Capitolo 70

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Melanie

Jason gli sferra talmente tanti pugni che ho perso il conto. A separarli è Alan che si mette in mezzo e strattona Harry all'indietro.

Quando Jason si alza da terra e fa per fare un passo avanti vernò Harry, Alan si mette in mezzo e dice: «Tu stai fermo!».

«Sei un grandissimo figlio di puttana ma se credi di passarla liscia ti sbagli», Jason gli punta un dito contro ma quell'altro è troppo concentrato a toccarsi le parti colpite per ascoltarlo.

Alan mi fa segno di portarlo via ed è lì che mi avvicino. Sono arrabbiata con lui, ma l'istinto mi costringe ad afferrargli delicatamente un braccio.

«Non toccarmi», si gira di scatto verso di me e mi fulmina con lo sguardo.

«Ora che sei la verità sei venuta qui a fare la carina? Doveva venirti in mente subito che non ero stato io ma che era stato quel grandissimo pezzo di merda e adesso fottiti Melanie», mi urla contro tutta la rabbia del momento e successivamente corre al piano superiore dando per giunta una spallata a mia sorella.

Alan mi fa cenno di salire ma quando arrivo difronte alle scale Jo mi blocca.

«Non farlo, ma hai visto come ti ha trattata? Non essere succube ad un uomo».

«È la rabbia a parlare al posto suo. È un uomo ferito, lo capisco e ha bisogno di me» replico seria.

«Giuro che se sali al piano superiore, me ne vado e racconto tutto a nostro padre» dice minacciosa. 

«Fallo pure, a me non interessa. Non ho più niente da perdere e se vuoi pugnalarmi in questo modo fallo, ma non prenderò ordini da te perché sei l'ultima persona che può farlo. Ricordati che sopra quella lista non c'è solo il mio nome, ma bensì anche il tuo perciò avrai da dargli doppia spiegazione», salgo di sopra lasciandola lì da sola. 

Quando mi trovo di fronte alla porta non ho il coraggio ad aprirla. Potrebbero succedere due cose: o finiamo per chiarire una volta per tutte oppure continueremo a litigare fino allo sfinimento.

«Posso?» chiedo affacciandomi allo stipite.

«Sparisci» ribatte.

«Sono venuta in pace» dichiaro.

«Lo so bene ma non ho bisogno della tua compassione», si gira verso di me mostrandomi i suoi occhi rossi.

Mi è impossibile in quel momento restare indifferente.

Chiudo la porta e mi avvicino a lui.

«Non ti ho invitata ad entrare e fino a prova contraria questa è ancora camera mia, perciò ti chiedo gentilmente di uscire. Tu sei solo un ospite» mi ricorda senza pensarci due volte.

«Mi dispiace Jason. Avevi ragione, dovevo crederti ma mi è impossibile farlo certe volte» confesso ignorando le sue precedenti parole.

«Perché? Spiegami solo perché».

«Perché sei pure tu tutte le cazzate che hai fatto in passato. La droga, l'alcol, i quasi furti che per poco non ti facevano andare in galera... sei capace di tutto. Adesso tu spiegami come faccio a crederti?».

«Posso capire la droga e l'alcol, ma i furti non li ho causati io. Quella volta mi misero in mezzo per svignarsela, per questo passai una notte in caserma ma ti posso assicurare che io non ho mai rubato niente a nessuno perché, grazie al cielo, ho avuto due genitori che mi hanno insegnato a farmi bastare quello che la vita mi concedeva», la sua voce è pacata e i suoi occhi non smettono di guardarmi. 

Non riesce a dire niente, si limita solo ad annuire.

«È presto... Ti andrebbe di straziarti un po' nel letto insieme a me? Potremmo dormire un'altra ora o magari guardare un film...», mi interrompe e dice: «Non fare la carina con me, se vuoi dormire dormi ma io in quel letto con te ora come ora non mi ci sdraio».

«Spero che tu possa capirmi. ad ogni modo adesso ti lascio un po' di tempo da solo, credo che tu ne abbia bisogno. Per qualsiasi cosa io starò al piano di sotto e quando sarai pronto ad affrontarmi magari fammelo sapere perché sarebbe gradito».

Lui non risponde, si limita soltanto a sedersi sul letto dandomi la spalle. Sapendo quanto siano inutili attualmente le mie parole, esco dalla stanza e scendo al inferiore.

«Josephine?» chiedo ad Alan.

«Se ne è andata» risponde.

Annuisco e mi vado a sedere accanto a Harry. La mano destra l'ha fasciata mentre con la sinistra si tiene il ghiaccio sul labbro.

«Io e te dobbiamo parlare» lo avverto.

Lui annuisce e sospira profondamente.

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