79. Nausea

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"Molte volte una giornata
Può smontarti in mille pezzi
Se ad ogni svolta cambi strada
In questa casa degli spettri„

Emis Killa

Velia

«Smetti di sorridere come una scema!» mi riprese Valentino, colpendomi con una spallata che per poco non fece collidere il mio fantastico deretano con il pavimento dell'aeroporto di Linate.
«Non sto sorridendo come una scema.» mi difesi, poco convinta.

«Ah sì? E allora perché sorridi? Il riso abbonda sulla bocca degli stolti.» scrollò la home di Instagram, mettendo like ad una foto di Maverick Viñales.
«Perché sono felice. Non posso?» allargai le braccia.
«No, non puoi. Stai approfittando del tuo status di quasi-moglie per ricordarmi quando sia grama la vita da single.» mi rimbeccò.

«Assumi Bernardeschi ed il Brasiliano come miei scagnozzi e sguinzagliali in giro come hanno fatto con Dybala, vedrai che anche io trovo qualcuna da sposare.» alzò le spalle.
«E dare a due Juventini una soddisfazione del genere? Posso trovarti anche io una ragazza.» sorrisi di sghembo, estraendo dalla borsa le chiavi di casa.

«Hai ragione.» si tolse la felpa, il clima Milanese era decisamente più mite di quello Britannico.
«O forse ci ha già pensato qualcuno per te.» andai a sbattere contro di lui, quando vidi che i nostri genitori ci avevano invaso casa, senza preavviso, insieme a due estranei dai tratti chiaramente Asiatici.

«Vel, che cosa stai...» alzò lo sguardo dall'indumento.
«Boh, so solo che non vorrei stare, in questo momento.» sussurrai, di modo che gli altri non ci sentissero.
«Non è vero.» mi rispose lui. «No, no, no, è tutta un'illusione, un incubo, dammi un pizzicotto che mi sveglio. Per favore.»

«Velia, Valentino, buongiorno. Ci stavamo interrogando sul motivo della vostra assenza.» prese la parola nostro padre.
«Ehm... noi eravamo... via per uno shooting. Sì, uno shooting.» annuii, indicando le valigie, più a convincere loro che a salvare la nostra causa.

«Madre, padre, buongiorno.» Valentino inspirò una quantità di aria esagerata, prima di parlare. «È un piacere avervi qui.» sollevò la sua valigia, facendosi spazio tra il quartetto di persone che ci fissava.
«Appoggiamo i bagagli e siamo subito da voi.» concessi io, prima di seguire mio fratello.

«Come mai non sorridi più?» cercò di sdrammatizzare, lasciando cadere con un tonfo quella povera valigia che non gli aveva fatto nulla.
«Io non voglio sposare quel Giapponese, Cinese, Thailandese o quello che è.» piagnucolai, disperata.
«Perché, hai visto lei? È brutta. E magari non parla nemmeno Italiano.» tornammo in soggiorno, per non destare sospetti.

«Qual buon vento vi porta in codesta dimora?» chiesi ai quattro ospiti sgraditi.
«Vento di primavera e ciliegi in fiore, mia cara. Loro sono Yukako» indicò la ragazza «e Subaru.» indicò il ragazzo. «I vostri futuri sposi!» esclamò poi, esaltata.
«Senza offesa, madre, ma credo che voi stiate correndo un attimino di troppo.» accennai un sorriso.

«Qual obiezione è codesta?» si lisciò una ciocca di capelli che era sfuggita all'impeccabile chignon che ornava il suo capo. «Il legame matrimoniale tra le nostre famiglie apporterebbe un sensibile incremento economico al capitale in nostro possesso.»
«Cosa mi tocca sentire.» borbottò Valentino, dimenticando di usare il linguaggio forbito che i nostri genitori solevano imporre.

«E... sareste giunti a Milano per questa motivazione?» domandai ancora. «Due matrimoni che, me miserabile, non verranno posti in essere per evidenti impossibilità pratiche?»
«Che insinuazione sarebbe questa?» chiese mio padre.
«Dato di fatto, nessuna insinuazione.» lo corressi.

«Almeno chi sposare.» Valentino congiunse le mani, in segno di preghiera. «Non nego che codesti baldi giovani abbiano innumerevoli caratteristiche degne di essere prese in considerazione e mi duole risultare sgradevole al vostro gusto personale ma...»

«Niente ma. Voi spostare loro. Punto. Pensate che il libero arbitrio sia in vigore all'interno del nostro nucleo familiare? Poveri illusi.» nostro padre si lasciò andare ad una risata isterica. «Non è così. Abbiamo organizzato tutto. Qui ci sono i biglietti.» sbatté con violenza sei pezzi di carta sul tavolo.

«Stasera molleremo gli ormeggi, di modo da giungere in Giappone posdomani. I vostri abiti nuziali si trovano già sul posto, sarà necessario solamente che presenziate fisicamente alla cerimonia in programma domenica alle dieci del mattino.» concluse il suo sproloquio. «Avete domande?» chiese, quando lo guardammo sbigottiti.

«Perché?» rispose prontamente Valentino.
«Come sarebbe a dire perché? È il naturale svolgersi dell'esistenza umana.» intervenne nostra madre.
«Non ritengo di aver compreso.» aggrottò la fronte, mentre io abbassavo lo sguardo su tutto ciò che avevo con me di Paulo a farmi forza in quel momento: i due anelli. «Semplicemente, sarei propenso a dare una possibilità a chi avremo intenzione di scegliere a tempo debito.»

«Io non sposo quel tizio con il nome di un'azienda automobilistica.» spezzai il silenzio.
«Il linguaggio, signorina.» mi riprese lei. «E Subaru è un ottimo ragazzo, fedele ed utile alla causa.»
«Madre, per favore, mi sto sentendo male.»
«Quale iperbolica e sciocca considerazione è mai questa?» intervenne mio padre.

«Anche il mio ragazzo è fedele e sincero, con lui mi sembra di camminare sulle nuvole tutti i giorni ed abbiamo intenzione di sposarci. Lui è arrivato prima di Mr Macchina.» difesi Paulo.
«Quegli anelli da quattro soldi...»
«Potrebbero essere anche guarnizioni di lavandini che andrebbe bene lo stesso, perché lui è la cosa più preziosa che abbia.»

«Tu non hai niente di prezioso, se non Subaru. Hai capito? È lui che devi sposare, non quel ragazzetto con cui ti vanti di andare in giro.»
«Questione di punti di vista.» scossi la testa. «E mi dispiace per voi ma ho davvero la nausea.» abbandonai il gruppo, per raggiungere il bagno.

Continua...

Da Milano col palloneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora