"Mi piacerebbe essere ricordato come uno che faceva emozionare quando c'era una sua gara."
Marco Simoncelli
Velia
«Lo United? Ma andare fino a Manchester...» Paulo ci passò di fianco, senza nemmeno pensare di gettare un'occhiata verso la cucina, nella quale io ed Alicia ci stavamo dando da fare per preparare la cena. «In Inghilterra fa freddo.» continuò, entrando in camera.
«Non ho parole.» sogghignò Alicia, mentre finiva di farcire le empanadas. «Se non avesse la testa attaccata al collo, dimenticherebbe pure quella.»«E, peggio ancora, non si accorgerebbe di averlo fatto.» commentai, quando Paulo transitò di nuovo davanti alla cucina, una sola calza in mano ed il cappuccio della felpa che si era appena infilato ancora sulla testa. «Neanche Tommaso perde le calze in giro per casa.» sbuffai, ridendo.
«È l'unico motivo per cui sono contenta che non viva più con me.» rise anche lei. «Paulo, per caso non hai perso anche il cervello?» lo richiamò.«Mam... mamma!» esclamò lui, voltandosi di scatto a guardarla. «Cosa ci fai qui?» le chiese, prima di stringerla in un abbraccio dolcissimo.
«Preparo la cena, non si vede?» indicò il bancone della cucina.
«Non intendevo quello.» ridacchiò lui, dondolandosi tra le braccia di sua madre. Alzò lo sguardo su di me e mi regalò un sorriso carico di amore.«Ciao Ezechiele.» gli mandai un bacio volante, stendendo la tovaglia sul tavolo. «Buon compleanno.»
«Come state?» mi accarezzò la pancia.
«Bene, bene.» posai una mano sulla sua. «Pensavi sul serio che la tua magica famiglia, ti abbandonasse il giorno del tuo compleanno?»
«In realtà non pensavo.» ammise, ridendo.
«Mi sembra più che giusto avere un cervello per non usarlo.» commentai, ironica.La cena trascorse amabilmente tra chiacchiere ed aneddoti vari, in seguito Paulo insisté per lavare i piatti al mio posto, mentre Alicia preferì andare a dormire, il fuso orario era una brutta bestia ed io la capivo perfettamente.
«Guardiamo un film?» mi chiese Paulo, accendendo la tv, facendomi cadere sul divano al suo fianco.
«Come vuoi, la mia giornata non è stata particolarmente faticosa.» mi posai alla sua spalla.
«Sono felice che tu sia qui.» sorrise contro la mia fronte, mentre faceva zapping su Sky. «Che voi siate qui. Si muove tanto la mia piccolina?»«Non più del...» mi bloccai un attimo, cercando di identificare quale gara stessero trasmettendo in replica su Sky Sport MotoGP. «Sepang, Malesia, 19 ottobre 2008, Classe 250. Marco odiava quel circuito, il calore sprigionato dalla tuta a contatto con la pelle. La lasciava in frigorifero fino all'ultimo, prima di scendere in pista.» sussurrai.
«Sono strani, i piloti.» sorrise Paulo, accarezzandomi la testa.
«Ogni tanto.» annuii. «Ero là, quel giorno, quando Marco ha vinto il Mondiale. Mamma e papà avevano da fare in Malesia e non erano riusciti a trovare qualcuno che ci tenesse...»
«Quindi adesso compare una piccola Velia?»«Al parco chiuso.» risposi affermativamente. «I soldi ti consentono di fare un sacco di cose. Eccomi.» indicai il teleschermo. «E quello è Vale.»
«Com'eravate piccoli!» esclamò.
«E felici. Tre anni dopo non è stato lo stesso.» abbassai lo sguardo sulla punta delle dita. «23 ottobre 2011. Uno dei giorni più brutti della mia vita.»«Io e Vale incrociamo Marco nel paddock, stiamo tornando dal podio, perché mio fratello ha fatto secondo. Non è stata una bella gara ma un podio non si butta mai via. Marco ci abbraccia, non lo conosciamo bene ma il suo modo di fare, il suo carisma... Marco è Marco.» sorrisi appena. «La gara di MotoGP, però, dura quattro minuti quattro. Quattro minuti in cui finisce tutto. Per sempre.»
«È il ragazzo di Capodanno.» asserì.
«Sì. Questo è il tracciato di Sepang.» disegnai la pista sul retro di uno scontrino. «Tornante velocissimo in salita, poi curva 11. Il Sic non la prende benissimo e scivola. Una caduta come tante. L'anteriore si chiude e la moto parte verso l'esterno. Normale. Succede. Marco, però, resta incastrato sotto la moto, forse con il piede destro.» mi presi una piccola pausa.«La moto sobbalza e torna al centro della pista, insieme al pilota. Marco è quarto, ci sono ancora una quindicina di piloti che devono sopraggiungere. Nicky ed Álvaro lo evitano per miracolo, Colin e Valentino sono troppo veloci, troppo in piega, troppo vicini: non hanno il tempo fisico di spostarsi. Marco, nell'impatto devastante con la moto di Colin, perde il casco e striscia sull'asfalto a faccia in giù. Valentino riesce a mantenere in piedi la moto, mentre Colin ed il casco di Marco rotolano nell'erba per un tempo infinito.»
«È Carmelo Ezpeleta, il boss che ha saldamente in mano le redini di tutta la macchina MotoGP, a raggiungerci nel box di Valentino Rossi. Insieme a noi c'è anche Loris, un altro pilota, che sta cercando di convincersi e convincerci che non sia così.» mi spostai una ciocca di capelli dalla faccia. «Carmelo non parla. Marco, immobile al centro della pista, è morto. Lo sappiamo tutti. C'è un silenzio pesante e straziante che aleggia nell'aria, il silenzio di quando si prova a realizzare... sai come funzionano queste cose.»
«Sì, anche se non vorrei.» sorrise amaramente.
«Marco era ragazzo alla mano, sempre sorridente, di quelli che ti migliorano la giornata. Mi piace pensare che, se non fosse andata così, ora anche lui infastidirebbe Vale per il primo posto in Campionato. Ed, alla fine, posso volere a Marc tutto il bene del mondo, però con il Sic era un'altra storia. Era uno di quelli che ti entrano dentro e si aggrappano a quell'angolino di cuore che neanche sai di avere, per non uscire più.»
STAI LEGGENDO
Da Milano col pallone
FanfictionQuando, alla fine del 2017, Paulo Dybala aveva lasciato la sua storica ragazza, Antonella Cavalieri, non si aspettava che Federico Bernardeschi lo coinvolgesse in un vero e proprio inseguimento, organizzato al solo scopo di trovare una nuova fidanz...