Capitolo 21

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"Fammi salire, Macarena"

Osservo quella figura slanciata che assomiglia a un puntino appena riconoscibile da quassù.

Mi avvicino alla scrivania e con il telefono dell'ufficio chiamo la portinaia al piano terra. Appena mi risponde dico "Sono Macarena Ferreiro, la viceprocuratore Zahir può salire.."

Sono assolutamente certa che Zulema mi abbia sentita perché non appena do l'ordine, lei mi dice "A tra poco" chiudendo la telefonata.

Sta salendo.

Dalla borsa tiro fuori il mio specchietto giusto per capire in che stato sono ed evitare gratuite prese in giro. Mi sorprendo nel constatare che se dentro mi sento uno schifo assolutamente, fuori sembra che sia tutto a posto.

Lo metto via e mi risiedo alla scrivania, cerco di fare ordine e di nascondere la mia strategia di domani. Zulema è pur sempre la mia avversaria, se venisse a conoscenza di certi dettagli sarebbe un totale disastro.

Il suono delle sue nocche che battono contro la porta mi fa alzare lo sguardo verso di lei "Sono tentata di spogliarmi totalmente per dimostrarti che non ho microfoni.." mi dice con la sua solita ironia pungente mentre si sbottona il cappotto nero che le sta divinamente e lasciando che veda la sua camicia bianca e la sua gonna stretta da ufficio "..lo faccio?" Mi propone con uno sguardo quasi provocatorio.

Vederla nuda sarebbe come fare un salto da un precipizio altissimo, la ricetta perfetta per il mio omicidio perché in fondo so bene che mai sarei in grado di resisterle.

Sbuffo senza darle corda "Entra e basta, Zulema" le indico l'interno del mio ufficio.

Il suo sguardo mi scruta l'anima "Wow.. nemmeno un sorriso tirato o un segno di imbarazzo.. è più grave di quello che mi aspettassi" entra sfilandosi il cappotto e appoggiandolo sul divano lì accanto.

"Mi piace non essere scontata" rispondo ironica eppure molto seria. Appoggio la schiena alla sedia mentre la guardo osservare il mio ufficio. È elegante nel suo tailleur e la camicia aperta fino a far intravedere appena il reggiseno, sospetto che inizi a farlo apposta. È stanca, sono sicura che abbia lavorato fino ad ora, eppure ha scelto di venire qui piuttosto che andare a casa. Mi viene da chiedermi cosa la porti da me e devo ammettere che nessuna delle risposte che mi do mi piacciono davvero.

"Credevo che qualcuno si sarebbe fermato.. almeno la tua segretaria o la tua seconda.." afferra la mia foto sul mobile e la osserva senza fare alcun commento.

"Le ho mandate a casa" rispondo semplicemente.

"E ci sono andate senza nemmeno cercare di farti stare meglio?" Mi chiede riappoggiando la foto esattamente dov'era.

"Non sanno che sto così.. non glielo ho mostrato.." Inutile che le spieghi quello che davvero succede ma so che se non lo ammetto adesso, questa verità non farà altro che unirsi al carico che già porto sulle spalle "Nessuno si è accorto di nulla.. La verità è che non riesco più a parlare nel modo in cui parlavo con te.."

Il suo sguardo si sposta nel mio, i suoi occhi sono sempre così maledettamente espressivi e penetranti "Perché è diverso" mi guarda tutto il corpo prima di riportare lo sguardo nel mio "Che ci piaccia o meno, tu mi capisci meglio di chiunque altro ed io.. beh.. ti leggo come se fossi un libro aperto" avanza fino ad arrivare davanti alla mia scrivania "Ma purtroppo ho perso la capacità di leggerti.. so solo che sei turbata e mi risparmieresti un sacco di fatica se, invece di lasciarmi indovinare, semplicemente mi dicessi perché stai così"

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