Capitolo 44

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Melanie

- Fine novembre.

Il freddo inverno è ormai alle porte. Il mese di Natale sta arrivando e ciò significa che si sta avvicinando sempre di più il giorno della mia partenza.

C'è solo un problema. Non sono riuscita a trovare ancora un alloggio.

Odio ammettere che Jason aveva ragione.
È difficile trovare casa laggiù ma non gli darò la soddisfazione di vedermi in difficoltà.

La situazione tra me e lui è alquanto complicata.
Non ci parliamo da due mesi, da poco dopo la sua partenza.

Inizialmente ci sentivamo abbastanza spesso, poi d'un tratto, per non so quale motivo, abbiamo smesso. A stento chiama la madre.

Ho provato a chiamarlo per giorni insieme alla madre. Lei era preoccupata come non mai.
Poi ha avuto la brillante idea di scriverle e di richiamarla. Le ha dedicato qualche minuto del suo tempo per raccontargli come mai non aveva risposto per giorni e ha quanto pare era troppo impegnato nel trovare un appartamento che, ahimè, per il momento non ha trovato.

Ovviamente ha pensato solo a lei.
Le mie chiamate le ha completamente ignorate.
Ho smesso di preoccuparmi di lui dopo quel giorno e tuttora lo sto facendo.

«Dovresti finire di mettere i panni in valigia, non fissare la libreria aspettando che qualcuno lo faccia al posto tuo» commenta mia madre.

Quando mi giro nella sua direzione la vedo sullo stipite della porta.

Non mi ero nemmeno accorta che fosse entrata.

«Sì scusami, hai ragione», scuoto la testa e distolgo lo sguardo da lei riportandolo sulla valigia.

Inserisco dentro la maglia e il pantalone che ho in mano e smetto completamente di pensare.

«Scusami se te lo dico, ma non trovi pure tu che sia una cosa stupida fare una valigia così presto tanto da non sapere nemmeno quando partirai?».

«Mamma ti prego».

Lei si zittisce per qualche secondo ma poi riprende a parlare.

«Io mi preoccupo solo per te. Il mondo là fuori non è come pensi Melanie. Posso capire la voglia che hai di fare proprio come hanno fatto Josephine e Collin ma loro hanno più di 20 anni, tu sei ancora troppo piccolo per questo. Perché non ci ripensi? Puoi stare qui con noi e aiutarci, continuerai a lavorare con tua sorella se vorrai oppure puoi trovarti un nuovo lavoro» spiega.

«Non ho bisogno della tua elemosina. Me la caverò, so badare a me stessa mamma perciò non sminuirmi. Credete che sia piccola, ma tu meglio di chiunque altro dovresti sapere le mie capacità. Sono molto più matura di alcune ragazze della mia età e sai che sono dovuta crescere troppo in fretta a causa di situazioni che non starò qui a ripetere» le ricordo.

Lei abbassa lo sguardo e annuisce.

«Sì lo so» replica.

«Bene, perché tra 3 giorni partirò» confesso.

«Cosa? E dove andrai a vivere?» chiede sgranando gli occhi.

«Per il momento in un hotel» rispondo.

Ho prenotato per solo 5 giorni.
Il prezzo veniva a costare troppo sennò.

«Melanie è una follia...».

«Non per me, andrà tutto bene mamma» la rassicuro.

Stanca di questa guerra e, in più, sapendo di non vincerla mai, si zittisce ed estrae un foglio sottile dal reggiseno.

«Speravo di convincerti a rimanere e dartelo tra qualche anno ma tieni», lo prendo in meno ed, essendo piegato in due, lo apro.

«È un assegno di qualche centinaia di dollari. Consideralo un piccolo regalo di famiglia» rivela.

Quando leggo la cifra mi si gela il sangue.

«Mamma sono un sacco di soldi, non posso accettare» ammetto.

«Ti conviene farlo, anni fa facemmo lo stesso anche a Collin e Jo. Certo, dovendo pagare la retta del college le spese sono state di più e quella cifra lì non l'hanno di certo ricevuta ma tu, non avendo preso la loro strada, sì perciò fanne buon uso. Solo in questo modo posso bilanciare le spese di tutte e tre» confessa.

«Grazie mamma», mi chino in avanti per abbracciarla e lei mi stringe forte.

«Dopo che ne dici se con papà vai a depositarlo in banca? Non vorrei che andasse perso».

«Lo farò. Lasciami finire qui e sono pronta. Papà è già tornato?» domando.

«Sta tornando ora, finisci pure di fare le tue cose».

Con le mani spinge le ruote della serie a rotelle indietro e prima ancora che esca dico: «Comunque oggi è stato il mio ultimo giorno di lavoro».

«Ti hanno licenziata?» chiede preoccupata.

«No, semplicemente è finito il mio contratto. In più sono stata io stessa a dire al capo di non rinnovarmelo. Non sarei rimasta per altri 3 mesi».

«Capisco» sospira ed esce dalla stanza.

Le passerà.
Mi suggerisce la mia vicina.

Spero che sia davvero così. Voglio partire con tutta quella felicità che una persona può avere, non con il rimorso di non aver fatto abbastanza per mia madre e per non essere riuscita a farle capire quanto desideravo che arrivasse questo momento.

One night more Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora