Jorge Pov.
Sentivo dolore ovunque. Cercando di aprire gli occhi, di muovere le mani, di separare le labbra screpolate. La luce pugnalava il retro delle mie palpebre, volevo sussultare, essendo stato al buio per tanto tempo, ma non riuscivo nemmeno a farlo. Dopo aver visto la luce iniziai a sentire qualcosa. C'era un costante, ritmico bip, e poi un altro suono irregolare come uno sfogliare di pagine di un libro. Non c'era nessun odore riconoscibile, salvo un lieve soffio di caffè. Non sentivo ne caldo ne freddo, ma le mie ossa erano pesanti. Cercai di concentrarmi sulla mia mano, nello stesso modo in cui l'avevo spostata prima quando strinsi la mano di Martina. Non avevo idea di quando fosse stato. Ore, giorni settimane fa? Sentivo le dita rigide quando cercai di piegarle e poi allungarle di nuovo. La pelle mi faceva male quando ci provai, cosi immaginai di avere una flebo. A causa del dolore, la mia testa sembrava leggera e ciondolava di lato, cercando di allontanarsi dalla luminosità del sole.Sentii un sospiro. Finalmente riuscii ad aprire gli occhi. Battei le palpebre più volte fino a quando la mia vista fu abbastanza chiara da distinguere la persona seduta accanto a me. C'era una rivista abbandonata sul divano dove era stata in precedenza sfogliata. Cande rimase immobile, con una mano aperta sulla bocca mentre i suoi grandi occhi mi fissavano con perplessità. Aprii la bocca per cercare di dire qualcosa, ma le parole non vennero fuori. Avevo la gola secca e mi sentivo che se avessi spostato un altro muscolo sarei finito di nuovo in uno stato di incoscienza. Mi sentivo esausto, anche dopo essere stato a letto per chissà quanto tempo. Alla fine, Cande abbassò la mano, e il suo sguardo incredulo in arrabbiato in una manciata di secondi. "Stronzo." disse, non gentilmente. "Non ti azzardare a chiudere nuovamente gli occhi. Vado a chiamare il dottore e la mamma. Se provi a riaddormentarti..." La sua voce era dura e inflessibile, come se fosse veramente arrabbiata con me, ma i suoi occhi brillavano a causa delle lacrime e le sue mani tremavano lungo i fianchi.
Non finì nemmeno la frase. Ero scioccato nel silenzio non che avrei potuto parlare comunque mi aspettavo un caloroso ben tornato. Sapevo che Cande non sarebbe stata molto contenta di me, ma essere chiamato stronzo batteva tutte le altre aspettative.
Lasciò la stanza prima che io potessi fare qualcosa oltre che guardarla scioccato, correva lungo il corridoio, chiamando mia madre. Ero abbastanza sicuro che l'intero ospedale avesse capito che ero sveglio. Mia madre entrò nella stanza, non un minuto più tardi, le lacrime rotolarono giù per le sue guance, cercando di capire come mi sentivo. Un uomo vestito con un camice bianco la seguì. "Mamma" dissi con voce stridula, cercando di ingoiare un po' di saliva per alleviare il prurito in gola. Si sentì a malapena, ma cominciò a piangere, avvolgendomi delicatamente con le sue braccia. Non potevo lamentarmi del fatto che il suo peso premeva contro quello che presumevo fosse una ferita nel petto, anche se faceva un male cane. "Oh mio Dio." disse. "Sei sveglio. Il mio bambino. Grazie al cielo." Si staccò da me asciugandosi in fretta e spalmandosi il trucco sugli occhi. Sembrava come se fosse appena arrivata in ospedale dal lavoro dieci minuti fa. Il sollievo nella sua espressione e le sue parole mi fecero male al petto per un motivo completamente diverso da una ferita fisica Cande aveva ragione. Era ovvio che le avevo fatto immensamente male.
"Mi dispiace interrompere il momento madre-figlio, ma ho bisogno di controllare un paio di cose." Il medico che era venuto dopo la mamma si schiari la gola, camminando intorno al letto dove erano posizionando tutte le macchine collegate al mio corpo. Ce n'era uno che mostrava il mio battito cardiaco. Era l'unica che riuscivo a riconoscere. Il resto di esse facevano solo rumore ed erano collegati al mio corpo attraverso dei tubi. Preferii non guardare sotto la stupida vestaglia che indossavo. Chi sapeva quali altre ferite avevo e quanto brutte sembravano. La mamma fece un solo passo indietro, mi teneva ancora la mano e mi parlava, mentre il medico controllava le macchine e ascoltava il mio cuore con uno stetoscopio. "Ero davvero preoccupata, Jorge. Sei stato in coma per quasi una settimana." La sua voce tremava, i suoi grandi occhi azzurri erano terrorizzati.
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Il ragazzo del Bronx
RomanceIN REVISIONE. COMPLETATA. Cosa succederebbe se un ragazzo Bad Boy proveniente dal quartiere più pericoloso di New York si innamorasse di una ragazza viziata di Manhattan? Martina e Jorge, la coppia che definiscono: "Gli opposti si attraggono."