45. Un bidone della spazzatura al posto del... vaso

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"E tu vuoi che vada tutto liscio e non lo vuoi capire
che la vita è questa e che non puoi ambire
alla felicità in viso senza soffrire:
è come pretendere il Paradiso senza morire„

Emis Killa

Paulo

«Ma buonasera!» esclamai, verso il mio addetto alla reception preferito.
«Chi non muore si rivede. Cosa ci fai qui?» si grattò il mento con una penna che - probabilmente - non sapeva nemmeno utilizzare.
«Champions.»

«Stanza 410, giusto?»
«Giusto.» disse. «Ah, la tua ragazza mi ha detto di dirti una cosa.»
«Cioè?»

Lui fece spallucce, sventolando un blocco di post-it gialli, al che tornai davanti al bancone.

«Non me li dai?» spostai il mazzo di rose azzurre su un braccio, per afferrare i foglietti.
«Potrei venderli a qualche giornale scandalistico e fregarvi entrambi...» ghignò.

Estrassi dalla tasca due biglietti per il derby di Roma e glieli porsi.

«Oppure potresti darli a me. Ho visto la tua cover, l'altra volta, mentre svolgevi in modo inadeguato il tuo lavoro. Qui i post-it.» tesi la mano.
«Se la metti così...» collaborò.

Lanciai un'occhiata al blocchetto cartaceo, su cui giaceva la scritta "sta dormendo", al che fulminai il ragazzo di fronte a me.

«Non potevi dirmelo a voce?» sbuffai.
«Io non spreco fiato per te
«Lo vedo.» mi avviai su per le scale.

Giunto al quarto piano, controllai che nessuno badasse a me ed entrai in camera.

Velia dormiva beata nella penombra della stanza, i capelli sparpagliati tra il cuscino ed il lenzuolo. Rimasi fermo a guardarla, come incantato, poi lasciai i fiori sul ripiano al di sotto della televisione e mi tolsi giacca, scarpe e felpa.

«Velia, lascia andare il lenzuolo, da brava.» sussurrai, dopo averla presa in braccio per sistemarmi insieme a lei sul letto singolo.

«Ezechiele...» borbottò, nel sonno, stringendomi la maglietta. «Sei qui.»

«Certo che sono qui.» le feci appoggiare la testa sul mio petto, mentre accendevo la tv. «Sono sempre qui.»

Cullato dal suo respiro pesante, accarezzando di tanto in tanto quei capelli biondi che sembravano riflettere la luce della luna che filtrava dalle finestre, guardai con attenzione due terzi della partita, fino a quando il mio cellulare vibrò.

Feci per alzarmi dal letto, in modo da non svegliare, parlando, Velia, che ancora sonnecchiava, ma le sue braccia si strinsero possessivamente attorno alla mia vita.

«Vel, posso alzarmi?» le chiesi, spostandole un braccio.
«Mmmmh...» mugugnò.
«Velia...» riprovai.

«A che minuto siamo?» aprì gli occhi e mise a fuoco la tv. «Sessantacinquesimo e vincete tre a zero. Vi manca ancora un gol, posso tornare a dormire.» mi lasciò andare, sprimacciò il cuscino e si girò su un fianco. «Notte.»

«Cos'hai fatto per avere così tanto sonno?» le chiesi, convincendomi che Nahuel avrebbe potuto aspettare la fine della partita per una risposta.
«Nuotato. Venti chilometri.» soffocò uno sbadiglio e si mise a sedere.

«Se avessi un quarto della tua forza di volontà, sarei più forte di Ronaldo.» sedetti accanto a lei.
«I Sudamericani sono indolenti. Grazie dei fiori, sono bellissimi. Anche se avrebbero bisogno di un vaso...» si guardò intorno, a cercare un recipiente adatto.

«L'unico vaso che c'è qui dentro è la tazza del water e non mi sembra una buona idea.» le passai un braccio intorno alla vita, posandole la testa su una spalla.

Lei mi baciò la testa, poi riportò l'attenzione sulla partita, che stava volgendo al termine.

«Ci sono!» esclamò. «Mi fai un favore enorme?»
«Dai, Vel, mancano due minuti più il recupero, non posso aspettare un attimo?»
«Ti chiamo se succede qualcosa degno di nota.» mi spinse delicatamente verso il pavimento.

«Chiamami però. Cosa devo fare?»
«Sotto al lavandino c'è il bidone della spazzatura, togli il sacchetto e mettici un po' d'acqua.» m'istruì.
«Fatto.» misi il naso fuori dal bagno.

«Ottimo. Nell'armadio c'è il mio borsone, prendi qualche bustina di zucchero dalle tasche laterali... no, scherzavo, avete un problema. Braccio di Benatia è fallo. Fallo in area è rigore. Rigore di Ronaldo è Juventus a casa

Sbuffai e lasciai tutto sul comodino, dedicando la mia attenzione all'espulsione di Buffon, alla sua sostituzione da parte di Sczęsny e al gol di Ronaldo, che aveva sancito la nostra ennesima eliminazione dalla Champions.

«S'impara più da una sconfitta che da una vittoria, dicono.» mi accarezzò un braccio. «E poi l'arbitro avrà anche un bidone della spazzatura al posto del cuore ma noi ne abbiamo uno al posto del vaso, vuoi mettere?»

«Non possiamo sempre uscire come dei polli...» piagnucolai.

«Siete deboli di testa. Quelle rare volte in cui ci credete fino in fondo, stravincete. Oggi sarebbe potuta essere una di quelle volte, se il mangiatore di patatine e fruttini non vi avesse dato degli anni di recupero, ma non si può ambire alla felicità senza soffrire.» mi scoccò un rumoroso bacio su una guancia. «Quando vincerete sarà indimenticabile.»

«Se vinceremo.» obiettai.
«Devi crederci. Potrei quasi tifare per te.» si aprì in un sorriso dolcissimo, che mi fece scordare tutto il resto.

Da Milano col palloneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora