29. Salvatore della porta

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"Sei fuori donna, dentro ragazzina
C'hai la testa in aria e l'aria sbarazzina
Questa vita è dura, ma non lo sai ancora
Cammini scalza sopra gli scorpioni
Creatura pura, ingenua per natura
Tu che credi ancora che vincano i buoni„

Emis Killa

Velia

«Fede!» salutai il Carrarese, che mi stava aspettando davanti a Vinovo.
«Ciao Velietta, fatto buon viaggio?»

«Non c'è male, grazie.» scoccai un'occhiata adorante alla mia Dallara Stradale. «Tu?»
«Bene, bene, Paulo è arrivato in ritardo ed il Mister lo ha costretto a provare delle punizioni da posizioni improbabili. Dubito sia già sotto la doccia.»

Mi lasciai andare ad una risata divertita, seguendolo fino alla sala relax

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Mi lasciai andare ad una risata divertita, seguendolo fino alla sala relax.

«È inquietante esplorare l'accampamento nemico senza doversi guardare le spalle.» osservai le pareti chiare del centro di allenamento.
«O è inquietante il fatto che io mi stia portando il nemico in casa, cosciente delle mie azioni?» sorrise lui.

«Sarò muta come un pesce... non che abbia visto qualcosa di compromettente, la saletta relax c'è anche alla Pinetina.» mi guardai intorno.
«Però la vostra non ha il calcio balilla bianco e nero

«È blu e nero ed ha molto più stile.» afferrai una pallina azzurro cielo, lanciandola sul campetto.
«Ehi, non vale così, senza preavviso... che parata, Buffon!» improvvisò una telecronaca.

«È stato Icardi a calciare male.» misi in chiaro le cose.
«Gigi, salvatore della porta, ha parato in modo eccelso.» mi corresse.
«Qualcuno sta parlando di me?» chiese il numero uno, avvicinandosi.

«Hai fatto un miracolo!» esclamò Berna.
«Ma cosa, che Mauro l'ha svirgolata in una maniera paurosa.» lo smontai subito.

«Tu sei...» Gigi si passò una mano sul mento, con fare pensoso «tu sei quella ragazzina che giocava nell'Inter qualche anno fa!»

«Sì.» gli strinsi la mano, mentre Federico rincorreva la pallina, che sfrecciava sul pavimento. «Velia, piacere.»

Sorrisi a quello che un po' per tutti gli Italiani era il Capitano per antonomasia, quello con la "c" maiuscola.

Riprendemmo il gioco e, pian piano, ci raggiunse gran parte della rosa Juventina.

«Dougli!» gridò Mattia, entrando nella saletta, seguito a ruota dal Brasiliano.
«Paulia is real!» urlò Douglas, mentre abbracciava il compagno di squadra e si prendeva la briga di raccontare la nostra storia a tutti.

«Ma sono sempre così?» domandai a Berna, che se la rideva di gusto.
«No...» scosse la testa. «Di solito sono peggio.» fece ridere anche me.

Sul 9-9 ci fermammo a riprendere fiato.
«Secca?» proposi.
«Va bene.» rispose lui, quando ormai gli occhi di una ventina di persone erano puntati su di noi.

«Cos'è tutta questa confusione?» domandò Allegri, di passaggio.
«Acciughina, che piacere!» urlai, per sovrastare le voci degli altri, alzando una mano.

«Anche qui?» mi individuò tra la sua squadra. «Tu e la tua doppietta nel derby.»
«Si ricorda di me?» sorrisi. «Sono fantastica

«Noi siamo fantastici. Vero Mister?» chiese Cuardado, indossando la miglior faccia da angelo del suo repertorio.
«Sì, Juan, l'importante è crederci.» si piazzò tra gli altri, che attendevano l'ultimo gol.

Federico pulì la pallina nella maglia, poi la lanciò in campo, dando iniziò ad uno scambio che mi parve eterno. Percepii lo sguardo di Paulo scivolare su di me, ma lo ignorai: non avrei perso un'importantissima partita per un futile motivo.

«Vuoi farti battere da uno Juventino?» sussurrò il mio ragazzo, sfiorandomi appena un fianco.
«Non ho intenzione di farlo.» spedii la pallina in rete con una violenza inaudita.

«Ha segnato, con il numero nove, Mauro... Icardi!» saltai in braccio al mio Argentino preferito, lasciando scoperta la maglietta del Capitano.
«Tu sei pazza!» rise lui, mentre mi afferrava per le cosce e si lasciava andare ad un sorriso che avrebbe potuto illuminare tutta la stanza.

«Velia, neanche quando ti sei presentata al gala del Milan indossando un abito blu e nero.» mi salutò Mattia, con un bacio sulla guancia.
«Come dimenticarsi di quella cena...» rise Acciughina.

«Noi dobbiamo andare...» Paulo mi allontanò gentilmente dall'allegra brigata.
«Non sono pronto a diventare zio!» esclamò Federico, mentre compiva gesti che lasciavano poco spazio all'immaginazione.

«Berna, taci che è meglio.» risi, alludendo al suo rapporto con Linda.
«Dai, andiamo che ti devo presentare due persone.» disse, uscendo da Vinovo.

«Che?» mi tirai indietro.
«I miei nipoti hanno deciso di invadermi la casa. Lautaro e Dolores ci aspettano.» sorrise, sornione.

Indietreggiai di un passo, fino a percepire la portiera della mia Dallara contro la schiena.

«Sei appena arrivata e già te ne vuoi andare?» si scansò leggermente, abbassando la testa.
«No, non vado da nessuna parte.» gli presi le mani, come a suggellare una promessa silenziosa. «Scusa.»

Mi baciò piano le labbra, abbracciandomi.

«Sono qua, Paulo, e ci resto.» posai le mani sul suo petto. «Cosa facciamo per cena?»
«Boh, qualcosa di normale.» scrollò le spalle.

«Si fanno centinaia di chilometri per arrivare qua e vuoi propinare loro cibo ipocalorico che rispetti le nostre diete?» scossi la testa.
«Mica li ho invitati io! E poi, se avessi saputo che tu mi avresti fatto la sorpresa più bella di tutte...» mi accarezzò una guancia «non avrei chiamato altra gente a casa, no?»

Nascosi un sorriso e mi morsi appena la lingua per scendere dalle nuvole su cui, come una quindicenne, ero appena salita.

«Passiamo a fare la spesa, cucino io. Ti va?» presi le chiavi della macchina dalla borsa.
«Per te tutto quello che vuoi.»

Da Milano col palloneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora