32. Davvero

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"Passerà, stanotte passerà
E forse torneremo ad amarci
Impazzirai, lo so che impazzirai
Perché non ci basta il tempo
Perché nulla basta mai„

Lorenzo Fragola

«Pau...» pronunciò Velia, preoccupata, spostandosi in fretta nel centro di Torino.
«Come stai?» sussurrò l'Argentino, mentre un fisioterapista armeggiava intorno alla sua coscia destra.

«Un po' meno bene da quando ti ho visto piangere. Paulo, non è possibile che io guardi una partita - e dico una - della Juve con le migliori intenzioni e tu ti faccia male.» borbottò lei.

«Le migliori intenzioni erano tifare per noi?» ridacchiò lui.
«Sì, è la prima volta che lo faccio e penso anche l'ultima se va così. Tu, piuttosto, come stai? Non è importante la mia testa al momento.»

«Nell'ordine: mi sono svegliato tardi, a colazione non c'erano i miei cereali preferiti, il mate era freddo, il cappuccino sembrava un caffellatte, non avevo il dentifricio e quello di Berna fa schifo, ho giocato male e spero di essermi solo strappato qualcosa, altrimenti sono nei casini.» guardò il fisioterapista.

«Lesione distrattiva ai flessori della coscia destra.» diede il responso l'uomo, prima di porgergli un paio di stampelle. «Un mese di stop. Puoi restare qui, se vuoi finire la chiamata.» cercò di essere il meno invasivo possibile.

«Grazie.» il calciatore abbozzò un sorriso per nulla entusiasta. «Hai sentito.» si rivolse poi alla ragazza.
«Su, su. Lo chiamavano "Lamentino".» ridacchiò lei.
«Mi piacevi di più quando avevi scritto quel messaggio...» sbuffò Paulo, richiamando alla mente alcune delle parole che lo avevano toccato dentro.

«Sdolcinato? Sì, sdolcinato, tremendamente sdolcinato.» entrò nella stazione di Torino: viaggiare in treno non le piaceva, ma era indietro con gli studi per gli ultimi esami prima della laurea in Matematica e doveva recuperare tempo. «Ed il mate freddo non piace neanche a me.» tornò al tema precedente.

«Se cambiare argomento all'improvviso fosse una disciplina olimpionica, vinceresti anche lì.» sorrise il ragazzo.
«Uh, a proposito, ti insegno un modo di dire fantastico: saltare di palo in frasca.»
«Sal... tare di palo in fresca?» Paulo incespicò tra le parole.

La risata cristallina di Velia lo avvolse per qualche secondo, giusto il tempo di fargli nascere un sorriso adorabile sul volto.

«Tradotto letteralmente in Spagnolo sarebbe saltar de poste en ramita.» la ragazza si sedette su uno dei tanti sedili tutti uguali.
«Non ha senso.» scosse la testa Paulo.
«Certo che ne ha. A parte gli scherzi, Ezechiele, mi sono davvero preoccupata quando ti ho visto in lacrime. Su serio, stai bene?»

«Sto bene.» sospirò lui.
«E cosa ti servirebbe per stare davvero davvero bene?» lo incalzò.
«Davvero è la tua nuova parola preferita?» tergiversò.
«Nah, che c'entra? Ah, io che sono ancora qui a preoccuparmi per te...» borbottò la Milanese, tra sé e sé.

«Vel, starei davvero bene se tu fossi qui, perché ho il morale sotto i piedi e tu sembri essere l'unica che riesce a tirarlo su. Ho parlato con mia mamma, prima... non è la stessa cosa. Ok?» le rispose l'Argentino, in modo brusco.
«Claro. Goditi il morale sotto i piedi, finché li hai, perché si danno troppo per scontati.»

Quella maledetta ferita si era rimarginata, almeno dal punto di vista fisico, perché aveva una gamba, seppur finta, ma faceva ancora male a livello mentale, in quanto nessuno le avrebbe restituito quello che sarebbe potuta essere.

«Scusa.» si pentì lui, per essere inconsciamente andato a toccare quel punto che soleva dolere ancora.
«Scusa io. Mi piace che la gente mi tratti come una persona normale e non come un'andicappata. E, se ti interessa, la mia parola preferita potrebbe essere curglaff.» cambiò argomento di nuovo.

«Cur... che?»
«Curglaff. È dialetto Scozzese ed indica la magnifica sensazione che si prova quando si fa il bagno nell'acqua fredda.» spiegò la ragazza.

«Quell'immensa voglia di uscire per asciugarsi e scaldarsi?» commentò, retorico, lui, che forse aveva appena trovato qualcosa con cui risollevarsi il morale.
Insomma, a chi piaceva fare il bagno nell'acqua fredda? Un tuffo, al massimo, ma il bagno...

«Sì, quell'immensa voglia che ho di lasciarti in questo momento.» lo prese in giro lei.
«Dai, non ho fatto niente di male!» si lagnò il calciatore. «Che poi, come fai a conoscere il dialetto Scozzese?»

«C'è un pilota molto carino e simpatico, in Moto3, che si chiama John McPhee ed è Scozzese.» si attorcigliò una ciocca di capelli intorno all'indice, con fare cospiratore.
«Ha le orecchie a sventola ed i denti da castoro.» commentò Paulo, che aveva cercato una foto del suddetto su internet.

«Probabile.» gli diede corda lei. «E poi non è un gran pilota.»
«Perché, se io non fossi un gran calciatore, non staremmo insieme?» la provocò lui.

«Già sei un Gobbo, non vorrai anche diventare uno qualunque, vero?» sorrise la ragazza. «Paulo, starei con te anche se fossi l'ultimo degli spazzini. Vorrei essere lì, tra le tue braccia.»
«Anche io vorrei che fossi qui. Ti voglio bene.» ridacchiò l'Argentino, chiudendo la telefonata.

Da Milano col palloneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora