Capitolo 88

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GRETA POVS

Se non ci fosse stata mia madre lo avrei inseguito. Mi girai verso di lei che aveva assistito a tutto.
-Mi dispiace, tesoro.
Mi strofinai gli occhi rossi.
-Ci sono abituata.
-Non dire così.
-Voglio stare sola, mamma.
-Va bene, ci vediamo presto.
Prese la borsa e uscì.
Mi sedetti a peso morto sul divano. Mia madre riaprì la porta, che ancora non aveva chiuso.
-Greta.
-Che c'è?
-Antony è qui fuori.
Poi chiuse la porta.
Mi alzai pensando alle ultime parole che aveva detto. Mi avvicinai alla finestra, ed era vero. Si vedeva un puntino grigio poco lontano seduto sulla sabbia. Era lui.

ANTONY POVS

Mi passai l'ennesima volta una mano tra i capelli per il troppo vento che me li spettinava.
Fissavo il mare con le onde alte che si schiantavano sulla sabbia.
Tirava tantissimo vento e stava pure per piovere. Non mi importava del freddo, volevo stare lì a fissare il vuoto, almeno mi sentivo meglio.
Era incredibile che Greta mi avesse nascosto una cosa così grande.

Da lontano sentii la porta di casa sbattere, mi girai verso essa e vidi che Greta stava uscendo. Aveva addosso una mia felpa. Le maniche le arrivavano ai palmi e il cappuccio la copriva abbastanza bene. Mentre camminava si strinse nelle spalle per il freddo. Mi raggiunse.
-Che cosa vuoi?
Si mise le mani in tasca.
-Fa freddo, rientri?
-Tra un po'.
-Antony, si congela!
-Non mi interessa!
Greta mi guardò.
-Senti, mi dispiace.
Non riuscii a guardarla negli occhi. Cominciò a tremare e a sbattere i denti.
-Vai dentro.
Si sedette accanto a me, si cinse le gambe e ci appoggiò il mento.
-Non mi muovo di qui fino a quando non mi perdoni.
-Ti stai congelando!
-Non mi interessa.
Un'altra folata di vento soffiò sopra di noi. Sospirai e la guardai.
-Mi dispiace, Antony.
Sussurrò.
-Sono una stupida.
La guardai con rancore.
Si stava strofinando le braccia per riscaldarsi. Senza pensarci la abbracciai, chiusi gli occhi e la strinsi forte.
-Andiamo dentro, non posso vederti così.
Non potevo vederla, ma immaginai il suo dolce sorriso spuntarle sulle labbra.
Ci alzammo e le misi un braccio in torno alla vita.

Raggiungemmo casa e rientrammo. Il calore invase il mio corpo in un secondo. Greta mi guardò.
-Mi perdoni?
Cercai di sorridere.
-Solo se mi prepari una buona cioccolata calda.
Greta sorrise.
-Mica sono la tua schiavetta!
-Allora niente.
Mi prese per un polso e si avvicinò a me.
-Smettila.
Mi baciò. Ci staccammo e la guardai dritta negli occhi.
Greta mi accarezzò la guancia.
-Te la preparo, tranquillo.
Andò di là. Mi sedetti sul divano e dopo un po' tornò con due tazze, me ne porse una e si sedette accanto a me. Fissai la cioccolata che ancora fumava.
-Allora... che università è?
Greta bevve un sorso.
-Roma.
-E allora perché dici che è lontana?!
-È lontana da qui, Antony, forse dovrò tornare a casa mia.
Il cuore si fece pesante.
-Greta, è importante tutto questo e non sarò certo io a impedirtelo, fa come vuoi.
Posai la tazza sul tavolo e mi alzai.
-Vado a dormire, sono stanco.
Mentii e salii in camera.

Era una vita che ti stavo aspettando//Greta Menchi e Antony Di FrancescoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora