Capitolo 90

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Sento il sole tiepido accarezzarmi il viso scoperto.

È così che mi risveglio ancora intorpidita nel mio letto, totalmente nuda.

Non ricordo granché e forse è meglio così.

Ho imparato a dissociarmi, come se il mio corpo e la mia mente viaggiassero su binari diversi.

È più facile così.

Mi siedo coprendomi con il piumone il corpo ricoperto da puntini di freddo e poi appoggio le mani sul viso "Che mal di testa.." accarezzo i miei capelli castani portandoli indietro.

Vedo questo enorme letto vuoto.
La stanza è vuota.

Non c'è alcun profumo che distinguo in particolare nell'aria.

C'è solo solitudine.

E questo mi porta a pensarla.
Se lei fosse stata qui, questo risveglio sarebbe stato molto diverso.

Pochi flashback mi ricordano le rare volte in cui mi è stato concesso un simile lusso, vederla svegliarsi accanto a me con i capelli scompigliati sul cuscino e quel sorriso spontaneo che scioglierebbe chiunque.

I miei occhi puntano la parte di letto vuota accanto a me.

E involontariamente è come se disegnassi la sua figura longilinea sdraiata. I suoi occhi punterebbero i miei come fari accesi in una notte oscura e mi sentirei al sicuro, protetta e amata. Starei molto bene se lei fosse qui perché ha questo potere, il potere di mettere sempre tutto a posto in questa dove niente è semplice e tutto il buono finisce sempre per distruggersi ferendomi.

Il suono di un messaggio dal mio cellulare appoggiato sul comodino mi distrae.

Dimessa stamattina. Siamo tutte in ufficio. A dopo, Riccia.

Non serve assolutamente che dica di chi sta parlando, con una velocità impressionante digito la risposta.

Il tempo di prepararmi e arrivo.

Dopodiché cancello entrambi i messaggi per non lasciare traccia.

Sono le 10 del mattino.

È proprio ora che il mio sguardo cade sul polso che tiene il cellulare. Il segno nero delle cinque dita di mio fratello sono rimaste ben impresse sulla mia pelle troppo delicata. Sono strisce nere, lividi, più brutti di quello che in realtà è il danno. Ci passo leggero un dito sopra, sento più un fastidio che dolore se non quello emotivo che purtroppo ci metterà di più a guarire.

Scivolo via dal letto e mi faccio una rapida doccia per lavare via ogni cosa, anche il più piccolo residuo del suo passaggio sul mio corpo come se non fosse mai accaduto.

Lo lavo via strofinando così tanto la spugna sulla mia pelle da farla arrossare.

E poi mi vesto per andare in ufficio.

Una camicia bianca lasciata in parte sbottonata, gonna e blazer blu scuro. Calze semitrasparenti e rigorosamente tacchi alti.

Raccolgo i lunghi capelli che ormai superano metà della schiena in una coda alta molto elegante che regala volume.

Mi trucco appena. Valorizzando il mio viso al massimo nella speranza di coprire i segni della stanchezza e dello stress che non fa altro che aumentare.

Il risultato finale è molto soddisfacente.

Non sono particolarmente appariscente ma sono bella.

Ci tengo particolarmente ad apparire così per lei.

Mi preparo per lei e spero silenziosamente che, anche se non lo ammetterò mai, lei lo capisca da sé.

Il mio stomaco suggerisce la necessità di mangiare qualcosa, perciò entro in cucina ed è proprio lì che lo vedo.

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