Capitolo 91

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Mi feci dare da Cristian l'indirizzo. Era un appartamento in affitto visto che lui era di Milano.
Ci aprì proprio lui, era in canottiera e con i pantaloni della tuta.
-Ciao Grè e... Sofia.
Mi guardò irritato prima che Sofia lo abbracciasse.
-Da quanto tempo!
Esclamò lei.
-Già, entrate.
Entrammo in casa sua che era un casino totale. Vestiti sparsi ovunque.
-Scusate se è un po' in disordine è che devo uscire e non ho fatto in tempo a mettere un po' a posto.
Si giustificò lui.
-Non fa niente, devo prendere solo gli appunti.
-Sì, sono in camera mia, adesso li vado a prendere.
Corse nella stanza che spariva lungo il corridoio.
-Grè...
Sofia mi guardò ritirando le labbra.
-Che c'è?
-Devo andare in bagno.
Mi venne da ridere.
-Beh vai.
-E per sbaglio non troverò la stanza.
Risi.
-Sì certo, vai.
Sofia andò di là.
Mi guardai in torno ma niente di interessante, la maggior parte delle due grandi stanze: cucina e sala, erano occupate dai vestiti.
Cristian mi raggiunse con il quaderno in mano e me lo porse.
-Sofia si era persa.
-Sì... persa.
Presi il quaderno.
Cristian si avvicinò a una cesta e cercò una maglietta da mettersi. Notai che aveva un tatuaggio sulla spalla, era una rosa che perdeva petali che erano tatuati lungo il braccio. Non persi tempo per chiedergli il significato.
-L'hai portata di proposito?
La sua voce mi distrasse dai miei pensieri. Sbattei gli occhi e lo guardai.
-Cosa?
-Sofia, l'hai portata a posta?
-No, ho letto il messaggio ad alta voce ed è voluta venire.
Buttò un'altra maglietta che non gli piaceva per terra.
-Che palle!
-Senti, sei una persona di merda, ti avevo detto di pensarci su!
-Ci ho pensato, ascolta, per ora non voglio una ragazza, sono solo distrazioni.
Scossi la testa.
-Sei una stupido.
Guardai il corridoio sperando di vedere Sofia, ma niente. Che stava facendo?
-Grazie.
Rispose irritato.
Finalmente trovò una maglietta di suo gradimento e la indossò. Era a maniche lunghe e così attillata che mi fece notare i suoi addominali scolpiti cosa che con la canottiera larga non si vedeva.
Ritornai a guardarlo in faccia.
-Ti dispiace girarti? Devo cambiarmi i pantaloni.
-Sì.
Risposi seccata.
Mi girai dall'altra parte e abbassai lo sguardo verso terra, c'era uno scorpione enorme che camminava verso di me. Iniziai a urlare.
-Oddio cos'è quel coso?!
Cristian corse verso di me e mi mise una mano sulla spalla.
-E lo scorpione del mio coinquilino, dev'essere scappato.
-Perché cazzo ha uno scorpione?!
Abbassai lo sguardo ma lo rialzai in fretta.
-Cristian, sei in mutande.
Cristian si tirò su in fretta i pantaloni che prima gli arrivavano alle caviglie.
-E certo, non mi hai dato il tempo di fare niente.
Se li allacciò e andò verso lo scorpione.
-Ti prego, non prenderlo con le mani...
Ma troppo tardi, lo stava già facendo.
Mi coprii gli occhi.
-Oddio, che schifo.
-Fatto.
Levai le mani e lo guardai.
-Oddio che schifo!
Mi fece il verso lui.
-Vaffanculo.
Sorrise e ritornò verso la sua montagna di vestiti, ma stavolta inciampò e cadde sopra di me.
Non caddi a terra perché un'altra torre di vestiti attutì il colpo ma comunque ci ritrovammo faccia a faccia. Adesso potevo vedere meglio i suoi occhi: verde smeraldo.
-Ragazzi.
Ci girammo verso Sofia che aveva un tempismo davvero perfetto. Cristian si alzò in fretta e mi porse una mano per aiutarmi.
-Ehm... Cristian la prossima volta metti a posto così eviti di inciampare.
Lui annuì imbarazzato.
-Andiamo Sofia, si è fatto tardi.
Camminai in fretta verso di lei e la tirai per un polso.
-Ciao!
-Ciao.
Salutò lui a bassa voce.
-C-ciao.

Era una vita che ti stavo aspettando//Greta Menchi e Antony Di FrancescoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora