35. Ti amo

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"Il mio pensiero vola verso te
Per raggiungere le immagini
Scolpite ormai nella coscienza
Come indelebili emozioni
Che non posso più scordare„

Tiromancino

Valentino

La seggiola metallica su cui sedevo, troppo scomoda anche per un peluche, cigolò leggermente ad un mio impercettibile movimento.

Mi sistemai meglio tra le braccia Tommaso che, con le guance ancora incrostate di lacrime, dormiva un sonno molto disturbato, poi riportai l'attenzione alla porta di fronte, come se fosse potuto succedere qualcosa.

Velia era ancora in sala operatoria ed era inutile fissare con uno sguardo da maniaco quella maledetta porta. Estrassi il cellulare dalla tasca sinistra dei pantaloni, più per abitudine che per altro.

"Cosa vuol dire?" chiedeva l'anteprima di un messaggio da parte di Paulo.

Sospirai e feci partire la nota vocale infinita che mi aveva inoltrato.

«Paulo... per fortuna sei in aereo, mi vedevo già piangere a dirotto, come succede sempre nei peggio romanzi rosa che legge Antonella. Mai chiederle un consiglio in fatto di libri, mai. Come va con la fisioterapia? Ti amo. Avrei voluto dirtelo, prima che fosse troppo tardi anche se ormai è altamente probabile che sia troppo tardi. Con il senno di poi non è neanche il momento migliore per farlo, ma potrebbe essere l'ultimo. Sai, guardando la partita, ho quasi pensato che tu potessi essere davvero davvero quello giusto.»

«Quello che sognano tutte le bambine, il principe azzurro. In realtà io sognavo che un prode centauro, in sella ad una moto tutta cromata, tamarra da far schifo, mi regalasse il suo casco come pegno d'amore dopo una vittoria. Poi Vale ha iniziato a correre. Un venerdì si è slogato una spalla. Era in lotta per il campionato. Per evitare ulteriori danni in vista della gara, sabato ho girato io al suo posto, qualificandomi terza. Ho capito che avrei potuto vincere contro un mio eventuale ragazzo. In quel caso, niente casco. Inoltre stavo con Mario, che non mi avrebbe mai potuto regalare una cosa del genere, e avevo quasi vent'anni, quelli che bastano per capire quanto le aspettative servano solo a deluderti.»

"Mi vuole lasciare?" scrisse ancora l'Argentino.

"Non ho finito l'audio" risposi, un po' per risparmiargli la verità, un po' per prendere tempo.

"Chiamala"

"No"

""

"Non mi risponderebbe. Un treno l'ha investita. Ora, se non ti dispiace, finisco la nota vocale"

Sfiorai lo schermo con il pollice della mano sinistra ed ignorai la sua insistenza.

«Poi sei arrivato tu. A rubarmi un elastico per i capelli e a farmi notare quanto sia stupido tifare Inter. Non che abbia intenzione di cambiare squadra, sia ben chiaro. Ti ricordi quel Milan-Juve? Romagnoli aveva sparato con una delicatezza tale la palla in tribuna che un missile terra-aria gli avrebbe fatto un baffo.»

«Ho recuperato la palla e te l'ho data, chiedendovi di segnare per chiudere la partita, ottenendo in cambio un sorrisetto malizioso. E la scossa!»

La scossa le aveva sempre dato fastidio. Era una cosa che non tollerava, da cui nascevano sempre battibecchi millenari: i nostri "genitori" dovevano separarci per evitare che distruggessimo la casa a forza di lanciarci oggetti di ogni genere.

«Comunque, hai mantenuto la promessa e avete segnato. Mi sarebbe piaciuto sentire il tuo accento Sudamericano accompagnare un'altra promessa, magari preceduta da una proposta di matrimonio... vederti mantenere per me quella che forse è la promessa più importante nella vita di una persona non avrebbe avuto prezzo. Ti amo, Paulo, probabilmente l'ho sempre fatto. Perdonami se non sono riuscita a dirtelo in faccia, non era mia intenzione interrompere tutto questo.»

La sirena lontana di un'ambulanza rompeva il silenzio alla fine della nota vocale e quasi non mi accorsi dei messaggi che sembravano moltiplicarsi sullo schermo alla velocità della luce.

"Vale, per favore" recitava l'ultimo della serie.

Gli spiegai brevemente l'accaduto, mentre Tommaso si svegliava per l'ennesimo incubo.

"Quindi è in coma?"

"Per ora è più di là che di qua"

"Arrivo"

"Probabilmente nemmeno si accorge di noi e non è detto che si ricordi. Stai lì dove sei"

Chiusi Whatsapp senza troppe cerimonie: che se la sbrigasse da solo, avevo già abbastanza problemi.

«Tra cinque minuti può vedere sua sorella.» mi informò un medico di passaggio, con una cartelletta in mano.
«Come sta?»
«Diciamo che non a tutti capita di passare sotto ad un treno e di poterlo raccontare. Non è detto che si svegli ma non è neanche detto il contrario.»

Tommaso strizzò gli occhietti un po' più vispi di prima e mi accarezzò una guancia.

«Se le parliamo con lei, la mamma si sveglia? Perché mi aveva promesso che mi avrebbe dato la rivincita alla Play ma se dorme non può farlo.»

Gli sorrisi, mesto: mentire non sarebbe servito.

«Nessuno lo sa.»

Dal fondo del corridoio comparse un gruppetto di infermieri dal camice chiaro che, dopo un paio di manovre, riuscì nell'intento di portare Velia nella camera davanti a noi.

La manina di Tommaso strinse la mia, in una tacita promessa a non arrendersi. Mai.

«Ci proviamo?» chiese, un piedino già nella stanza.
«Ci proviamo.» lo accontentai, seguendolo verso l'Inferno.

Da Milano col palloneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora