95. Scaricabarile

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"Sei l'immenso di un attimo andato
Del mio sogno la parte migliore
Sei quel vento che soffia da sempre
Ma che riesce a non farmi cadere„

Ultimo

Torino, 20 Aprile 2019

Velia

«Vel, ce la fai?» Valentino si affacciò alla porta della camera di Paulo, che ormai era diventata anche camera mia. Asunción, tra le sue braccia, dormiva beata, con un accenno di sorriso sulle labbra piene.
«Io...» mi lasciai cadere di peso sul letto.

Guardai le magliette che tenevo tra le mani, una bianca, a tinta unita, le maniche a sbuffo, l'altra metà bianca e metà nera, con un 10 in bella vista sulla schiena e quella semplice scritta, Dybala, che non diceva altro se non "indossami".

«Non pensavo che l'avrei mai detto ma c'è la me me che indosserebbe la maglia della Juve.» sghignazzai.
«Neanche io pensavo di arrivare in ritardo alla partita perché tu non sai come vestirti. Peschi sempre a caso dall'armadio, non è possibile!» lanciò in un angolo la prima maglietta. «Metti quella di Paulo, chi se ne frega dell'Inter. Non vogliono Mauro? Bene, noi non vogliamo loro.»

Asunción aprì gli occhietti verdi e sbadigliò, stiracchiandosi. Spostò lo sguardo da me a mio fratello, poi strinse tra le dita cicciottelle l'orlo della maglietta di Paulo, al che sorrisi. «E va bene, se me lo chiedi così...» la baciai sulla fronte, indossando per la prima volta nella mia vita una maglia bianca e nera.

La partita in sé non fu nulla di speciale. Il 2-1 finale consegnò alla Juventus l'ottavo Scudetto consecutivo, un traguardo storico per la brigata Bianconera. Al vantaggio viola (Milenković), avevano risposto Alex Sandro e poi Pezzella, il cui autogol aveva consegnato agli Juventini l'ennesimo sogno.

«Ciao Alicia, come stai?» salutai la mamma di Paulo, che aveva appena raggiunto il tappeto erboso dello Stadium. «Il viaggio è andato bene?»
«Tutto a meraviglia, grazie.» mi baciò sulle guance, prima di salutare anche Valentino. «Come sta la mia nipotina preferita?» prese in braccio Asunción, che ridacchiò e si strinse alla nonna, contenta.

«Io sono il tuo nipotino preferito!» si lamentò Tommaso, abbracciandola.
«Tu sei il mio nipote preferito.» lo corresse lei, spettinandogli i capelli. Scossi la testa e mi feci largo tra la folla, alla ricerca di Paulo, che stava facendo confusione insieme a Ronaldo e Cuardado.

«Panita!» urlai, quando il Colombiano mi venne incontro. «Qua non ci si stanca mai di vincere, eh?»
«Stancarsi di vincere è il miglior modo per perdere.» rise, coinvolgendomi in un balletto tutt'altro che coordinato, perché c'era decisamente troppa gente intorno a noi.

«Tu che finisci a tifare la squadra in cui gioco.» commentò Cristiano, guardando la mia maglia.
«Strano ma vero.» sorrisi. «Sei sempre stato il più forte ed hai sempre giocato nella squadra sbagliata. Continui a farlo, sia chiaro, solo che la dirigenza dell'Inter mi sta leggermente antipatica, al momento. E siccome continuano a guadagnare vendendo la mia maglia, presentarmi così è un buon punto di partenza per metter loro i bastoni tra le ruote.»

Non mi piaceva il comportamento tenuto dall'Inter nei confronti di Mauro, perché non era successo niente di talmente scandaloso da metterlo alla gogna in quel modo. Wanda aveva un carattere scomodo, certo, ma ciò non giustificava l'isolamento di cui l'Argentino era stato vittima negli ultimi mesi: l'Inter non aveva il Capitano e, per quanto potessi voler bene a Samir, in campo si vedeva, eccome se si vedeva.

Quando incrociai lo sguardo di Paulo, il tempo sembrò fermarsi. Mi faceva ancora effetto, come la prima volta, nonostante fossero ormai passati quasi due anni. Sentivo addosso gli sguardi delle persone e gli obiettivi delle telecamere, perché nessuno, nemmeno io, aveva ancora realizzato davvero cosa volesse dire vedere un'Interista sfegatata come me indossare quella maglia.

L'adrenalina, anestetizzata, aveva fatto cadere la patina frizzante che colorava di magico l'aria fino a qualche secondo prima, lasciando che un silenzio quasi funereo ricoprisse Torino. Un po' come quel giorno, a San Siro... «Devo seriamente aspettare così tanto, per sposarti?» Paulo nascose il viso tra i miei capelli sciolti, baciandomi la clavicola. Una, due, tre volte. «Non puoi capire cosa significhi tutto questo per me, amore, grazie.»

Gli gettai le braccia al collo, incapace di parlare, e lo Stadium sembrò quasi risorgere. Un chiacchiericcio sempre più spesso riportò tutto alla normalità, la coppa riprese a passare di mano in mano, la festa rincominciò, come se nulla fosse accaduto.

«Hai scelto tu la data del matrimonio.» gli ricordai, ridendo.
«È stata Asunción a nascere il giorno sbagliato.» obiettò, cingendomi le spalle con un braccio.
«Scaricabarile.» sorrisi, guardandolo. «Sai una cosa?»
«Dipende.» si legò la bandiera Argentina alla vita.

«Con te vicino sembrano belli anche il bianco ed il nero.» constatai, arricciando il naso.
«Il bianco ed il nero sono sempre belli.» scosse la testa. «Specie se in trionfo.»
«Pensa che sono quasi felice della vostra vittoria. Ezechiele, stai minando la mia integrità di Interista in secula seculorum.» borbottai.

«È un anno e mezzo che la mino.» ridacchiò. «È stato un duro lavoro ma qualcuno doveva pur farlo. E vederti con la mia maglia non ha prezzo.»
«Averti al mio fianco non ha prezzo.» lo baciai sulle labbra. «Anche se mi fai fare quello che non vorrei fare un sacco di volte.»

«Io non faccio un bel niente, sei tu che fai tutto da sola.» obiettò.
«E sono pure contenta di farlo. Mi mandi il cervello in pappa.» sbuffai. «Eppure la cosa non mi infastidisce.»
«Grazie al cielo, altrimenti tu non saresti qui ed io sarei perso in un mondo di erba, fango e palloni da calcio.» scosse la testa. «L'amore non serve in assoluto, ma quando scopri quanto migliori la vita...»

velia

velia Mi Joya y nada más, hasta el final💎🤍🖤

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paulodybala

paulodybala Sentirsi sempre parte di un sogno, con te che non sembri vera🤍🖤

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