Capitolo 98

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Jason

«Questo non sarà per sempre», la sua voce trema impedendomi di seguirla con il suo discorso.

«Che cosa?» chiedo. 

«Questo. Noi» risponde.

Per un attimo mi manca l'aria.

«Non ti seguo».

«Ti ho sentito parlare con mio padre e onestamente ti facevo molto più furbo». Mi impietrisco subito.

Merda, merda, merda.

«Ti posso spiegare...» inizio a dire ma vengo interrotto da lei che dice: «Credo che tu abbia detto già abbastanza».

«No, non sai proprio un cazzo Melanie e fin quando non mi ascolterai non ti farò uscire da qui» ringhio rabbioso e risoluto.

«Posso pure restare qui fino a oggi, ma onestamente la mia decisione l'ho già presa» rivela. 

«E quale sarebbe?».

«Oggi stesso farò la valigia e me ne tornerò a casa».

«Non voglio che tu lo faccia» mi affretto a dire.

«Non mi importa di quello che vuoi, lo capisci? A te non è importato di come potessi sentirmi una volta scoperta la verità. Ti rendi conto di quello che mi hai nascosto? Hai agito alle mie spalle vendendo una cosa di famiglia e per di più nascondendomi di mio padre e Margaret. Sapevi quanto la loro relazione in passato mi avesse fatto male e quanto tuttora mi distruggeva l'idea che mio padre potesse tradire mia madre in quelle uscite sospettose» mi urla contro mentre si alza di scatto dal letto.

Abbasso lo sguardo e mi prendo la testa tra le mani.

Odio quando mi urla contro in questo modo, ma ha tutte le ragioni del mondo per farlo.

«Mi dispiace, ma se mi sono comportato in questo
modo è per una ragione» aggiungo.

«Sentiamo... Quale?».

«Non volevo ferirti. Non spettava a me dirti determinate cose. Sicuramente ho la completa colpa di quanto accaduto con il furgone, ma sulla questione "Margaret" io non c'entravo proprio niente» rispondo prendendomi tutte le mie responsabilità.

«Io al tuo posto avrei fatto di tutto pur di non tenerti nascosto niente. Ma come sempre io sono quella buona, quella che farebbe di tutto per gli altri e tutto questo è solo colpa tua. Prima di riallacciare i rapporti con te non ero così, studiando questo cambiamento tanto quanto attualmente sto odiando te» dichiara avviandosi verso la porta.

«Fermati» le urlo dietro mentre la rincorro.

«Mamma hai chiamato un taxi?» urla Melanie mentre scende le scale. Dal piano inferiore non si sentono sussulti.

«Melanie aspetta, lasciami finire».

Arrivati al piano di sotto capisco che siamo soli.
Ringrazio il signore!!

«Dove sono andati?» chiede voltandosi verso di me.

«E lo chiedi a me? Non lo so e onestamente non mi importa niente di loro, mi importa di te» rispondo.

Scoppia ridere improvvisamente e ciò mi rende ancora più vulnerabile. Sto cercando in tutti modi di reperire la rabbia e di reprimerla dentro me stesso, ma sta facendo uscire il peggio di me e non è quello che voglio.

«Ah sì? Ora ti importa di me, prima? Fino a ieri ti importava? Te lo chiedo perché non ti sei fatto problemi a mentirmi per mesi e mesi» mi rinfaccia.

«Ti sto chiedendo scusa, più che questo non so cosa fare», cerco di avvicinarmi ma lei mi respinge.

«Credi che delle scuse bastino a riparare tutto? Mi hai mentito proprio nel momento peggiore, proprio quando mi stavo innamorando di te, o meglio dire, mentre lo stavo imparando ad accettare», il sangue mi si gela. Ho sentito bene?

«Nulla è perduto se lo vuoi davvero».

«Io non voglio più niente da te Jason», scuote la testa e inizia a indietreggiare.

«Non ti credo».

«Credici invece, perché te ne darò la prova oggi stesso» ammette.

«Ti prego Melanie». Il mio tono supplichevole è veramente pietoso, ma non posso fare altrimenti.
Non voglio che se ne vada.

«Ho cercato di dirtelo così tante volte. Ho riflettuto molto prima di vendere il furgone di tuo padre, temevo che succedesse il peggio ma...», mi interrompe e dire: «Ma te ne sei fregato e hai fatto come credevi, non è così?».

«Non me ne sono mai fregato di te, mai. Smettila di dire cose che non ho mai detto. Sei tutto per me, lo vuoi capire?», bruscamente l'addosso alla parete bloccandole i polsi sopra la testa.

«Non me l'hai dimostrato» dice calma sulle mie labbra.

«Lo so e mi dispiace, ma posso rimediare. Dammi solo una possibilità. Vedrai che a Los Angeles sarà tutto più semplice. Potremmo iniziare da capo e dimenticarci del resto», le afferro il viso con entrambe le mani mentre scuote la testa.

«Io non dimentico, archivio soltanto e al momento non voglio farlo. Non verrò con te a Los Angeles, ho bisogno di starti lontana».

«Non ci riuscirai», le fisso costantemente le labbra mentre mi avvicino di nuovo.

«Ci proverò. Farà bene ad entrambi e preferirei che tu non insistessi. Se tieni a me quanto dici lasciami andare» mi scongiura.

Capendo il suo bisogno, mi stacco da lei e dico: «Va bene non insisto».

Niente va bene. Non va un cazzo bene, ma ha chiaramente bisogno di spazio e questo è l'unico modo che ho ora come ora per dimostrarle che sono pentito e che voglio il meglio per lei.

Fosse questa sarà la mia rivincita. Per la prima volta mostrerò a qualcuno che il mio egoismo può essere soppresso se ci sono di mezzo dei sentimenti.

«Che hai intenzione di fare quindi?».

«Adesso voglio andare in camera, fare la valigia e trovare i miei» risponde.

«Vai su, chiamerò io tua madre per sentire dov'è» le ordino e lei annuisce.

Senza aggiungere altro si avvia al piano superiore ed io rimango da solo.

One night more Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora