Nella foto Francesco Bagnaia, campione del mondo di Moto2 nel 2018
"E non lo senti che
Questo cuore già batte per tutti e due
Che il dolore che hai addosso non passa più
Ma non sei più da sola ora siamo in due
Io ci sarò comunque vada
Ci sarò comunque vada„Irama
Velia
La griglia di partenza, gremita di gente all'infinito per il Mondiale ancora aperto, era una confusione unica, come piazza Duomo nella più affollata delle domeniche. Giornalisti andavano e venivano, chiedendo interviste a piloti e meccanici che, puntualmente, sembravano trovare un nuovo escamotage per schivarli.
Valentino aveva già parlato alla sua moto, come da tradizione. Seduto sulla sella, scrutava il cielo azzurro, privo di nuvole, gli occhi nascosti dietro un paio di occhiali a specchio blu. Le mani, intrecciate, giacevano ordinatamente sul casco che, a sua volta, poggiava sul serbatoio della moto, posta con cura quasi maniacale appena appena dietro la linea bianca sull'asfalto, dipinta a segnalare la seconda casella dello schieramento di partenza.
I miei occhi, abbagliati dal caldo sole Spagnolo, andarono a finire sulla figura di Paulo che, dopo un paio di passi ed una sonora risata, prese in braccio Tommaso. Neymar, a pochi passi da lui, gli diede uno spintone e si passò una mano tra i capelli.
Davi Lucca lo tirava per un braccio verso di me, anche se il padre sembrava non volergli dar retta.
Come sempre baciai Valentino sulla tempia destra appena prima che indossasse il casco, mi calcai sulla testa il suo cappellino ed infilai gli occhiali nella scollatura della canottiera.
«Vado a vincere e torno.» sussurrò lui, sfiorandomi una guancia con la mano guantata.
«Io ci sarò comunque vada.»
Abbandonai la griglia di partenza insieme all'energia smisurata che, ad ogni ora del giorno e della notte, sembrava accompagnare Kiara, in qualunque cosa facesse.
«Stai tranquilla.» mi abbracciò. «Non può andare sempre tutto male.»
«Marc è forte, su questa pista.» sbuffai.
«Marc è forte ovunque.» mi corresse lei, con un sorriso.«Eu ganho! (Vinco io!)» urlò Davi, appena prima di abbracciarmi una gamba.
«Non vale, sei partito prima!» gli rispose Tommaso, cingendo con le braccia l'altra mia gamba.«Vá lá, basta. (Dai, basta.)» intervenne Neymar a riportare la calma.
Paulo, che lo seguiva senza troppo entusiasmo, appoggiò una mano alla base della mia schiena, invitandomi a proseguire verso il box, per poi lasciarmi andare quasi subito.
«Não conseguem manter as mãos longe um do outro nem por um minuto? (Non ce la fate a restare staccati nemmeno per un minuto?)» ci derise Neymar.
«Eu mato-te. (Ti uccido.)» gli risposi, con un'occhiataccia eloquente.Lui sollevò le braccia, come a volersi discolpare, ed io sorrisi, abbracciandolo. Bevvi un sorso di Monster, poi mi sedetti al solito posto, sulla poltrona di Valentino.
La tensione si poteva tagliare con il coltello, sia sugli spalti che all'interno del paddock, ma Paulo non sembrava minimamente toccato dalla cosa.
Stravaccato sulla seggiola, giocava a Candy Crush con il cellulare ed, ogni tanto, lanciava distrattamente un'occhiata agli schermi su cui era trasmessa la gara.
Valentino conduceva il Mondiale con quattro punti di vantaggio su Márquez, un'inezia. Da ormai dieci giri manteneva il secondo posto dietro a Rossi che, dopo un'insolita partenza a fionda, dominava la corsa, a riprova del fatto che, se la Yamaha fosse stata competitiva per tutta la durata della stagione, i pretendenti al titolo sarebbero stai tre. Márquez era rimasto in mezzo al traffico di metà gruppone e, nonostante fosse abilmente risalito fino alla quarta piazza, sembrava non averne abbastanza per aspirare al gradino intermedio del podio e con esso alla vittoria del mondiale.
Dall'inizio della gara mi torturavo con i denti il labbro inferiore ed erano già un paio di giri che sentivo lo sguardo di Dybala bruciare su di me.
«La pianti?» gli chiesi, senza degnarlo di alcuna attenzione. «Sei inquietante. Non mi fissare.»
«Sto guardando il muro. Non sei il centro dell'universo.» cantilenò, annoiato.
«Ma per fortuna... e poi non sta in piedi come giustificazione.» gli risposi.
«Scusa se ti guardo. Sono qui per te, non per... Balentino.»«Spagnoli.» sbuffai, commentando sia la sbagliata pronuncia del nome che il sorpasso azzardatissimo di Márquez su Dovizioso.
«Non...» provò a giustificarsi.«Taci!» gli urlò la metà del box che parlava Italiano, puntando gli occhi sullo schermo.
Se avevo ignorato Paulo per buona parte della gara, durante gli ultimi metri, quelli che separavano Vale dal titolo, gli avevo praticamente stritolato una mano: brava, Velia, brava. La coerenza prima di tutto.
«Scusa.» gli sussurrai, ridendo, mentre mio fratello, campione del mondo, posato il braccio sinistro sul serbatoio, scuoteva ripetutamente la testa, come a dire "non ci credo". «Di solito lo faccio con lui.» indicai Neymar.
«Non fa niente.» rispose Paulo di rimando, abbracciandomi: le telecamere ci avrebbero anche ripresi ma, agli occhi della gente, non sarebbe stato nulla di strano. La vittoria portava con sé un insieme di abbracci e pacche sulle spalle: era tutto normale.
«Sei bella quando sorridi.» continuò, lasciandomi un bacio umido all'angolo della bocca, appena prima di stringere la mano al capotecnico di Valentino.
Mi sentii arrossire fino alla punta dei capelli. E se il mio cervello, applaudendo entusiasta al bacio dell'Argentino, saltellava ininterrottamente nella scatola cranica, come una foca in preda agli spasmi, le mie gambe si muovevano da sole verso le magliette personalizzate, da distribuire al team in occasione della tanto agognata vittoria.
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Da Milano col pallone
FanfictionQuando, alla fine del 2017, Paulo Dybala aveva lasciato la sua storica ragazza, Antonella Cavalieri, non si aspettava che Federico Bernardeschi lo coinvolgesse in un vero e proprio inseguimento, organizzato al solo scopo di trovare una nuova fidanz...