"I could put a little stardust in your eyes
Put a little sunshine in your life
Give me a little hope you'll feel the same
And I wanna know if I'll see you again
See you again
Funny, how the time is rushing by
And all the little things we leave behind
But even then in everything I do
Is a little bit of me
And a little bit of youPotrei mettere un po' di polvere di stelle nei tuoi occhi
far entrare un po' di luce nella tua vita
Dammi una piccola speranza che sentirai lo stesso
E voglio sapere se ti vedrò ancora
Ti vedrò ancora
Divertente come il tempo passi in fretta
E tutte le piccole cose che ci lasciamo alle spalle
Ma nonostante questo, in tutto quello che faccio
C'è un po' di me
E un po' di te„Mika
Velia
Accarezzavo i capelli di Valentino da non so quanto tempo, mentre osservavo il soffitto che, da bianco, era diventato grigio a causa del buio.
La pole position che Márquez, suo unico e diretto avversario per la vittoria del Mondiale, gli aveva strappato per un paio di millesimi aveva avuto un pessimo effetto su di lui: la paura di fallire era diventata reale e lo tormentava tanto da non farlo dormire. E non dormire la notte prima di una gara avrebbe potuto avere riscontri solo negativi.
Presi il cellulare dal comodino e guardai l'orario: le quattro.
"Dormi?" mi aveva scritto Paulo, dieci minuti prima.
"Hai letto, quindi presumo di no. Possiamo parlare?""Quando?" chiesi stupidamente, un po' per perdere tempo, un po' per non uscire dal letto, seppur non stessi dormendo.
"Sono davanti al circuito"
«Velia?» mi richiamò Valentino. «Va' da lui.»
«Dovrei?» gli chiesi.
«Vai. Io sono capace anche da solo di non dormire, lui evidentemente no.»Mi alzai con un sorrisetto divertito sulle labbra e, saltellando sull'unica gamba buona che avevo, indossai una canotta gialla fluorescente da basket, un paio di shorts di jeans neri ed una delle mie Nike Air.
Mi sollevai dalla seggiola con le stampelle, per non perdere ulteriore tempo e per non infastidire Valentino accendendo la luce.
«Torno prima dell'alba.» gli sussurrai, sulla porta.
«Non c'è bisogno.» sbadigliò lui.
«Torno prima dell'alba. Non si discute.»Chiusi la porta della camera e lasciai un bacio sulla fronte di Tommaso che, beato come un angioletto, dormiva sul divano in soggiorno.
«Ezechiele.» dissi, una volta davanti al cancello.
«Sei venuta.» esordì, mentre mi accompagnava una ciocca di capelli dietro l'orecchio sinistro.Non potendo spostare la sua mano a causa delle stampelle, indietreggiai di un passo.
«S-scusa.» balbettò. «Queste sono per te.» mi mostrò un mazzo di rose.
«Sono azzurre, ti sei ricordato.» affondai il naso tra i fiori, nascondendovi un sorriso gigantesco. «Grazie, davvero.» sfiorai i petali con una mano.«Andiamo a parlare da un'altra parte.» mi voltai senza attendere che mi seguisse, camminando fino a raggiungere una saletta nel box di Valentino.
«Perché ho come il presentimento che non possiamo stare qui?» mi chiese, guardandosi intorno.
«Non potremmo ma ci siamo, quindi... parla.» lasciai scivolare lo sguardo sul suo corpo ben allenato. E su quegli occhi cerulei che avrei potuto fissare per secoli, senza mai stancarmi.«Non capisco come faccia tuo fratello ad amare un lavoro del genere.» mormorò, poco dopo.
Lo guardai, accigliata.
«Mi sono preso un aereo per venire qui, quando sarei potuto benissimo stare a casa ad aspettare che tornassi.» sbottò. «Non penso ci sia molto altro da dire.»
«Ezechiele...»Si avvicinò, intrappolandomi tra il tavolo ed il suo corpo.
«Non è il caso.» sussurrai, meno convinta del dovuto.
Le sue mani si posarono sulle mie guance, con delicatezza.
«Mi hai portato qui senza nemmeno volerlo, capisci?» chiese, baciandomi piano.Lo spinsi via con la poca forza che mi rimaneva in corpo: averlo così vicino non mi rendeva del tutto lucida.
Abbassò la testa e si scompigliò i capelli, inspirando rumorosamente.
«Non puoi baciarmi e sperare che si sistemi tutto. Sono masochista, ma non così tanto.» borbottai, rigirandomi sull'anulare la fede costosissima che Valentino mi aveva regalato per il mio diciottesimo compleanno.
«Velia, ho sbagliato, va bene, è anche colpa mia, ma non puoi pensare che mi prenda la responsabilità delle tue cazzate. Ho esagerato con quella scenata, è vero, non stiamo insieme e, fino a prova contraria, puoi fare quello che vuoi.» si bloccò.
«Ma non venirmi a dire che esiste qualche tipo di privilegio nell'essere orfani, perché in dieci anni non ne ho ancora trovato uno.» sputò.
«Potrei regalarti mio padre e farti cambiare idea.» commentai, il tipico tono acido di chi sapeva quale punto toccare per far crollare una persona.Fece un passo indietro, come se si fosse scottato, e si voltò verso la porta.
«Va bene, se le cose stanno così...»
«Te ne vai?» chiesi, retorica.
«Dovrei rimanere? Per cosa, poi? Dammi un motivo per rimanere.» posò una mano sulla maniglia.
«Senza di me non sai uscire da questo posto.»«Velia, sei così...» si avvicinò.
«Scostante!» esclamò una voce, proveniente dal corridoio.
«Sì, anche ma... non volevo dire quello.» borbottò Paulo, sussultando quando lo trascinai contro il mio corpo. «Sei impazzita?»
«Meccanici. Vieni sotto al tavolo.»Dopo un'iniziale esitazione, Paulo mi seguì, gattonando. Il suo respiro caldo sul mio viso faceva tutto tranne che facilitare le cose ed i passi che, dal corridoio, si facevano più vicini, contribuivano a mettermi ancora di più a disagio.
Continua...
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Da Milano col pallone
FanficQuando, alla fine del 2017, Paulo Dybala aveva lasciato la sua storica ragazza, Antonella Cavalieri, non si aspettava che Federico Bernardeschi lo coinvolgesse in un vero e proprio inseguimento, organizzato al solo scopo di trovare una nuova fidanz...