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Martina Pov.
Ora tutto ebbe senso. L'uomo sulla porta assomigliava così tanto a Jorge, persino Daniel aveva alcuni dei suoi lineamenti. Sembrava giovane – non penso avesse oltre quarant'anni – ed indossava un'uniforme, mentre un borsone era poggiato al suolo.

Jorge continuò a fissarlo, in un modo che mi sembrò scioccato. La sua bocca era spalancata, ma sembrò non riuscire a muovere un solo muscolo, nemmeno a sbattere le palpebre, rimaneva immobile a fissarlo.

Tuttavia, Daniel non perse tempo e balzò tra le braccia del padre, esclamandò un felice:

"Papà!"
Cande, la quale un secondo prima era in piedi accanto a me, si avvicinò anch'essa a suo padre, abbracciandolo nel modo più dolce che avessi mai visto.

Jorge si spostò non appena vide sua madre correre verso suo marito, aveva gli occhi colmi di lacrime di gioia e non tardarono a rigarle le gote.

Decisi di lasciarli soli e rimasi all'interno della piccolo cucina: era alquanto imbarazzante assistere ad un intimo momento tra i membri di una famiglia che non era la mia. Comunque mi accigliai quando realizzai che Jorge si stave dirigendo in camera sua, come se non volesse partecipare a quell'abbraccio di gruppo.

"Jorge." Sussurrai, senza capire il perché di quello strano comportamento. Non mi aveva mai ditto molto riguardo a suo padre, cercava sempre di evitare l'argomento se poteva, ma aveva detto che gli mancava.
Allora perché si comportava in quel modo?

Invece di rispondermi, sparì all'interno della sua stanza e mi sentii ancor più confuse. "Dov'è andato?" domandò Cande, asciugandosi le lacrime dalle guance, coprendo il tutto con un sorriso, al contrario di ciò che fece suo fratello.

"Dagli tempo." Una voce maschile parlò per la prima volta, apparteneva al padre di Jorge.

Spostai una ciocca di capelli biondi dietro all'orecchio, appoggiandomi allo stipite della porta della cucina ed abbassando lo sguardo imbarazzata.

"Papà, lei è Martina, la ragazza di Jorge." Mi presentò Cande, mentre Pattie era ancora abbracciata a suo marito, guardandolo come se non riuscisse a crederlo di averlo a casa sano e salvo. Era uno sguardo colmo d'ammirazione e amore, quasi mi sciolsi.

"Jorge ha una ragazza?" La voce del signor Lie sembrava alquanto sorpresa.

Risero tutti silenziosamente, annuendo e stringendosi nelle spalle, come se fossero già abituati al fatto che il figlio maggiore fosse impegnato con una ragazza.

"Piacere di conoscerla, signor Lie." Gli porsi la mano, sorridendogli educatamente.

"Piacere mio, Martina. E chiamami Alvaro, Al per favore." Sorrise a sua volta, scuotendo la mia mano, mantenendo però quell'espressione stanca dipinta in viso.

Annuii, lasciando la sua mano e strofinandomi lievemente il braccio.

"Forse è il caso che vada a vedere se sta bene." Allungai l'indice verso la direzione presa poco prima da Jorge ed aspettai che tutti approvassero la mia decisione, prima di voltarmi e raggiungere la sua stanza alla fine del corridoio.

La porta era chiusa, ma non mi preoccupai di bussare, sapendo che mi avrebbe detto di lasciarlo solo.

Per tanto, abbassai semplicemente la maniglia, sospirando quando notai che non era chiusa a chiave. Spinsi la porta per aprirla e la prima cosa che attirò la mia attenzione fu la crepa nel muro, proprio accanto alla testa di Jorge.

Come aveva fatto a procurare quella crepa in un muro di cemento, per quanto poco spesso fosse?

"Jorge." Lo chiamai, ma non ottenni risposta. Mantenne la fronte premuta contro al muro scuro, la sua mano era chiusa a pugno e tutto ciò non mi permetteva di vederlo in faccia. Stava piangendo?

Il ragazzo del BronxDove le storie prendono vita. Scoprilo ora