Capitolo 30

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Jason

Mentre aggiusto la moto del mio collega Chuck sento dei passi provenire da dietro di me.

«Da quando ripari moto di nascosto?».

Proprio in quel momento, essendo piegato per terra, sbatto contro la moto e la chiave inglese, che avevo appoggiato sulla sella di pelle, mi cade in testa.

Impreco e lei scoppia a ridere.

«Perché mi hai seguito fin qui? Sbaglio o il tuo divertimento è finito? Me l'hai detto giusto un'ora fa se non di più».

Lei annuisce e a quel punto riprendo a lavorare.

«Non dovresti essere dentro a lavorare insieme agli altri?» chiede.

Di scatto mi alzo in piedi e mi volto verso di lei.

«So di dover essere lì dentro, ma questi non sono cazzi tuoi. Appena finirò qua tornerò dentro, adesso hai finito di domandare?».

«Volevo semplicemente ringraziarti» ammette.

«Prima mi butti merda addosso e dopo mi ringrazi?», mi pulisco le mani con un canovaccio dall'olio di ingranaggi.

«Ti volevo ringraziare per aver dato questa opportunità a Collin, era felice stamani» rivela.

La guardo storto e sospiro.

«Non gli ho fatto un piacere. Sembra volerlo davvero questo lavoro ed è un ragazzo volenteroso. Qui abbiamo bisogno di gente come lui e siccome tra meno di una settimana partirò, sono contento di lasciargli il mio posto» confesso.

«Lo so».

«Adesso che mi hai ringraziato puoi andartene?» chiedo poco dopo.

«Non dirmi che ti sei offeso stamani», lentamente si avvicina a me.

«Rimangono offese solo le persone che hanno un cuore, io non l'ho, perciò no».

«Ora ti riconosco», mi strappa dalle mani il canovaccio e si piega in avanti per raccattare la chiave inglese.

«Cosa stai facendo?» domando.

«Niente. Ti era semplicemente caduta questa», mentre si rialza posa una mano sul cavallo dei jeans e mi sorride con fare divertito.

«Non ti capisco».

«Desidero soltanto che tu mi stia lontano», posa una mano sul mio petto e mi guarda negli occhi.

«Sai secondo me cos'è quello che desideri davvero?», le strappo la chiave inglese dalle mani e la rimetto nel cassetta degli attrezzi.

«Cosa?».

«Ho capito cosa stai facendo. Fai di tutto pur di allontanarmi perché sai anche tu che quando sei con me non ti vergogni di mostrarmi come sei davvero. Mostri a me le tue debolezze e questa cosa ti spaventa perché non ti è mai successa con nessuno», mi avvicino a lei e il suo sguardo si posa sulle mie labbra.

«Ne parli come se questa cosa non ti stupisse» ribatte lei infilando una mano sotto la canottiera.

Mi graffia lentamente la schiena ed io cerco di trattenermi.

Sono sul posto di lavoro. Non posso rischiare di perdere il controllo proprio qui.

«Non mi stupisce infatti, io ho fatto lo stesso. Ho cercato di allontanarti, di trattarti male a tal punto da farmi odiare, ma...», mi interrompe e dice: «C'è qualcosa che ti lega a me».

«Solo quando mi trasferirò a Las Vegas riuscirò a liberarmi di te» dichiaro.

«E fin quando non sarai lì?» chiede.

«Continuerò ad infastidirti» rispondo.

«E come? Così forse...?», si avvicina alle mie labbra e succhia il mio labbro inferiore.

La mia mano destra finisce intorno al suo collo.

«Smettila, ci lavoro io qui».

«Altrimenti?», alza un sopracciglio e mi guarda con aria di sfida.

Detesto questa donna.

«Jason sei qui?».

In lontananza sento la voce del mio collega e subito si stacca da me. Si gratta la testa e si gira di spalle.

Quando nota che insieme a me c'è anche lei, arrossisce e si scusa subito.

«Disturbo?» chiede fermandosi.

«No, stavo giusto per andarmene. Buon proseguimento» risponde Melanie dando una pacca sulla spalla al ragazzo difronte a noi.

Cerco di trattenere un sorriso divertito e riprendo a lavorare. Chuck mi gira intorno e si ferma davanti a me.

«È la tua ragazza?».

«Non ho mai avuto una ragazza. Non fanno per me le relazioni, tu dovresti saperlo» replico ricordandogli l'accaduto con un'ex collega nostra.

«Hai ragione».

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