Capitolo 82

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Jason

«Da quanto sei qui?» chiedo bevendo un po' d'acqua.

«Da stamani» risponde.

Sgrano gli occhi, sorpreso dalla sua risposta.

«E perché sei rimasta?».

«Volevo accertarmi che tu stessi bene», scende dal letto e si avvicina a me. Io, a sedere sul bordo, allargo le gambe e lei ci si infila in mezzo.

«Mi hanno detto che volendo posso utilizzare questo più volte al giorno fin quando non ne sentirò più il bisogno» ammetto porgendogli il ghiaccio.

«Mi hai fatto spaventare da morire lo sai vero?», la sua mano inizia a tremare sulla mia gamba.

«Mi dispiace».

«Quando te la senti ti va di raccontarmi cos'è successo?» domanda ed io annuisco.

Al momento non voglio parlarne, voglio sono circondarmi dalla sua presenza. Mi basta questo.

«Adesso dovrai stare a riposo per un po' caro», il suo dito mi si punta contro.

«Martedì mattina devo uscire, farò presto» rivelo.

«Non se ne parla Jason, devi stare a riposo. Non te l'ha detto il dottore?» chiede.

«Sì me l'ha detto ma devo fare una cosa urgente, perciò non provare a convincermi perché faccio come mi pare. Solo perché sto così non significa che mi farò comandare dagli altri», il mio tono è talmente freddo e acido che mi fa ricordare già da solo quanto sia uno stronzo.

«Va bene scusa», si stacca da me e arretra di due passi. Rimango impassibile e continuo a stare seduto sul letto mentre la fisso.

«Vado a sentire quando ti dimettono», mentre si avvia verso la porta capisco di dover far qualcosa. Di scatto mi alzo in piedi e mi avvicino a lei, ma un forte dolore mi colpisce il costato.

Impreco e lei corre subito verso di me.

«Ma sei matto? Hai sentito che cosa ti ha detto il dottore? Devi evitare pesi, sforzi inutili e tanto meno scatti del genere. Se continuerai a non prenderti cura di te stesso arriverai ad un punto dove non resisterei più dal dolore e non potrà mai guarirti così» mi ricorda con tono autoritario.

«Non volevo che te ne andassi. Ti ho risposto male e ti chiedo scusa», i miei occhi incrociano i suoi dopo aver smesso di fissare il pavimento.

Un sorriso sincero si accenna sul suo viso.

«Qui facciamo dei grandi passi avanti eh».

«Cioè?».

«Stai ammettendo i tuoi errori e ne sono orgogliosa, infondo... è il minimo per un ragazzo di 25 anni».

«Non succederà mai più sappilo» la avverto e lei scoppia a ridere.

Scuote la testa e dice: «Sei sempre il solito».

Per quanto mi piaccia passare il tempo a ridere e scherzare insieme a lei, l'attenzione non mi resta che prestarla sul dolore costante che mi sta facendo urtare.

«Puoi andare a sentire quando mi dimettono? Voglio tornare a casa il prima possibile. Ho bisogno di sdraiarmi ti giuro» confesso toccandomi il lato destro.

«Vado, tu adesso sdraiati sul letto. Metti un po' di ghiaccio lì dove hai dolore e se vuoi chiama tua madre, è giusto che sappia dell'accaduto» replica.

«Sì», mi avvicino lentamente al letto, proprio come ordinato da lei, e mi ci sdraio. Un forte dolore percorre il mio fianco e subito impreco fortemente.

Mentre digito il numero di mia madre mi preparo già mentalmente ad affrontare le sue mille domande. 

Prendo coraggio e pigio il tasto verde.
Il telefono squilla 2 volte, alla 3 già risponde.

«Pronto tesoro».

«Ciao mamma».

«Che bello sentirti!! Come stai?».

«Ti devo parlare...», lascio in sospeso la frase e faccio un grande respiro.

One night more Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora