Capitolo 5

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Melanie

Dopo 3 ore e mezza passate fuori casa, torno e non appena entro trovo subito mia madre in salotto.

Si avvicina a me in sedia a rotelle dandosi la spinta con le braccia.

«Melanie dove cavolo sei stata, hai fatto preoccupare tutti» mi sgrida lei.

Dalla cucina vedo apparire mio padre, Leila e Jason.
Tutti e 3 visibilmente preoccupati.

Jason è furioso. Mi sta odiando, più di quanto già non lo faccia.

«Allora? Hai sentito tua madre? Dove cazzo sei stata Melanie» urla mio padre.

«Calmati, ero andata a fare un giro da sola, tutto qua» ammetto e questa volta è la verità. Avevo soltanto bisogno di calmare la rabbia e la frustrazione.

«Dovevi uscire con Jason, invece l'hai lasciato da solo e te ne sei andata» continua a dire mio padre.

Poso lo sguardo su Jason e lo guardo male.
Come sempre non ha raccontato tutta la verità, ma quella piccola parte che gli faceva comodo.

«Quando non ti abbiamo visto rientrare con lui ci siamo spaventati» aggiunge.

«Mi dispiace» dico scusandomi.

«Vai in camera tua» mi ordina indicando le scale.

«Papà!». Non sono più una bambina. Non può dirmi quello che devo o non devo fare, specialmente davanti ad altre persone.

«Ho detto, fila in camera tua» ringhia.

Guardo mia madre.

Lei scuote la testa dispiaciuta e dopo aver capito come stavano le cose, vado in camera mia e mi chiudo a chiave.

Mi vado a stendere sul letto, nervosa più che mai.

Come si permette? Posso capire che è mio padre, ma mi ha appena trattato come una bambina di 5 anni.

Quando sento bussare alla porta, mi alzo a sedere e dico: «Papà se sei te, vattene a quel paese».

«Non sono tuo padre, aprimi», la sua voce la riconoscerei anche tra mille persone.

«Jason vattene».

«Ti conviene aprirmi» mi avverte.

«Pure tu adesso mi dai ordini?» domando sarcasticamente.

«Ho detto aprimi cazzo», tira un calcio alla porta e subito mi affretto ad aprila.

«Ma sei matto? Potevi romperla e..», con un'altro calcio la chiude alle sue spalle ed io finisco addosso alla parete con la sua mano avvolta intorno al collo.

È a un passo dal mio viso.

Cosa sta succedendo?

«Non farlo mai più, ti è chiaro?» ringhia inferocito.

«Fare cosa?».

«Scappare senza dire niente a nessuno. Quando sono tornato a casa e mi hanno chiesto dove fossi finita mi sono ritrovato nella merda, non lo sapevo, ma ti rendi conto? Credevo tu fossi tornata a casa ma era troppo maturo da parte tua, dovevo immaginarmelo», stringe forte la mascella e non smette di guardarmi negli occhi.

«Come ti permetti?», cerco di liberarmi dalla sua presa ma è troppo salda.

«Sei una grandissima stronza a credere che il mondo giri solo intorno a te. Hai avuto troppo nella vita e questi sono i risultati, se solo tu sapessi vivere nel mondo non ti comporteresti così» ribatte.

«Ehi, ma che ti prende oggi? Se ti è morto un padre non è colpa mia perciò non scaricare la tua rabbia su di me. Anche tuo fratello soffre eppure? Mi adora e ogni volta che ci vediamo in giro mi saluta, a differenza tua» gli rinfaccio.

Improvvisamente tira un cazzotto alla parete e si allontana. Sobbalzo e il cuore mi batte all'impazzata.

«Questo non lo dovevi dire cazzo» urla.

Intimorita me ne rimango dove sono in silenzio e aspetto che si calmi.

One night more Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora