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Martina Pov.
Probabilmente, impiegai volutamente più tempo del previsto per farmi una doccia e rivestirmi, prima di affrontare definitivamente i miei genitori.

Giocherellai con il lembo della manica della blu che indossavo, camminando avanti e indietro per il corridoio.

Il mio stomaco era sottosopra, avvertivo i sensi di nausea nonostante non mangiassi da ore.
Il tessuto dei pantaloni del pigiama toccava il pavimento ad ogni passo che compivo. Potei sentire le voci dei miei genitori nel salotto, mentre discutevano riguardo alla mia tortura – valida almeno per i prossimi vent'anni di vita.
Quando finalmente apparsi sulla soglia, i loro sguardi si posarono sudi me ed io mi trovavo esattamente davanti a mio padre.

"Siediti." Mi ordinò. Era sempre stato carino, un uomo divertente, per questo mi aveva totalmente terrorizzato vederlo in quello stato.
Gli obbedii, prendendo posto sul divano di fronte a quello dov'erano seduti loro. "Credo che tu ci debba delle spiegazioni."

Mi inumidii le labbra, pensando a cos'avrei potuto dire. "Mi dispiace." Ripetei le stesse parole che avevo detto prima a mamma.

"Questo non cambia le cose." Disse mio padre, congiungendo le mani davanti a lui.

"Lo so, ma sono consapevole di aver sbagliato e volevo scusarmi." Sotto ai loro sguardi intensi, realizzai di essermi comportata in modo ribelle, totalmente inappropriato ad una come me. Mi vergognai, ma, allo stesso tempo, non potevo pentirmene, dato che mi ero divertita (se saltiamo la parte in cui mi venne mal di testa.)

"È davvero nobile da parte tua e spero tu sia consapevole di quali saranno le conseguenze."

Continuò mio padre. Mia madre sembrava incollata alla sedia e le sue labbra erano sigillate, come se fosse totalmente d'accordo su quanto stesse dicendo mio padre.

"Lo so." Annuii, giocherellando con le dita posate sul grembo
Dopo aver sospirato, mio padre mi guardò di nuovo. "So di esser stato un po' impulsivo quando ti ho proibito di vedere il tuo ragazzo, ma ero scosso dalla notizia che avevi saltato scuola in quel momento. Tuttavia, questo non significa che io approvi del tutto quel ragazzo. Almeno finché non lo incontrerò."

Mi si formò un groppo in gola all'idea di vedere i miei genitori incontrare Jorge. Sicuramente non sarebbe finita bene, dato che mio padre era un poliziotto.

Cosa sarebbe successo se avesse scoperto gli espedienti di Jorge? La nostra relazione sarebbe finita in un batter d'occhio.

"P- posso dirgli che vorreste conoscerlo." Suggerii, scostando una ciocca di frangia che era sfuggita alla mia coda di cavallo.

"Sì, diglielo." Disse, d'accordo con me, senza mai separare le mani.

"Ora, torniamo alla tua punizione." No, per favore.

"Tua madre ed io siamo giunti alla conclusione che resterai in punizione per tre settimane per aver saltato scuola, essere uscita di casa ed aver ignorato le nostre chiamate. Potrai uscire solo per andare a scuola o quando si tratta di cose famigliari, per cui ti suggerisco di farlo sapere al tuo ragazzo."

Pensando che avesse finito di porre fine alla mia vita sociale, ecco che prolungò la lista.

"Ti ritireremo il computer, la carta di credito ed il telefono. E potrai usare la macchina solo per andare a scuola o andare a prendere Tommy agli allenamenti di calcio. No, anzi, ti accompagnerò io a scuola quando possibile."

Avrei avuto voglia di urlare. "che cosa?" strinsi le labbra, cercando di non parlare ulteriormente.
Sapevo perfettamente che, se avessi piagnucolato, avrebbe prolungato di un'altra settimana la mia punizione. Tuttavia, non avrei potuto permettergli di portarmi via il telefono, era l'unico mezzo che avevo per comunicare con il mondo.

Il ragazzo del BronxDove le storie prendono vita. Scoprilo ora