mani.
«Mettiti pure comoda, chiamo per ordinare. Ti va qualcosa in particolare?» Mi volto verso di lui che se ne sta in piedi con la cornetta in mano.
«Una bistecca con insalata andrà bene.» Lui mi sorride.
«Perfetto, ne ordino due.» Mi appoggio alla spalliera del divano che è posizionato a centro della stanza rivolto verso la grande vetrata che mostra dall'alto Roma, incantevole vista, credo, perché io sto girata dando le spalle a quello spettacolo per guardare ancora Aleksander.
Lo sento ordinare al telefono come se fosse per lui un'abitudine, i dettagli del suo vestito firmato, del lusso della stanza, mi colpiscono e per la prima volta da quando ci siamo rivisti non mi sembra lui. Sbatto le ciglia come risvegliata dal mio sogno.
«Tutto bene?» Le sue dita corrono ad allentare la cravatta che sfila dal capo lasciandola sulla poltrona vicino al letto e così anche la giacca. «Mi sembri strana?» Si avvicina arrotolando la camicia bianca fin sopra gli avambracci e si arresta davanti a me posando le sue mani sui miei fianchi.
«Io non ti conosco.» Sono incredula da quella scoperta.
«Come?» la sua fronte si aggrotta ovviamente non ha capito.
«Mi sono appena resa conto che non so niente di chi tu sia realmente.» Le sue dita mi accarezzano piacevoli. «Della tua vita.»
«Questo non è corretto. Tu sai molto su di me.» Si abbassa leggermente piegandosi verso di me.
«Tu mi hai visto lavorare. Mi hai vista con mia sorella e con la mia amica. Io ti ho conosciuto in un mondo che non ti appartiene per niente.» Scuote la testa e appoggia la fronte sulla mia.
«Ti assicuro che tu sai quello che è più importante di me.» Prende la mia mano destra e se la porta alle labbra e dopo averne baciato il palmo lo poggia sul suo cuore. «Forse non mi hai mai visto così ma io sono solo un ragazzo, Anastasya, il resto non è importante.»
Non resisto molto a guardare i suoi occhi supplicarmi di capire cosa voglia dire e spinta dall'urgenza unisco nuovamente le nostre labbra. Un suono roco di soddisfazione si perde nella mia bocca mentre le nostre labbra si aprono all'unisono. Mi rialzo sulle punte e cingo il suo collo aprendo le mani sulla sua schiena, è qui ed è mio. I suoi muscoli guizzano sotto i miei palmi ora che ha dividere la nostra pelle e solo la sua camicia, sento il calore del suo corpo sotto le mie mani e sono io a gemere vogliosa.
Lo sento accarezzare il mio profilo fino a scendere sulla mia coscia, trova l'orlo della gonna che tira su. Il suo peso mi spinge contro il divano e a fatica, solo stringendomi a lui, evito di precipitare indietro, anche se non sarebbe male. Da quando ci siamo rivisti è fuoco fra noi, come se il desiderio di unirci fosse un bisogno primordiale, naturale come respirare.
Le sue dita sulla mia pelle nuda riempiono il mio corpo di brividi. Come cedendo al suo gioco lascio andare la testa indietro concedendo al suo assalto il mio collo senza difese. La sua mano sinistra sale a stringermi un seno mentre la sua lingua traccia linee lussuriose sul mio collo.
Sto per perdere l'equilibrio quando con forza sento quel palmo strusciare sulla mia camicia fino a sentire il mio capezzolo indurirsi e reclamare la sua attenzione. Sono ormai seduta su quella spalliera in balia della nostra passione. Cerco di rimanere dritta posando una mano vicino al mio sedere mentre con l'altra mi sostengo stringendo la sua spalla spasmodicamente fino a graffiarlo con le unghia.
Non mi riconosco in questa donna passionale che si lascia accarezzare e conquistare mentre con audacia si spinge verso di lui senza vergogna. E come potrei non farlo quando il suo indice e il suo pollice giocano con la punta rosea del mio seno che ora nuda gli si mostra senza vergogna. I suo occhi guardano il mio corpo famelico, le sue mani mi stringono bramosi e io... e io ho bisogno delle sue attenzioni.
A fatica mi tiro su e afferro la sua faccia per baciarlo appassionatamente. Lecco le sue labbra, il suo palato, gioco con la sua lingua spingendomi su di lui che mi afferra da dietro tirandomi su. I nostri corpi sempre più vicini mi permettono di sapere che lui mi desidera almeno quanto io mi sento perduta.
«Mi dispiace, io non riesco a resisterti.» Mi bacia con dolcezza le labbra.
«No, sono io che non riesco a resisterti.» Preciso tenendomi alle sue spalle per non cadere. Mi piace questa posizione di supremazia e allora lo guardo girando il capo a destra e a sinistra prima di scendere sulla sua bocca con un sospiro. Eccitata sento la sua pressione sul mio corpo e sfacciata sorrido sulle sue labbra con la consapevolezza del mio potere, lui ricambia il mio sguardo ed è uno dei momenti di maggiore complicità fra noi.
Ecco, ora rivedo il mio Aleksander, quello che mi ha fatto battere il cuore con una divisa e che lo fa comunque, in qualunque veste.
STAI LEGGENDO
Con la Forza di un Carro Armato
RomanceAnastasya è una laureanda in medicina piena di sogni e di speranze. Ha appena finito la sua prima settimana all'ospedale di Kiev, la sua città ed è pronta a festeggiare con la sua famiglia il contratto a tempo indeterminato. Per realizzare il suo so...