Capitolo 106

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Andai all'ospedale ancora non realizzando la gravità della cosa.
Raggiunsi la sala d'attesa dove c'erano la madre di Antony e una delle sue sorelle.
-Come è successo?!
Quasi urlai, infatti molti che erano lì si girarono a guardarmi.
-Non lo sappiamo, lo hanno portato qui e mi hanno chiamata, l'unica cosa che ci hanno detto è che...
La madre di Antony non finì la frase che scoppiò a piangere di nuovo.
Mi crollò il mondo addosso. Rivolsi lo sguardo verso sua sorella.
-Che cosa, che cosa vi hanno detto?!
Urlai mentre le lacrime tentavano di uscire.
-Che ha perso i sensi, e ci hanno detto che o è entrato in coma oppure è...
Non le lasciai terminare la frase.
-Non può, lui non può.
Scossi la testa con gli lucidi vedendo sfocato davanti a me.
-Siediti Greta, ci sarà da aspettare.
Disse sua sorella che ancora non capivo come facesse a stare così calma.

Mi sedetti e mandai un messaggio a Matteo dicendo di raggiungere l'ospedale. Buttai la testa tra le mani. Lui non può morire, anche lui no. Mi sentivo come se stessi riattraversando quel periodo, quello di mio padre. Antony non poteva lasciarmi, il paradiso era troppo piccolo per due cuori così grandi. Le lacrime iniziarono a scendere e si aggiungessero anche i miei singhiozzi soffocati.
-Greta!
La voce del mio miglior amico spezzò il silenzio che si era creato in quella stanza. Alzai la testa e lo vidi con accanto Lorenzo. Corsi ad abbracciarlo, lo strinsi forte perché in quel momento loro erano gli unici che potevano salvarmi da quella situazione.
-Matteo.
Dissi tra un singhiozzo e un altro. Lui mi accarezzò la schiena.
-Che succede?
-Non lo so, non so se è in coma, non so se è ferito, non so un bel niente!
Urlai quelle ultime parole con voce straziata.
-Sta calma.
Sciolsi l'abbraccio e cercai la sua mano e anche quella di Jar.
-Non abbandonatemi.
Matteo mi accarezzò il palmo.
-Andrà tutto bene.

Ci sedemmo e mi appoggiai alla spalla di Matteo. Ero distrutta, pensavo continuamente a lui e a che cosa gli fosse successo. Dopo un po' un dottore venne verso di noi. Drizzammo tutti la schiena e lo fissammo.
-Ancora non si è svegliato, crediamo sia in coma.
Ci informò lui. Cercai la mano di Matteo e la strinsi, mentre con l'altra mi coprii la bocca. Il dottore continuò a parlare.
-Fortunatamente non ha molte ferite dal busto in su grazie all'airbag ma le sue gambe...
-Le sue gambe cosa?
Domandai a bassa voce. Il dottore scosse la testa.
-Stiamo cercando in tutti i modi di fare qualcosa.
Tirai su col naso e mi alzai.
-Ho bisogno di vederlo.
-Greta...
Disse Matteo ma lo bloccai continuando a fissare dritto negli occhi il dottore.
-Per favore.
Probabilmente gli facevo pena perché infatti annuì.
-Stanno controllando le gambe quindi ritornerò tra poco.
-Ok.

Mi sedetti di nuovo e intanto mi preparai psicologicamente. Dopo un po' il dottore tornò e mi intimò di seguirlo. Ci fermammo davanti a una porta.
-È qui.
Feci un respiro profondo ed entrai.
Antony era sul letto. Al soffitto erano attaccati due grandi elastici che sorreggevano le sue gambe ingessate. Mi avvicinai titubante in preda alle lacrime. Non dissi una parola e lo osservai dall'alto al basso, aveva fili attaccati in tutto il corpo. Mi sedetti a peso morto sulla sedia.
-Sei un grandissimo stupido, Antony Di Francesco.
Tirai su col naso e gli accarezzai il braccio pieno di graffi.
-Sapevo che non avresti dovuto prendere la macchina.
Cercai di essere forte e di non piangere. Raggiunsi la sua mano e gliela strinsi. Lo guardai e una lacrima solcò il mio volto seguita dalle altre.
-Apri gli occhi ti prego.
Gli strinsi la mano ma lui non si mosse.
-Non puoi lasciarmi, non puoi.
Mi alzai e gli accarezzai una guancia.
-Antony, tutte quelle promesse che hai scritto nella lettera, devi mantenerle.
La sua faccia era piena di graffi causati probabilmente dall'airbag. Lo vidi sfocato e mi sedetti di nuovo. Appoggiai la testa sul suo letto continuando a stringere quella mano. Mi addormentai lì, e non venni disturbata da nessuno.

