Martina Pov.
Avrei tanto voluto che Jorge ed io potessimo avere il nostro posto. Come le coppie all'interno di un libro o di un film, quel posto in cui sanno che si ritroveranno se mai dovessero avere bisogno l'uno dell'altro. Quel posto in cui si nascondono dopo un litigio, o quando sono arrabbiati, e hanno il sentore che l'altro riuscirà a confortarli. Ma Jorge ed io avevo parecchi posti speciali o almeno per me era cosi. Le immagini scorrevano all'interno della mia mente come diapositive. Sarebbe stato più facile trovarlo se avessimo avuto un posto sicuro. Per prima cosa, fui scioccata quando lo vidi uscire dall'appartamento, non riuscii nemmeno a dirgli di prendere la felpa o la giacca. Sperai che prendesse la macchina o sarebbe morto di freddo. Mi ritrovai a piangere quando dovetti spiegare ai due uomini che sembravano entrambi stupiti dalla corsa di Jorge che lui era il figlio di Alvaro ed era abbastanza impulsivo nel reagire quando qualcosa non andava per il verso giusto. Annuirono comprensivi, offrendomi anche un fazzoletto per asciugarmi le lacrime.Cercavo faticosamente di smettere di piangere e pensare con lucidità, ma sapere che Jorge era là fuori da solo e spaventato incline a cacciarsi nei guai aggiungendoci il fatto che avessi appena ricevuto quella notizia, non aiutava per niente. Sapevo che avrei dovuto cercare Jorge, controllare che non commettesse idiozie, ma non c'era nessuno a casa e non avrei potuto lasciare li quei due uomini ad aspettare che Pattie tornasse. Dov'era? E se Cande fosse tornata prima di lei, da sola? La situazione stava diventando difficile da gestire. Ero troppo giovane per sapere quale fosse la cosa giusta da fare. Ero spaventata ed ero sull'orlo di una crisi di panico. Come se l'avesse sentito, uno dei soldati quello con gli occhi azzurri e la testa rasata poggiò una mano sulla mia spalla. "Dovresti seguirlo." disse, riferendosi a Jorge. "Alvaro era un buon amico e vorremmo dare noi la notizia a sua moglie. Aspetteremo qui." L'altro ragazzo, dagli occhi più scuri, annuì, afferrando la borsa di Alvaro dal suolo. Cosa c'era li dentro? Vestiti? Foto della sua famiglia? La sua uniforme? Non volevo saperlo, e non sapevo nemmeno come avrei potuto dirlo a Pattie, Cande e Daniel. Il piccolo ed innocente Daniel. Improvvisamente mi sentii sollevata nel sapere che non avrei dovuto farlo io. Non ne sarei stata capace, ero positiva. ''Okay." dissi tirando su col naso.
Dovevo smetterla di piangere e cercare Jorge. "Potete aspettare nel soggiorno." Lasciai entrare i due uomini e chiusi la porta. Non si guardarono nemmeno attorno e si sedettero sul divando. Era ovvio che Alvaro doveva aver significato molto per loro, avevano instaurato un'amicizia mentre erano lontani da casa Per qualche ragione, questo mi fece commuovere e singhiozzai prendendo poi un respiro profondo. Lasciai i due uomini li mentre m'infilai il resto dei vestiti - non mi ero accorta di non aver indosso né le calze e né le scarpe e i miei capelli non erano più legati in una coda di cavallo. Non m'interessava con quale aspetto mi fossi presentata davanti a loro, ad essere sincera. Dopo essermi vestita ed aver maledetto il fatto di non aver comprato scarpe più comode, afferrai la giacca di Jorge (quella che avevamo comprato insieme) e sbattei la porta dopo aver salutato brevemente i due soldati. Mi fidai nel fatto che non avrebbero ridotto la casa un disastro visto e considerato i loro stati d'animo, dubitai potesse succedere. Una volta che fui in strada, non ero cosi felice del fatto che Jorge avesse preso la macchina. Per prima cosa, non era nelle condizioni di poter guidare.
Secondo, ciò significava che poteva essere dovunque e le probabilità di trovarlo diminuivano. Esclusi le case dei suoi amici ed il parco. Mi strofinai gli occhi con le mani non appena fui in macchina. Ero consapevole del fatto che il mio trucco si fosse sciolto, ma non m'importava. Cercai di respirare profondamente e di calmarmi. Mi aggiustai la coda di cavallo meglio che potei solo per comodità ed avviai la macchina. Dopodiche realizzai che non avevo la più pallida idea di dove andare. Ma non potevo rimanere seduta li senza far nulla. Sarei impazzita. Dovevo farlo per Jorge, per cui iniziai a guidare. Pensai ad ogni possibile posto in cui Jorge potesse essere andato. L'albero a Central Park? No, troppo affollato. E poi non sarebbe riuscito a trovarlo da solo. Il tetto dove mi aveva portato la sera in cui confessò di amarmi? No, era ancora giorno sebbene il sole iniziasse a tramontare ad ovest della città e scommettei il fatto che non sarebbe riuscito a superare la sicurezza a quest'ora. Quella notte mi sembrò un edificio importante e per poco non ci scoprirono. Il ponte su cui aveva disegnato quei graffiti per il mio compleanno? Non sapevo nemmeno dove si trovasse e, questa volta, sentivo che Jorge voleva essere trovato. Presto o tardi, avrebbe avuto bisogno di una spalla su cui piangere. Guidai per la città per chissà quanto non volli rischiare di guardare l'orologio sul cruscotto quando vidi un gruppo di turisti sul ponte.
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Il ragazzo del Bronx
Roman d'amourIN REVISIONE. COMPLETATA. Cosa succederebbe se un ragazzo Bad Boy proveniente dal quartiere più pericoloso di New York si innamorasse di una ragazza viziata di Manhattan? Martina e Jorge, la coppia che definiscono: "Gli opposti si attraggono."