Capitolo 97

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GRETA POVS

Tornai a casa distrutta dall'ennesima litigata con Antony.
Raggiunsi la mia camera.
Mi sedetti sulla scrivania cercando il contenitore degli appunti. Mi arrivò un messaggio che fece vibrare tutta la scrivania.
Presi il telefono ed era un messaggio di Cristian.
"Allora oggi vieni?"
Mi morsi il labbro fissando il messaggio.
"Ok, adesso mi preparo."
Lo avevo scritto veramente?
Era come se la mente mi dicesse Cristian e il cuore mi dicesse Antony.
Mi preparai e scesi di sotto.

Uscii di casa sbuffando e raggiunsi l'appartamento di Cristian.
Mi avvicinai al campanello e esitai per qualche secondo. Poi mi rivenne in mente la litigata con Antony, e mi dissi che dovevo andare avanti con la mia vita, suonai il campanello.
-Chi è?
-Sono Greta.
-Ah, sei venuta.
-Aprimi.
Subito dopo la porta si aprì e salii le scale, ma Cristian mi venne in contro.
-Vieni con me, tesoro.
Mi prese per il polso e mi trascinò di nuovo giù, scendemmo le scale fino ad arrivare ai garage.
-Perché siamo qui?
Cristian mi sorrise ma non mi rassicurò per niente. Si fermò davanti a quello che doveva essere il suo garage e cercò le chiavi nella tasca della sua giacca di pelle.
Avevo paura di quello che poteva fare, dopo averlo visto bruciare una macchina mi aspettavo di tutto da lui. Cristian trovò le chiavi e aprì la porta del suo garage.
-Vieni.
Lo seguii esitando. Ci ritrovammo in una grande stanza e il mio occhio notò per primo gli strumenti musicali che erano in fondo.
C'erano: una batteria, una chitarra elettrica e una pianola.
Mentre la saracinesca era imbrattata di graffiti senza senso. Ai lati della stanza c'erano degli scaffali pieni di borse nere come quelle che avevo visto al parcheggio, piene di bombolette. Mentre vicino a noi c'erano due sedie girevoli completamente trasandate dove si poteva vedere l'imbottitura fuoriuscire dai profondi graffi.
Finii di guardare la stanza notando altri scatoloni pieni di fili e roba varia e incontrai lo sguardo di Cristian che mi stava fissando.
-Questo è il mio posto felice.
Disse lui sfoggiando un lieve sorriso.
-Cosa?
Cristian si avvicinò agli strumenti e passò delicatamente le dita sui tasti della pianola.
-Quando sono triste vengo qui da solo o con i miei amici e suoniamo, alla fine abbiamo formato una specie di band.
-Quindi tu suoni?
Chiesi sorpresa, mi sarei aspettata tutto tranne questo.
-La pianola.
Confermò Cristian. Sorrisi.
-Wow.
-Pochi sanno di questo posto, devi sentirti importante, tesoro.
Sorrisi passando una mano sulla tastiera e scontrandomi con quella di Cristian, questo mi fece alzare gli occhi e incontrare il suo verde smeraldo. Cristian si avvicinò lentamente a me per darmi un bacio ma mi portai la mano ai capelli e cambiai in fretta discorso.
-Mi suoni qualcosa?
Lui sorrise divertito dal mio imbarazzo.
-Solo se tu canti.
Lo guardai.
-Che?
-Dai... vediamo se ho qualche canzone degli OneD.
Disse cercando tra i suoi mille spartiti.
-Non le avrai mai.
Cacciò fuori un foglio e me lo mostrò con sguardo fiero.
-Infinity, One Direction.
Mi morsi il labbro, amavo quella canzone.
Inarcò un sopracciglio e aspettò una mia risposta.
-Solo il ritornello.
Cristian sorrise.
-Solo il ritornello.
Confermò lui.
Si alzò e collegò un filo alla spina per accendere la pianola. Si sedette di nuovo sullo sgabello e iniziò a suonare la strofa prima del ritornello.
Sfoggiò un sorriso a 32 denti ed era bello come il potere della musica scaldasse quel cuore di ghiaccio che si ritrovava.
Arrivò al ritornello e non esitai, iniziai a cantare.
-How many nights does it take to count the stars?
That's the time it would take to fix my heart.
Oh, baby, I was there for you.
All I ever wanted was the truth, yeah, yeah!

Era una vita che ti stavo aspettando//Greta Menchi e Antony Di FrancescoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora