Capitolo 9

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Jason

Mentre ascolto il lungo viaggio che faranno Kevin e Charlotte per i loro 30 anni di matrimonio verso le Maldive, penso alla figura di merda che Melanie ha fatto fare alla sorella.

Ancora non ci credo.

«Jason, perché non vai a vedere dov'è Melanie? È fuori ormai da quasi mezz'ora» mi chiede Jo.

«Non puoi andarci tu? Sei sua sorella» ribatto.

«Non credo voglia vedermi adesso, vai tu per piacere» mi supplica e a quel punto, sbuffando, mi alzo.

«Esco un attimo fuori» dico a tavolino.

Mia madre annuisce e quando mi ritrovo fuori in giardino non la trovo.

Dove cazzo è andata?

La prima cosa che mi viene in mente è quella di andarla a cercare nel retro della casa.

E, infatti, eccola lì. Seduta sul bordo della piscina e con i piedi immersi in essa.

«Tua sorella mi ha mandato a cercarti», lei sobbalza per lo spavento e si gira verso di me.

«Beh potevi anche evitare di seguirmi» mi fa notare voltandosi di nuovo con la testa.

«Lo avrei fatto molto volentieri, ma sai com'è», mi avvicino e lei si alza prendendo i suoi tacchi da terra.

«Che c'è? Hai paura che mia sorella non te la dia più?» domanda provocandomi.

Scoppio a ridere e scuoto la testa.

«Ti rode che mi sia scopato tua sorella?» chiedo in tono divertito.

«Assolutamente no» risponde.

«Ah ecco, perché non è la prima volta che lo faccio. È anni che scopiamo all'insaputa di tutti» ammetto.

«Contenti voi contenti tutti», scrolla le spalle e si avvia dall'altra parte della casa, nella stessa direzione di dove sono apparso io qualche minuto prima. 

«Gli hai fatto fare una grandissima figura di merda, complimenti» le urlo dietro e lei si ferma.

Gira sui talloni e si avvicina.

«Prego?».

«Era necessaria quella scenata a tavola?» domando.

«Ma quale scenata?».

«Della minestra riscaldata» le faccio presente. 

«Beh non sono cavoli tuoi» rivela.

«Sei gelosa per caso?», mi avvicino a lei con passi lenti.

«Di voi due che scopate? Ma per favore», alza gli occhi al cielo ed inizia a ridere nervosamente.

«Di me, cogliona» le dico e lei si zittisce.

I suoi occhi sono incastrati nei miei.

«Devi ancora pagarmela per quello che mi hai detto stamani» le ricordo.

«Non ho detto nulla di male. Ti ho soltanto fatto notare che non c'è bisogno di buttare merda addosso agli altri per scaricare i propri problemi» mi ricorda.

«Hai messo in mezzo mio padre» ringhio a denti stretti avvicinandomi sempre di più.

«Perché da dopo la sua morte sei diventato il diavolo in persona. Hai l'anima cattiva Jason», i suoi occhi ripugnano il mio essere più di quanto altri occhi abbiano già fatto.

Sono stato disprezzato da troppe persone, ora anche da lei.
Una ficcanaso acida che non sa farsi i cazzi sua.

«Stammi bene a sentire», la prendo per il collo e la faccio indietreggiare fino al divanetto.

«Non sono cazzi tuoi questi e guai a te se nomini di nuovo mio padre, hai capito?» le urlo addosso.

Lei strizza gli occhi e cerca di liberarsi dalla mia presa.

La spintono sul divanetto e mi metto sopra di lei.

«Dimmi che capisci» dico a denti stretti.

Lei apre gli occhi e dice: «Avevi detto che era tutto apposto e che potevo stare tranquilla».

«Credevi seriamente che fosse così?», la guardo con un ghigno divertito e lei rimane impassibile.

«Se proprio vuoi saperlo c'era tua sorella nel bagno di camera mia, si stava rivestendo e di certo non potevo farle capire che ce l'ho con te per una cosa successa tra di noi, perché ci avrebbe riempito di domande e se c'è una cosa che odiamo entrambi sono gli interrogatori» spiego.

«Quindi non mi hai perdonata e non hai nemmeno accettato le mie scuse».

«Non lo farò mai e dovrai scontare le tue parole» la avverto. Lei, agitata e spaventata, posa lo sguardo sulle mie labbra e dice: «E come?».

«Questo ancora non lo so, ma non hai la minima idea dei livelli di tortura a cui può arrivare la mia mente» la minaccio.

«Non mi faresti mai del male» dice e a quel punto stringo ancora di più la presa.

«Li hai sentiti a tavola, io ho un cuore di ghiaccio. Non mi importa niente di nessuno, tantomeno di te», lascio la presa e lei tossisce.

Aspetto che riprenda fiato e nel mentre le guardo il collo. È rosso, la mia mano gli ha lasciato l'impronta.

Possibile che abbia stretto così forte la presa?

«Sei pazzo», continua a respirare a fatica.

«Ti conviene starmi lontana se non vuoi avermi come nemico» la ammonisco prima di andarmene.

One night more Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora