70. Diabete

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"Che poi l'amore se in fondo ci pensi
È l'unico appiglio in un mondo di mostri
E tu lo descrivi in un modo pazzesco
Tu lo rinchiudi in un solo tuo gesto„

Ultimo

Velia

Avevo trascinato Marc in giro per negozi fino all'ultimo secondo disponibile, non tanto perché fare shopping mi piacesse - tutt'altro, di solito aspettavo che fossero gli sponsor a decidere come mi sarei dovuta vestire, inviandomi gli abiti delle nuove collezioni - piuttosto perché mi divertivo a sentire i commenti ai vari capi d'abbigliamento del Catalano.

Il suo destreggiarsi in modo orribile tra Spagnolo, Catalano ed Italiano, unito alla sicurezza che ostentava nell'utilizzo di neologismi del tutto campati per aria, non faceva altro che aumentare i modi che avevo per sfotterlo sempre di più.

Avevamo mangiato della carbonara e dei saltimbocca per cena, un pasto adattissimo alla dieta di due sportivi, e poi, per non farci mancare nulla, una porzione di tiramisù in due in una delle migliori pasticcerie della Capitale (non che ci stesse a cuore la linea dopo una cena del genere, era semplicemente rimasta un'unica porzione di dolce).

«Vorrei che un giornalista ci vedesse e capisse che il nostro mondo non è tutto rose e fiori, che siamo degli incapaci nelle relazioni interpersonali, che siamo persone banali con stupide manie, tanti difetti e pochissimi pregi, come tutti.» sussurrò Marc, in Catalano, al che dovetti concentrarmi più del solito per comprenderlo.

«Fa parte del gioco essere considerati dei supereroi, no?» mi rigirai tra le mani il bicchiere vuoto del mio drink. Un alito di vento umido e caldo mi accarezzò i capelli, il lampione che illuminava la strada sotto di noi, emesso un rumore strano, si spense.

«Forse sì...» sospirò un attimo, poi proseguì. «Ogni tanto vorrei svegliarmi normale. Non fraintendermi, adoro quello che faccio, la mia moto, le gare, l'odore della benzina, i tifosi che girano il mondo per seguirci e tutto il resto.»

«Ho capito cosa intendi.» annuii. «Capire se chi ti sta vicino ti guarderebbe con gli stessi occhi e se chi ti si avvicina si comporterebbe nello stesso modo. Se per loro sei Márquez il Campione, o un semplice ragazzino di Cervera che rischia di ammazzarsi su una moto diciotto weekend all'anno ma che, a parte un'ossessione per le mutande blu e quelle rosse, ha ben poco di strano.»

«Scaramanzia.» annegò un sorriso nel suo drink. «E poi non l'avrei mai dovuto dire a quel giornalista, il colore delle mie mutande salta sempre fuori.»
«È l'unica cosa stravagante della tua noiosissima vita.» lo presi in giro.

«Vorrei davvero che non fosse tutto così difficile.» sussurrò. Io non facevo quasi mai domande, perché detestavo che la gente mi chiedesse cose. O meglio, detestavo rispondere, motivo per cui lasciavo che il mio interlocutore parlasse da solo. «Con Lucia (nella foto), soprattutto.»

«Se mi piacessi tu ed io piacessi a te, sarebbe tutto più facile. Invece lei è così... lei. Abbiamo parlato tanto venerdì, quando ti ho scritto. Ha paura della mia popolarità, del mio girare per il mondo, del non sapere se scenderò intero dalla moto quando corro...» continuò.

«C'è sempre chi ha un fratello o un cugino che rischia di spezzarsi l'osso del collo ogni domenica, io, Vale, Mav, Binder.» contai sulla punta delle dita. «Se ti piace, però, vale la pena di tentare, no? Almeno è bella?»

«Certo che è bella, per chi mi hai preso?» mi schiaffeggiò appena una mano.
«Non so neanche che faccia abbia.» alzai le spalle, mentre lui me ne mostrava una foto. «Ok, hai ragione tu.»
«Ha mollato il suo tipo.» abbozzò un sorriso.

«E allora di cosa ti lamenti? Hai una chance in più.»
«Ho le stesse chance che hai tu. Anche Dybala ha lasciato l'oca, no?» mi chiese, retorico, al che annuii, alzandomi dalla seggiola.
«È bello questo posto, si vede tutta Roma.» mi appoggiai alla ringhiera del balcone.

«È troppo bello per stare qua a piangersi addosso.» mi diede ragione. «Balliamo?»
«Non sappiamo ballare.» rifiutai. «Ho la testa da un'altra parte, Marc, scusa.» si appoggiò alla ringhiera.
«Dici che devo provarci?» guardò giù.

«Dipende da te. Se ti sembra di volare seppur non a bordo di un aereo, se anche la più stupida delle cose diventa logica, se, fantasticando sul futuro, immagini di passare del tempo con lei piuttosto che su una moto, se eviteresti di portarla alle gare, perché vorrebbe dire avere Andrea Iannone sempre pronto a fare il cascamorto con lei...»

«Oddio, no, con lui tra i piedi non la porterei mai ad una gara!» esclamò, quasi schifato. «Posto che poi credo abbia paura...»
«Non può pensare di avere paura.» ridacchiai. «Se gli infortuni diventano un po' meno spiacevoli, perché c'è lei che ti aspetta a casa, che allevia il dolore anche solo esistendo, che rende unico ogni momento, se con lei confondi la realtà con la fantasia...» continuai.

«Ok, ok, mi hai convinto, basta diabete.» mi circondò la vita con un braccio, facendo sì che il tessuto leggero del mio variopinto abito di Etro si attaccasse alla mia pelle.
«Tu hai chiesto, io ho risposto. Ed ho fatto esercizio di Catalano, che altrimenti non faccio mai.»

«Sai una cosa?» tornò a guardare il Colosseo.
«Forse.» alzai le spalle. «Dimmelo tu.»
«Io ci proverò. Ma tu sposa Dybala, Vel. È stupido, certo, ma non tanto da lasciarti andare un'altra volta.»

Abito di Velia:

Abito di Velia:

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