28. Tazza

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"E quando il mondo ti schiaccia provaci anche tu
Tira fuori il bimbo che hai dentro, non nasconderlo più
E ti ho portato due fiori, uno sono io e l'altro sei tu
E vorrei essere anch'io bello come sei bella tu„

Ultimo

Velia

«Ti ho vista ben più...»
«Mario, fuori!» arrossii appena, dandogli uno spintone.
«Stai con Dybala?» fece un mezzo sorrisetto.
«Problemi?»
«No, nessuno. Ti voglio bene, Biondina.» mi abbracciò.

«Lo hai fatto per farmi bagnare, vero?» domandai, staccandomi in fretta.
«Detta così non suona benissimo... che poi, se fate le ore piccole, mica è colpa mia. Io ho dormito più che a sufficienza.» rise, mentre arrossivo di botto.

«Spiegami perché non ti ho ancora mandato a fare in culo.»
«Perché...» iniziò.
«No, non lo voglio sapere.» lo interruppi. «Vado a vestirmi.»
«Concordo. Quella canotta bianca è diventata un po' troppo trasparente.»

Sbattei la porta in modo leggermente esagerato, tanto per enfatizzare il mio disappunto.

«Velia!» sentii Valentino urlare.
«Ha iniziato...» tentai di rispondergli.
«Mario! È un po' che avete superato gli undici, la finite di essere dei bambini?»

«Gne gne gne.» borbottai, prendendo la prima maglietta della pila ed un paio di pantaloni della tuta anche per me.

Paulo, ancora mezzo allibito, indossava già gli abiti che gli avevo dato.

«Fa schifo quella maglia. È dell'Inter.» indicò l'indumento che tenevo in mano. Scese dal letto, facendomi indietreggiare finché non toccai il mobile con la schiena. «E questa cosa non va bene.»
«Paulo, siamo troppo vicini e mi manca la voglia di spiegare agli altri perché non siamo già in cucina.»

«Tu dici che siamo troppo vicini.» soffiò sul mio collo, prima di lasciarci un bacio umido.
«Anche... anche il tuo amichetto laggiù lo dice.» ansimai, non più tanto convinta di volermi staccare.
«Sì? A me pare stia piuttosto bene, invece, quando nei pressi ci sei tu.»

«Paulo, non è il momento.»
«Neanche per il bacio del buongiorno?» si lamentò.
«Velia, sei lenta come la Quaresima!» urlò Mario, bussando alla porta.
«Enock, di' a tuo fratello che è scemo.» sbraitai all'Italoghanese più piccolo, che subito eseguì il mio ordine, aggiungendo ad esso una serie di insulti non meglio distinguibili.

«Se cambi maglia ti lascio andare.» mi distrasse Paulo.
«Non se ne parla.» scattai a destra, verso la porta, al che lui mi sollevò da terra. «Dai, Pau-Pau...»
«Pau-Pau? Cos'è, un nuovo soprannome?» abbassò la guardia quel tanto che mi bastò a raggiungere la porta.

L'Argentino fu più lesto di me a girare la chiave nella serratura, lasciandola cadere nella tasca anteriore dei pantaloni che indossava: zona off-limit, in quelle condizioni.

«Eh ma che due palle, vi siete coalizzati contro di me, sceglimi tu i vestiti che facciamo prima.» sbottai, togliendo il pigiama.
«Ti dona quel reggiseno in pizzo.» ridacchiò.
«Ezechiele!»

«Due magliette di Neymar, una di Griezmann, tre di Mauro, quattro da allenamento dell'Inter con annessi pantaloni e pantaloncini, dei cosi strani...» enumerò.
«Sottotuta.» lo corressi. «Ti voglio bene anche se sembri un maniaco con degli strani problemi verso i miei vestiti.»
«Non sono i tuoi vestiti il mio problema, è il fatto che tu non abbia vestiti normali il mio problema.»

«Nah, qui ho anche dei vestiti normali.» indicai un altro scomparto dell'armadio, da cui lui estrasse subito una maglietta gialla ed un paio di pantaloni neri.
«Geniale, non l'avrei mai detto!» esclamò, quasi commosso.

«Vel, vi sbrigate?» si affacciò Kiara. «Mi serve una mano con quel branco di buzzurri, a partire da Migno (nella foto) che ha avuto la brillante idea di invitare a pranzo mezzo mondo. Dai, scendi anche in reggiseno, fa lo stesso.»
«In reggiseno magari no, i vostri amici sono tutti dei morti di figa.» intervenne Paulo.

«Su quello non c'è dubbio.» rise la pilota. «Potrebbe esserci più gente del previsto.» imboccò le scale.
«Ma siete sempre così tanti?» domandò Paulo. «Io pensavo che fossimo noi Sudamericani ad amare le accozzaglie di gente.»

«Alcuni Italiani sono più caciaroni di altri ed i Romagnoli appartengono a questo primo gruppo. Quando siamo qua è sempre così.» entrai in sala, dove una ventina di persone era impegnata tra chiacchiere e partite a FIFA18.

«Questa cosa dello Juventino ti sta un attimo sfuggendo di mano.» Migno lasciò il bracciolo del divano su cui era stravaccato per venirmi a salutare.
«Anche la tua voglia di invitare gente a pranzo a casa mia, ma non sindaco le tue idee geniali, Patacca.» lo apostrofai. «E stiamo insieme, quindi ti ci dovrai abituare.» alzai le spalle.

«Cosa?! Mi hai fatto male, qui.» si indicò il cuore.
«Se, se, belle balle.» ridacchiai.
«Dai, Mig, era scontato, non hai visto come si guardavano già a Valencia?» intervenne Enea, con un paio di birre tra le mani per i suoi compagni di squadra. «Siete bellini, Vel.» sorrise poi.

«Paulo, Enea, quello della tazza. Enea, Paulo, il mio ragazzo.» feci le presentazioni.
«Piacere.» gli porse la mano Paulo che forse, per la prima volta, aveva trovato qualcuno che non gli stesse del tutto antipatico.
«Piacere mio.» ricambiò la stretta il pilota. «Vuoi anche tu una tazza?»

Da Milano col palloneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora