Capitolo 76

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Jason

- Sabato.

Quando apro la porta principale, entro in casa e mi ritrovo Melanie e Benjamin abbracciati.

Alan viene subito ad abbracciarmi mentre loro due, vedendomi varcare la porta, si allontanano l'uno dall'altra e Melanie, con il suo dolce sguardo, presta attenzione solo a me.

«Sono contento che tu sia tornado» commenta Alan.

«Sono stato via solo qualche giorno».

«Si è sentita la tua mancanza» replica lui.

Rimango in silenzio, aspettando che questi due dicono qualcosa.

«È stato lungo il viaggio?» chiede Ben avvicinandosi.

«No» rispondo arretrando di un passo.

I suoi passi si fermano rimanendo li dov'è.
Quando riporto lo sguardo su Melanie i suoi occhi mi guardano ancora intensamente.

«Non lo saluti Melanie?» domanda Alan voltandosi verso di lei. È impedita nei suoi movimenti.

Senza pensarci due volte, si avvicina a me e si getta nelle mie braccia sorprendendomi.
Ricambio l'abbraccio e le lascio un bacio sul collo.

«Bentornato» sussurra al mio orecchio.

Mi stacco da lei dolcemente e mi corico in camera.

«Posso entrare?», Melanie mi segue in stanza e quando le do il consenso entra dentro.

«Non l'hai calcolato di striscio», si siede sul letto e aspetta che faccia lo stesso.

Non la degno nemmeno di uno sguardo ed inizio ad aprile la valigia dopo averla appoggiata sul materasso.

«Non avevo niente da dirgli» confesso.

«Menomale che non eri una persona rancorosa» commenta lei sbuffando.

«Io non sono rancoroso, non porto rancore a nessuno ma dopo avervi trovato abbracciati la domanda mi sorge spontanea. È successo altro in questi giorni? Perché Alan non mi ha detto nulla» chiedo guardandola dritto negli occhi.

Lei mi sorride e gira intorno a letto per avvicinarsi.

«Se può farti stare tranquillo ho chiarito con Benjamin» dichiara.

«Avevi giorni per farlo, perché proprio oggi?».

«Perché non ho mai trovato il momento giusto per parlargliene. È stato un bacio insignificante, tutti si baciano alla nostra età Jason. Tu alla mia età facevi di peggio, ringrazia Dio che non è successo niente di tutto ciò» rivela con tranquillità.

La sua spontaneità mi rende sereno e meno pensieroso. Vorrei continuare a rimanere sulla mia strada ma non ci riesco.

«Quindi non c'è stato altro?» chiedo e lei nega con la testa. Questo mi rassicura molto. Significa che ha capito il suo sbaglio.

«Sei più tranquillo ora?».

«Lo sono sempre stato, la vita è tua d'altronde no? L'hai detto pure in chiamata qualche giorno fa».
Il mio sguardo penetra il suo.

«Possiamo smetterla di litigare? Non fa bene a nessuno dei due» mi chiede gentilmente.

«Non stiamo litigando» le faccio notare.

«Torniamo sempre a darci risposte come queste».

«Perché siamo fatti così Melanie».

«Non è vero. Ti senti tradito e mi dispiace per questo, ma è pesante sopportare questo. Ho passato giorni di merda se vuoi saperlo. Desideravo alzarmi e trovarmi accanto a te, chiederti come stessi e poi passare la giornata insieme. Invece non c'eri e non potevo nemmeno chiamarti vista la nostra ultima conversazione», la sua voce rimbomba nella stanza.

«Vuoi fare piano? Ci sentono se urli».

«Non me ne frega, sono stanca di te e del tuo menefreghismo. Mi sto abbassando per la prima volta davanti a te, davanti ad un uomo e tu pensi a chi ci possa sentire? Io mi apro e tu pensi ad altri» mi urla contro.

«Sto cercando di capirti ma non ti seguo».

«L'unica cosa che cerco di farti capire è che mi sei mancato», i suoi occhi si fanno lucidi.

Sospiro e la tiro verso di me.

«Sei uno stronzo», sussurra al mio orecchio prima di stringermi forte a se. Tira su con il naso e si accoccola tra le mie braccia.

«Smettila».

Mi sdraio sul letto, portandomi lei sopra.
La sua testa finisce sul mio petto e le sue gambe si avvolticciolano tra di loro. 

«Va meglio?» chiedo dopo qualche minuto.

Lei alza la testa dal mio petto e mi guarda.

«Non voglio più litigare con te» rivela.

Avvolgo la mia mano intorno al suo collo.

«Questo non succederà lo sai, perché abbiamo due caratteri opposti. Ci scontreremo sempre Melanie, impara a convivere con questa cosa per favore» le ricordo con tono serio.

«Proviamoci perlomeno», con lo sguardo mi scongiura di farlo.

«Ci proverò».

Non smetto di guardarla.
Credo che i miei occhi non abbiano posato lo sguardo su una ragazza più bella di lei.

«Mi pentirò di avertelo chiesto ma... Posso darti un bacio?» chiede.

«Perché dovresti? Siamo amici».

Lei arrossisce e cerca di alzarsi. Ridacchio al pensiero di lei così ingenua.

«Vieni qui», la avvicino a me e la bacio.
La sua lingua sfiora la mia e le sue mani i miei fianchi. So per certo che questo sarà decisamente il miglior momento della giornata.

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