Il giorno dopo qualcuno mi passò una mano tra i capelli.
-Gré.
Disse dolcemente la voce di Matteo. Alzai la testa socchiudendo gli occhi incrostati di sonno. Nella stanza oltre lui c'era la mamma di Antony che accarezzava la fronte del figlio. Mi girai verso Matteo e mi porse una bustina.
-Ti ho preso la colazione.
La presi mettendomi dritta sulla sedia.
-Grazie.
Guardai Antony che, come ieri, non si muoveva.
-Ce la farà.
Disse Matteo come se mi avesse letto nel pensiero. Lo guardai e provai a sorridere.
-Fuori sembra che non stia facendo niente ma dentro sta lottando, per te, non ti lascerà mai sola.
Si mise le mani in tasca e mi sorrise facendomi sentire al sicuro.

Passarono i giorni e non mi muovevo da quella stanza.
Matteo mi era stato davvero tanto vicino, mi portava sempre da mangiare ma poche volte mi poteva fare compagnia.
Veniva sempre la madre di Antony, ma la sera se ne andava. Qualche volta era venuta anche Sofia per distrarmi, mi raccontava che si stava vedendo con Paggi. Passavo il mio tempo su quella sedia, qualche volta mi alzavo e guardavo fuori dalla finestra per poi girarmi e vedere Antony, sempre nello stesso stato.

Passò forse una settimana e non ce la facevo davvero più.
-È tutta colpa mia.
Iniziai a dire mentre lo fissavo e stringevo la sua mano.
-Carlo mi ha detto che eri andato a prendere i biglietti per il concerto, è tutta colpa mia.
Tirai su col naso.
-Antony... non sai che sofferenza sia parlarti senza che tu possa rispondermi.
Usai anche l'altra mano per stringere la sua.
-Ti prego svegliati io non posso più farcela, è una settimana che sono qui.
Mi alzai dalla sedia e mi avvicinai al suo orecchio.
-Io ti amo...
Sussurrai non aspettandomi nessuna risposta.
Appoggiai la testa sul suo petto e sentii il suo cuore battere.
Ma poco dopo il battito cominciò ad aumentare e la sua mano ricambiò la mia stratta.
Lo guardai con gli occhi pieni di lacrime. Lui cominciò a muoversi fino a quando non spalancò gli occhi e cominciò a respirare affannosamente, come se si fosse svegliato da un brutto sogno.
Aprii la bocca ma non mi uscì niente, iniziai a tremare e senza pensarci lo abbracciai.
-Non ci posso credere.
Scoppiai a piangere mentre lo stringevo forte a me. Lui non disse una parola e non ricambiò l'abbraccio, era ancora scosso.

Il dottore ci raggiunse e mi staccai da lui.
-Va tutto bene?
Chiese ad Antony che lo fissò confuso.
-Sì...
Rispose esitando.
-Ti ricordi come ti chiami?
Chiese di nuovo.
-Antony.
-E ti ricordi perché hai fatto l'incidente?
Antony si guardò le mani poi rivolse di nuovo lo sguardo al dottore.
-Con la macchina... dovevo comprare i biglietti.
-E ti ricordi chi è lei?
Chiese il dottore indicandomi.
Antony si voltò verso di me e mi guardò negli occhi. Mi sentii a disagio e avevo paura che non si ricordasse di me. Aveva uno sguardo così vuoto negli occhi, ma poi sorrise.
-Certo che me lo ricordo, lei è la mia principessa.
Sulla mia faccia si formò un largo sorriso, e in questi ultimi giorni non era mai successo.
-Oh, Antony.
Lo abbracciai e stavolta ricambiò. Mi accarezzò i capelli e mi baciò la testa.
-Anch'io ti amo.
Sussurrò al mio orecchio facendomi saltare un battito.

#spazioautrice
Ciaooo volevo dirvi che la storia è quasi finita, mancano due o tre capitoli, o forse uno non lo so.
Però tranquilli, perché forse ho delle sorprese per voi che vi dirò molto presto 😏
Comunque se la storiella vi piace lasciate tanti commenti e stelline e ci rivediamo alla prossima❤️
~OvunqueconFede

Era una vita che ti stavo aspettando//Greta Menchi e Antony Di FrancescoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora