46. Fratellino

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"Per un bimbo l'infanzia più rosea
Dipende dai genitori e non da quante cose ha
Nel mondo dei grandi„

Emis Killa

09/04/2018

Velia

"Cosa pensi della gara di ieri?" recitava la domanda che mi aveva scritto un qualche fan in seguito alla storia che avevo postato su Instagram. La MotoGP aveva appena fatto tappa a Termas de Rio Hondo, in Argentina.

Jack Miller era partito in pole, tre file davanti agli altri, che avevano sbagliato la scelta degli pneumatici, per poi cadere a metà gara, a causa di quell'asfalto né asciutto né bagnato che lo aveva inizialmente premiato e poi tradito.

Valentino - mio fratello - aveva dominato la domenica, stravincendo la gara. Valentino - Rossi - aveva visto i suoi sogni di una domenica fantastica, l'ennesima, sgretolarsi con l'arrivo di Márquez, passando sul traguardo diciannovesimo.

Il Catalano si era dato alla pazza gioia: la penalizzazione per aver percorso contromano la griglia di partenza in seguito allo spegnimento della sua Honda era solo una goccia d'acqua di tutto l'Oceano Atlantico. La sua aggressiva rimonta dall'ultima piazza era terminata quando, a ridosso del sesto posto, aveva avuto la brillante idea di azzardare un sorpasso impossibile ai danni di Rossi che, spinto al limite della pista, era caduto, insieme alle speranze di raddrizzare un weekend iniziato male e finito peggio.

«Non penso, ragazzi.» esordii, davanti alla telecamera. «Márquez in partenza ha fatto una manovra scorretta, cosciente di cosa stesse facendo. Si è divertito con sorpassi al limite che non mi hanno divertita, perché Vale ha vinto ma Valentino no. Il mio cuore è diviso in due.» sospirai. «Forse, però, pende dal lato triste. Un po' come in campionato, no? Ha vinto anche la parte giusta di Torino ma contro di noi.» interruppi il video sorridendo mesta, riferendomi al trionfo della Juve - che bello era Paulo, dopo quella tripletta a Benevento? - e alla sconfitta dell'Inter contro i Granata.

Mi lasciai cadere sul letto e chiusi gli occhi un quarto d'ora.

«Mamma, papà!» esclamò Tommaso, in videochiamata, appoggiando il computer sul tavolo, mentre un brusio dal marcato accento Spagnolo - nostro figlio era ospite in casa Icardi - si levava dal salotto. «Shh, sono al telefono!» sbottò poco dopo, spingendo dolcemente Francesca, come a volerla mandare in un'altra stanza.

«Ehi, piccolino, come va?» domandò mio fratello, stravaccato sul letto, con un braccio dietro la testa.
«Beniiiiissimo! È bello avere dei fratellini e delle sorelline.»

«Vero? Anch'io lo dico sempre alla mamma, ma lei non si dà da fare.» gli rispose Valentino.
«Anche tu, caro, potresti darti da fare!» lo rimproverai. «Solo che poi non ti ritrovi impegnato per nove mesi.»

«Ok, cambiamo argomento.» intervenne Tommaso, ridendo. «I vostri genitori hanno mandato questa.» sventolò una busta.
«I tuoi nonni.» risi: nessuno di noi li amava particolarmente, nonostante dovessimo loro la vita. «Apro?»
«Apri.»

Trafficò un po' con il tagliacarte, poi estrasse un foglio A4 piegato in tre parti, fittamente scritto per metà.

«Egregia prole.» iniziò a leggere, al che io e Vale scoppiammo a ridere. «Un po' di serietà, insomma! Dicevo: egregia prole, quale aria tira dalle vostre parti? Qui, in Giappone, è la stagione dei ciliegi in fiore..

«Anche qua dietro c'è un ciliegio in fiore.» dissi, inquadrando la finestra alle mie spalle.
«Velia!» mi richiamò Valentino.

«Vogliono presentarvi i vostri promessi sposi.» ci richiamò Tommaso, che aveva concluso la lettura.
«Cosa?!» quasi mi strozzai con la mia stessa saliva.

«Ci trasferiamo su Marte?» domandò Valentino.
«Io voto la Luna.»
«Plutone!» proposi.

«Non è vero.» piagnucolò mio fratello.
«No?» chiese Tommaso, inquadrando quello che, effettivamente, recitava la lettera.
«Dopo metà Giugno, tu devi finire la scuola.» disse allora Vale, pensata una scusa abbastanza credibile.

«C'è un piccolo problema...» intervenni.
«Problema del tipo?»
«Márquez.» sputai. «Ho perso una scommessa, devo andarci in vacanza. A Giugno.»
«Ottimo! A posto fino a Luglio.»
«Vale...»

«Perché hai perso una scommessa con quello?» domandò Tommi.
«Sono andata a letto con Paulo.» dissi, senza preoccuparmi troppo dei soli nove anni di nostro figlio: sapeva come funzionavano certe cose. Era dovuto crescere in fretta, sotto molti punti di vista, ma avevamo cercato di dargli tutto quello che i nostri genitori non ci avevano mai dato.

«Mamma, che schifo!» storse il naso.
«Come pensi di essere nato tu, eh?» gli chiesi, retorica.

«Sì, ma... aspetta, aspetta. Quindi, se quello non si mette in mezzo con le sue vacanze stupide e voi non litigate, potrei avere un fratellino
«Tu corri troppo, ragazzino.» lo ammonii.

«Un fratellino, un fratellino!» urlò lui, battendo le mani.
«Forse, un giorno...» si intromise Vale, cosa che catturò l'attenzione di nostro figlio.

«Papà? Davvero? Due fratellini, due fratellini!»
«Vale!» gli urlai contro, ridendo. «Sei uno stupido, manco hai una ragazza.»

«Ne ho anche troppe di ragazze.» ammiccò. «Ma era tutto riferito a te. Tu più Dybala uguale fratellini. Io ho già dato.»
«Vi siete messi d'accordo alle mie spalle?» li guardai, al che entrambi finsero di non sapere nulla. «Se pensate ad un nome ed io penso a convincere Paulo?»

«Davvero?!» esclamò Tommaso.
«Non prima degli Europei.» frenai il suo entusiasmo.
«Agosto... ci sta.» annuì Valentino, tra sé e sé.
«E non vi prometto nulla.»

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