67. Elastico

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"Fare una radiografia dei tuoi pensieri
È la cosa più facile
Erano un libro aperto i tuoi desideri
E ho strappato tutte le pagine„

Emis Killa

Velia

Dall'atterraggio all'ingresso nell'aeroporto passò poco tempo, l'incontro con Paulo si avvicinava ed io non avevo la più pallida idea delle mie reazioni né, soprattutto, delle sue intenzioni. Percorremmo il breve tratto che congiungeva il gate al resto della struttura poi, non avendo che i bagagli a mano, ci dirigemmo verso l'uscita.

Fu lì che vidi l'Argentino. Bello come l'avevo lasciato, rideva a qualcosa che gli aveva detto Oriana, mentre si rigirava tra le mani un bicchiere di the freddo. Lei gli posò una mano dalle unghie laccate in modo impeccabile su una spalla, prima di fare altrettanto con la testa.

Guardai da un'altra parte, perché faceva male, per quanto cercassi di ignorare il tutto. Una fitta fastidiosa che si fece spazio nel mio petto, insinuandosi sotto lo sterno e raggiungendo il cuore, proprio come avrebbe fatto un serpentello dal morso velenoso. Misi su il mio miglior sorriso finto ed affrontai l'unico che non avrei mai voluto diventasse mio nemico.

«Ehi, Bionda, non si saluta?» richiamò la mia attenzione lui, squadrandomi.
«Oh, Dybala, ciao.» risposi quasi subito, mentre sorridevo tra me e me al pensiero che la polo del team Honda che indossavo - bocciata da un'occhiataccia dispregiativa - lo infastidisse, e non poco. «Velia.» porsi la mano alla sua nuova fiamma.

«Ciao, sono Oriana.» spostò la conversazione sullo Spagnolo lei, ricambiando la mia stretta, titubante.
«Tranquilla, non ti mangio, né lo faccio con lui.» cercai di metterla a suo agio, sorridendole appena.

Evitai di posare gli occhi sull'Argentino, sapevo che la cosa non mi avrebbe fatto guadagnare punti che, in qualità di ex, già non avevo. Rimasi buona buona, in piedi, ad aspettare che Paulo desse un segno di vita.

«Come... stai?» l'Argentino scelse la via migliore per dare vita ad un dialogo che sembrava non aver motivo di esistere.
«Bene.» scrollai le spalle, come se non fosse importante, rigirandomi tra le mani la coppa che Valentino mi aveva dato quando aveva preso in braccio Tommaso, che dormicchiava.

«Andate pure a casa, prendo un taxi.» guardai mio fratello, che sembrava essersi imbambolato alla vista di Oriana.
«Eh?» aggrottò la fronte.
«Oriana, mio fratello, Valentino.» distesi le labbra in un sorriso malizioso.

«Piacere.» lei si alzò ed aggirò il tavolino, fino a raggiungerlo.
«Che stai facendo?» mimò Paulo, in mia direzione.
«Io? Niente.» alzai le spalle. «Tu, piuttosto, come stai?» mi dondolai sui talloni.
«Meglio, ora che ci sei tu.» la conversazione tornò all'Italiano.

Arrossii appena a quelle parole, Paulo mi faceva effetto, come la prima volta, ma io non avevo alcuna intenzione di farglielo notare. Nascosi prontamente la testa nel mio zainetto, alla ricerca di un elastico, per cui persi abbastanza tempo da calmare gli ormoni.

«Non legarti i capelli.» Paulo mi tolse l'elastico dalle mani, poi mi accarezzò la mandibola, con la scusa di sistemarmi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Tu cosa stai facendo?» gli chiesi, infastidita, perché faceva la morale a me quando, in realtà, lui era l'unico a tenere un comportamento inadeguato alla situazione.

«Niente... niente.» scosse la testa. «Pensavo che mi sei mancata.» si allontanò di un passo.
«Mi sia, ci vuole il congiuntivo, è un'opinione, un pensiero.» lo corressi, non con cattiveria, solo perché sapevo quanto tenesse ad imparare l'Italiano correttamente.

«È un dato di fatto. Mi sei mancata, Vel, ho fatto un mare di stupidaggini e non lo so, vorrei stare con te ma è tutto un casino.» si passò una mano tra i capelli.
«Ora hai lei, no?» gli risposi, con tono sarcastico.
«Lei? Ci prova con tutti, va in giro svestita, non sa neanche quale sia la forma di un pallone da calcio, si mette le mie magliette e le annoda di fianco, sformandole dappertutto...» si lamentò, quasi esasperato dalla situazione.

«Ed io cosa ci posso fare? Paulo, io avevo bisogno di te e nient'altro. Avevo un solo desiderio e lo sapevi, lo sai, perché te l'avevo e te l'ho detto, non sei scemo, anche se, ogni tanto, mi viene il dubbio. Io ho sbagliato, sono stata un'ingrata a non riconoscere tutto quello che hai fatto per me, mi hai stravolto la vita in meglio e mi hai anche negato l'unico desiderio che abbia mai avuto.» ricacciai indietro le lacrime, troncando il discorso.

«Con te è diverso, tu sei diversa ed io non voglio rinchiudermi in una gabbia stando con lei, ma voglio scoprire il mondo insieme a te.» sospirò.

«Paulo...» esalai. «Sai come la penso, portala in vacanza, falla divertire, è la tua ragazza, poi metti ordine nel cervello, decidi cosa fare, io... io devo andare, ho allenamento.» mi voltai dall'altra parte, facendo un cenno a Valentino, che si allontanò da Oriana. «Ci vediamo, Ezechiele.» indugiai con lo sguardo sui suoi occhi, prima di incamminarmi.

«L'elastico.» mi afferrò per un polso, fermandomi.
«Tienilo.» alzai le spalle. «Ormai ne hai una collezione, non voglio rovinarla.» abbozzai un mezzo sorriso.
«Sistemerò tutto.» mi abbracciò di scatto, posando il mento sulla mia spalla destra. «È una promessa.»

Da Milano col palloneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora