Capitolo 66

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Melanie

«Ti piace qui?» chiede lui parcheggiando la macchina a un passo dal mare.

«A chi non piace Santa Monica?» domando.

Ebbene si. Ha avuto la brillante idea di guidare per quattro ore e mezzo fino a Santa Monica..
Quando me lo ha detto non ci volevo credere, ma d'altronde bisogna aspettarsi di tutto da Jason.

«Passeggiamo un po'?».

«Sì certo» rispondo prima ancora di scendere dall'auto.

Lui fa lo stesso la chiudo a chiave.

«Comunque, forse non lo ha dato molto a vedere ma sono davvero contento che tu abbia scelto di venire con me a Los Angeles. Non mi andava di lasciarti qui insieme ai ragazzi, non perché avessi qualcosa in contrario però mia madre mi avrebbe rotto» inizia a dire.

Proprio in quel momento lo guardo e l'ultima parte del suo discorso mi piace un po' meno. 

Quindi non mi vuole con me a Los Angeles?
Lo ha fatto solo per sua madre. 

«Devo dire che non sono durata molto in questa città» commento dispiaciuta.

«Siamo in due» replica.

«I tuoi li hai più sentiti?» domanda guardandomi.

Lo sguardo puntato a dritto mi porta a guardare l'asfalto.

«Sì, li sento tutti i giorni» rispondo.

«Tua mamma come sta?».

«Abbastanza bene, ultimamente è giù per la mia assenza ma piano piano ci farà l'abitudine. D'altronde adesso la casa è vuota e purtroppo sono rimasti solo loro due» spiego.

«È normale, quando mio fratello ha fatto lo stesso mia madre era molto giù e non oso immaginare come sta adesso stando in casa da sola 24 ore su 24».

«Credo che tua madre sia la donna più forte che io conosca dopo mia madre, perciò la supererà tranquillamente» ammetto e mi giro per guardarlo. 

«Il trasferimento di un figlio o la convivenza insieme ad un'altra persona, per una madre è sempre difficile da accettare però alla fine mi ha pur sempre con sé. Potremmo vederci quando vuole e se hai bisogno io ci sono. Siamo lontani fisicamente ma sostanzialmente siamo molto più vicini di prima».

«È e sarà esattamente così» aggiungo.

Lui annuisce fino a fermarsi su una panchina.

«Mi rilassa il mare» confessa.

Con la coda dell'occhio lo guardo e sorrido.

«Se posso chiedere... perché?».

«Non saprei... le onde, il loro rumore e quel ritmo mi trasmettono tranquillità» dichiara.

«Devo ammettere che hai proprio ragione, io da piccola mi addormentavo sempre incolla mio padre quando venivamo, specialmente d'inverno, fare delle lunghe passeggiate al mare» spiego.

«Io sinceramente prima della morte di mio padre non ci venivo quasi mai, avevo altro a cui pensare. Poi però ho incominciato ad avere un periodo strano e abbastanza turbolento perciò mi sono dato da fare e ho cercato di trovare la pace da solo. Ho provato a lavorare dalla mattina alla sera, facendo anche degli extra per evitare di pensare alla sua morte ma non ci sono riuscito. Così ho incominciato a guidare la macchina di mia madre fin quando una sera non mi ritrovai sulla spiaggia e fu lì che capii quanto quel posto mi faceva stare bene», la sua voce è pura.

Sta forse spogliando la sua anima davanti a me?

«Non starò qui a dirti che papà ci sarà sempre, perché come minimo mi manderesti in culo però per qualsiasi cosa ci sono».

Il suo sguardo si posa su di me.
Quegli occhi mi guardano intensamente ed è difficile distogliere lo sguardo.

«Incredibile da credere ma grazie».

«Ricordati Jason che io non sono te» ripeto.

«Lo so ma non sono abituato a persone che mi stanno accanto perciò mi fa strano» mi ricorda.

«Lo capisco».

«Magari non ora, ma più avanti voglio parlarti di molte cose che non sai di me. Spero soltanto che tu capisca e che resti malgrado tutto», i suoi occhi non smettono di fissare i miei.

Non sapendo cosa dire poso la testa sulla sua spalle e continuo a guardare il mare.

One night more Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora