Capitolo 51

240 15 5
                                    

Jason

- Martedì.

Cercare lavoro è sempre più difficile.
Vorrei trovarlo nella mia zona per non utilizzare così troppo spesso il camion che gentilmente mi ha prestato il padre di Melanie, ma è davvero impossibile dal momento che, nonostante abiti in una zona molto carina, non c'è assolutamente niente  che faccia a caso mio.

Qui in America di lavoro ce n'è a volontà ma sono stucco e non mi faccio andare bene quasi niente.

In questo momento mi trovo in centro e visto che è quasi ora di pranzo mi fermerò in un Fast Food.

Si dovrebbe chiamare Freddy's Frozen Custard & Steakburgers o una cosa del genere ed è uno dei più votati qui a Las Vegas.

Ovviamente non ho dovuto avvertire gli altri dal momento che sono tutti e tre a lavoro. Per evitare di spendere soldi avrei potuto benissimo evitare di venire fin qui, ma non mi andava di pranzare da solo come tutti i giorni.

Mi sento uno schifo da una parte ad approfittarmi così della bontà dei miei amici, io fossi stato al loro posto molto probabilmente mi sarei incazzato se dopo due mesi uno di loro non si fosse trovato un lavoro ma per fortuna sono abbastanza comprensivi, perché vedono che mi interesso.

Ci metto un po' ad arrivare davanti al locale ma quando lo raggiungo, entro dentro e mi affretto ad ordinare al bancone.

«Mangia qui o lo porta via?» mi chiede il cameriere.

«Qui, grazie» rispondo.

Lui annuisce e va in cucina.

Mentre aspetto mi giro intorno.
Ci sono solo tavolini per quattro persone e per fortuna non c'è molta gente.

C'è una coppia di fidanzati e poco più in là un gruppo di amiche. L'attenzione ricade però su una ragazza, sola e isolata dal mondo.

Eppure da dietro assomiglia a lei.

Stessi capelli ondulati, stessa giacca e stesso identico modo di mangiare. È girata di spalle e non mi sta vedendo. Un ragazzo senza palle avrebbe paura di fare una grandissima figura di merda e pur di non farla non si avvicinerebbe, ma io non sono quel genere di ragazza perciò mi avvicino e dico: «E così vieni a mangiare anche tu qui».

Quando mi ritrovo davanti a lei vedo Melanie impacciata. Le va di traverso il boccone e per buttarlo giù beve il bicchiere d'acqua davanti a lei.

«Non morire, grazie».

Mi siedo davanti a lei e aspetto che si riprenda.

«Nessuno ti ha detto di sederti» commenta lei.

«Lo so, è per questo che l'ho fatto», le faccio l'occhiolino e lei alza gli occhi al cielo.

«Che vuoi?» chiede.

«Da quanto sei qui?».

«Da ieri» risponde.

«Com'è andato il viaggio?» domando.

«Abbastanza bene, se non fosse per un bambino seduto accanto a me» risponde.

«Quanto ti capisco!».

«Adesso che hai avuto le tue risposte puoi lasciarmi in pace?», il suo timbro di voce è aspro.

«È così che tratti un vecchio amico?».

«Io e te non siamo amici» precisa.

Ha ragione.

«Dove alloggerai?».

«In un hotel lontano da qui, non devi sapere altro» ribatte scorbutica.

«Per quanti giorni?».

«Cinque» rivela.

«E poi?». Il mio è davvero un interrogatorio ma non è colpa mia, giuro! Non riesco a smettere.

«E poi dovrò trovare una casa in affitto».

«Come puoi vedere il destino ti ha preso in giro. Eri così convinta di non trovarmi qui a Las Vegas eppure? Eccoci qui l'uno difronte a l'altro» dico provocandola.

Il cameriere proprio in quel momento arriva e mi serve il pranzo.

«Grazie» dico educatamente prima di mandarlo via.

«Purtroppo» aggiunge.

«Sì, purtroppo» ripeto convinto.

«Di tutti i tavoli vuoti proprio al mio dovevi sedesti?» chiede innervosita.

Annuisco dal momento che ho la bocca piena.

«Dio!» impreca alzando, di nuovo tra l'altro, gli occhi al cielo.

«Lo fai spesso eh» le faccio notare.

«Che cosa?».

«Alzare gli occhi al cielo» preciso.

«Evidentemente», scrolla le braccia e guarda altrove.

Mentre finisce di mangiare rimaniamo entrambi in silenzio. A tratti la guardo, quando non se ne accorge, e lo stesso fa lei.

«Per qualsiasi cosa... Soldi, medicine o quant'altro non esitare a chiamare», le porgo un bigliettino e lei, dopo averlo afferrato, dice: «Che cos'è?».

«È il mio nuovo numero. Usalo se hai bisogno» dichiaro dopo aver finito di ingoiare il mio ultimo boccone.

«Ora capisco perché non rispondevi più a chiamate e messaggi» inizia a dire.

Scuoto la testa fermandola subito e dico: «No Melanie, ho due numeri diversi su due telefoni diversi. Quello che avete tutti voi in pratica mi serve per parlare con te, mia madre ecc... L'altro per uso personale. L'hanno in pochi».

«E perché lo stai dando a me?».

«Perché sì Melanie, non fare domande» ringhio.

Lei alza le braccia al cielo e dice: «Ok ok scusa e grazie...».

«Le tue chiamate l'ho evitate volontariamente» dichiaro e lei abbassa la testa annuendo.

Sono un pezzo di merda, ma è meglio così.

Se riesco a farmi odiare da lei la mia vita si semplificherebbe e di gran lunga.

One night more Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora