(51 )La Cena

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Vado incontro a questa cena con un peso addosso. Sembra di essere sotto delle macerie che mi schiacciano piano piano, se soltanto provo a muovermi sarei travolta senza pietà.

Devo sopportare tutto in silenzio, non devo lamentarmi di nulla, non devo far capire che sto fremendo dentro di me per una cosa che con loro non c'entrava assolutamente. In pratica la carne deve cuocere al mio interno.

In auto non rivolgo né la parola né uno sguardo ad Ethan. Siamo soli in questa macchina perché Mark ha deciso così. Non mi oppongo perché ho capito che ha qualche piano. Di lui posso fidarmi.

La musica deve far rilassare l'atmosfera in questa stupida auto, ma forse è la mia presenza che la fa crescere come un lievito pronto a gonfiare il suo impasto, ed io mi sento dentro ad un'impastatrice che lavora, sbatte il miscuglio senza pietà.

Finalmente arriviamo, entriamo e veniamo accolti da un signore di una certa età. Io indosso dei pantaloni lunghi neri, con una camicia dello stesso colore,come anche le scarpe. Dal mio abbigliamento si capisce il mio umore. Mi vado a sedere dove indicato e di fronte mi ritrovo questo stupido. Ormai è così che l'ho etichettato. Voglio essere gentile infondo,perché so che si merita di più.

Mi volto a guardare il panorama che è al di fuori di questo sfarzoso ristorante. Il mio riflesso nella grande vetrata alla mia sinistra, mi riflette troppo bene. Posso leggere all'interno dei miei occhi la voglia di scappare da questo posto. Cerco di andare oltre, così mi concentro sul giardino che viene illuminato da delle lucine messe in fila per disegnare la strada che porta nel cuore di questa distesa verde.

Inizio a fantasticare su una serata romantica, mentre il mio Ade mi prende per mano. Questo pronome possessivo mi piace.
Inizia così la mia fantasia, non curante di chi intorno a questo tavolo avrebbe potuto vedere benissimo il mio riflesso perso in un film che riuscivo a vedere solo io.

Con le mani unite in un intreccio fatto per non lasciarsi, ci addrentiamo in questo piccolo parco, la sua calda mano che stringe la mia sottile vite, i miei capelli lunghi che ondeggiano ad ogni mio passo,il mio fiato affannoso a causa della sua troppa vicinanza.

Il calore del suo corpo riesco a sentirlo fin dentro le ossa e sono sicura che non dipende dalla temperatura estiva, no... questo è l'effetto che lui ha su di me.

Mi sussurra frasi sconcie all'orecchio facendomi arrossire, ma sperando che metta in atto ciò che lui mi sta sussurrando.

<Ti prenderei qui, in questo prato, mescolando i nostri gemiti al canto dei grilli... > sento le sue mani scorrere all'interno delle mie cosce, dove una volta arrivato in cima con dito sfiora la mia intimità. Istintivamente stringo le gambe per placare la pulsazione che ho sempre sentito quando ero con lui.

Ma come al solito deve esagerare, perché lui è l'esasperazione in persona <Vedi quell'albero grande, - e i miei occhi vanno alla ricerca immediata di questo enorme albero, continua mentre il suo caldo fiato fa da condensa tra la sua bocca e il mio orecchio... esattamente io ti nasconderei lì dietro, perché nessuno deve vedere ciò che è mio. Ti farei aggrappare alle mie spalle, mentre le mie spinte ti farebbero graffiare la schiena scoperta da questo splendido vestito, spingerei in te fino a far cadere anche le foglie dai rami, esattamente come cadrai tu e tuoi umori caldi sul mio cazzo.... >

Senza che me ne accorga lascio andare un sospiro. Ormai mi sono persa nella mia fantasia. Sto godendo come quando ero con lui, sento le sue mani sulla pelle, sento i calli dei suoi palmi che sfregano contro le mie cosce, sento uno strattone, allargo le gambe per facilitarlo, sobbalzo come se lui mi avesse penetrato con la sua irruenza, come solo lui sapeva fare dentro di me.

Ma vengo risvegliata da ciò che adesso è il mio incubo. Mi volto e trovo Ethan che mi tira dal braccio. Ecco chi mi ha strattonato. Sono accaldata , sto sudando e mi sento smarrita. Mi guardo intorno per capire cosa sia successo, ma trovo occhi sorpresi che mi scrutano non capendo cosa mi stia succedendo.

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