68/1. Stellina

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"E sì, tu piaci a me, ma io non piaccio a te, a te piacciono soltanto i mi piace„

GionnyScandal

Paulo

«Basta! Non puoi continuare a portarti in giro questo maledettissimo libro che pesa 200 kg e occupa tutto lo spazio nella mia borsa!» urlò Oriana, strappandomi dalle mani la Divina Commedia, tutto ciò che mi restava di Velia.

«Portati un po' meno trucchi.» borbottai di rimando, abbastanza scocciato. «Ti chiedessi di portarmi la valigia intera, capirei, ma un libro... un cazzo di libro non merita una scenata del genere.»
«Un libro del cazzo, però, sì.» lo lanciò sul tavolo con decisione.

Il libro scivolò sul ripiano in vetro, poi precipitò sul pavimento, il più lontano possibile dalle mani della ragazza. Che il suo limite di sopportazione fosse stato raggiunto, come il mio?

«Fa lo stesso, lo porto in mano, grazie del pensiero.» mi chinai a raccogliere l'oggetto, accertandomi che non si fosse rovinato nell'impatto con il pavimento.
«Sembri un bambino con il suo peluche, Linus con la sua copertina, George Pig con il suo dinosauro. Sei imbarazzante.» chiuse il mascara con un gesto secco.

«Io? Tu, piuttosto, che ti ricopri la faccia con quel coso, non sei imbarazzante? Andiamo al mare, mica ad una sfilata.» mi lamentai, sfiorando le parole che Velia aveva scritto sulla pagina riservata alla dedica.
«Neanche te ne accorgi, sei così fissato con lei che neanche te ne accorgi. Potresti avere il mondo, se non ti focalizzassi su una che non ti vuole.» mi tolse ancora il libro dalle mani.

«Cosa stai...» le chiesi, ma le parole che mi morirono in gola quando strinse tra le dita la prima pagina, osservando la dedica. «Non farlo.» la ammonii.
«E perché? Che cosa mi garantisce che non ci sia scritto qualcosa contro di me? Dopotutto, io non capisco l'Italiano. Capisco solo quel "ti amo" scritto alla fine, che non mi piace per niente.»

«Ori, per favore.» quasi la supplicai.
«Per favore cosa? Sei stato uno stupido a lasciarla andare, se ti piace ancora.» iniziò a strappare lentamente la pagina.
«Smettila!» la fermai, mettendo le mani sopra alle sue, anche se non ero del tutto sicuro che quel gesto sarebbe bastato anche a farla smettere di parlare.

«No.» strappò tutta la pagina, prima di ridurla in polvere davanti ai miei occhi. «Hai passato l'estate a leggerla. Andiamo al mare?» raccolse i pezzettini di carta e li buttò nel water, poi tirò lo sciacquone.

«Andiamo al mare un cazzo.» mi ripresi la Divina Commedia, mutilata della pagina più significativa per me, che comunque amavo decifrare la scrittura ordinata di Velia, scovando ogni tanto dei piccoli commenti esilaranti che si riferivano alla nostra storia. «Vacci tu, semmai.» raccolsi i pochi vestiti che avevo estratto dalla valigia, riponendoli in quest'ultima.

«Ti sei arrabbiato?» domandò, con tono smielato, posandomi una mano sulla spalla. «Non...»
«Non niente, io vado a casa, tu fai quello che vuoi. Se vuoi restare, resta, se vuoi andare, vai.» chiusi la valigia. «Ma non mi cercare più. Due rette parallele non sono fatte per incontrarsi. Scusa se ti ho illusa, non avrei né voluto né dovuto farlo.» recuperai la mia tessera magnetica e mi avviai verso la porta.

«Scappa, tranquillo. La prossima volta mi trovo un uomo vero, non una signorina che si sveglia di notte, piangendo, perché sente la mancanza del papà.» sputò, acida. «O che soffre la presenza ingombrante di Ronaldo. Ti ha tolto la scena, eh Paulo? E ti senti dimenticato da tutti. Brutta, la vita, quando non sei più la stella: ti rendi conto che il mondo non gira intorno a te.»

«Velia non mi ha dimenticato, non ha mai preteso che fossi la stellina della Juve, è a te che infastidisce tutto questo. A te non piaccio io, ma i miei soldi e la mia popolarità. Forse, però, ti dà fastidio scoprire che le tue intenzioni mi erano palesi tanto quanto il fatto che io volessi dimenticare Velia.» la attaccai a mia volta.

«Sarebbe funzionato tutto, se a te fossi piaciuto io e non i mi piace, se lei fosse stata una brutta e appiccicosa scalatrice sociale, se noi ci fossimo incontrati l'anno scorso.» dribblai abilmente l'argomento "papà", che non volevo tirare in ballo per nulla al mondo: non meritava di essere messo in mezzo, facevo da solo le mie stupidaggini ed era giusto che fossi io a doverne gestire le conseguenze.

«Sì, probabilmente hai ragione. Comunque» alzò le spalle, con fare indifferente, mentre si controllava con attenzione lo smalto «vai pure. Si vede che ti piace ed io non posso farci niente. Scusa se ho scomodato Adolfo, quando mi arrabbio non so più cosa dico. E quella pagina... la sai a memoria. Te lo sei meritato, per un attimo ho sperato che potesse davvero funzionare.»

«Abbiamo esagerato entrambi.» annuii.
«Ciao, Paulo.» sorrise.
«Ciao, Oriana. Stammi bene.» uscii in corridoio.
«Anche tu.» si appoggiò allo stipite della porta, guardandomi.

«Deve piacerti davvero tanto, se lasci tutto questo ben di Dio» indicò il mare, illuminato dal tramonto, che si vedeva dalla finestra «per andarla a vedere mentre fa avanti e indietro in una piscina per ore ed ore.»
«Non sai quanto. Ti auguro di trovare qualcuno che ti faccia fare cose apparentemente senza senso, che non pensavi avresti mai fatto nella vita.»

Da Milano col palloneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora