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"Sei sempre stato un ragazzo intelligente." Peter mi derise, la sua voce uscì appena a causa della pressione della mia mano sul suo collo. "Sei malato." sputai, mentre colpii la sua guancia con il mio pugno. Il sangue iniziò a scorrere dalla sua bocca, mentre sorrideva amaramente. Era perfidamente soddisfatto. "Per cosa lo fai?" Gli diedi una ginocchiata nello stomaco, e lo sentii grugnire. "E' stato divertente prenderla in giro." disse con voce contorta. "Soprattutto quando ho guadagnato la sua fiducia dopo averla salvata da dei uomini cattivi che volevano violentarla."

"Fottuto bastardo!" gridai, colpendolo ripetutamente, riversando tutta la mia rabbia nei calci e nei pugni. A malapena si difese. Dato che ce l'avevo sotto mano, riusciva ad evitare solo pochi colpi, niente di più. Quando era senza fiato sul pavimento, il suo amico finalmente entrò, rimase a bocca aperta alla vista delle piastrelle insanguinate e Peter semi-cosciente. Stephie era dietro di lui, coprendosi la bocca con le mani. I suoi occhi erano inorriditi. Mi asciugai le mani sulla maglia, lasciando delle macchie rosse su di essa. "Che diavolo hai fatto?" strillò, correndo al fianco di Peter. Stava cercando di mantenere quel suo atteggiamento spavaldo, ma fallì miseramente.

"Uscire con questo sacco di merda è troppo anche per te, Stephie." dissi, cercando di riprendere fiato. Se non fossero arrivati loro, forse non avrei smesso di pestarlo. Non disse nulla, come se non fosse sicura di poter essere in disaccordo con me. Sembrava anche molto confusa. Avrebbe dovuto esserlo se aveva sentito la nostra conversazione. Il ragazzo dai denti grossi fissava la scena ancora con la bistecca premuta sul suo occhio. Mi sentii ribollire di rabbia, ancora una volta, sapendo che Peter aveva recitato la parte dell'eroe mentre qualcuno attaccava Martina. Il suo volto cambio quando realizzo che avevo messo insieme i pezzi, e lo colpii.

"Te ne pentirai se metterai di nuova una mano addosso alla mia ragazza." dissi davanti a lui mentre lo colpii con un pugno nell'occhio già nero. Urlava dal dolore come una femminuccia, e subito dopo lo colpii all'inguine con un calcio, il quale lo fece cadere a terra. Prima di andarmene, mandai uno sguardo diretto a Peter, che stava cercando di stare seduto sul pavimento e tossiva. "Desidererai di essere morto quest'oggi." I miei tentativi di calmarmi non erano molto proficui dato che lottai con me stesso per non tornare indietro e finire quello che avevo iniziato. Sapevo che avevo promesso a Martina che non avrei mai ucciso qualcuno, ma mentirei se dicessi che non volevo vedere quel coglione vivo. Fare il finto vagabondo mentre la mia ragazza veniva attaccata dai i suoi amici e far finta che le avessero fatto del male solo per giocare all'eroe era davvero troppo anche per Peter. Cercai di convincermi che Martina non si fidasse davvero di lui solo perché era li quando io non c'ero, ma sapevo che era probabilmente confusa in questo momento e mi odiava. Peter aveva scelto il momento perfetto per distaccarci ulteriormente, quando il nostro rapporto era più vulnerabile. Presi dei respiri pesanti mentre camminai in giro, cercando di sbollire la rabbia. Quando i convinto di essere in buone condizioni, tirai fuori il mio telefono e composi il numero di Martina ma non rispose e scattò la segreteria telefonica.

Chiusi la chiamata più frustrato di quanto non fossi prima. Non voleva parlare con me, ma ero disposto a presentarmi alla sua finestra, se fosse stato necessario. Iniziai a camminare fino alla mia auto, componendo di nuovo il suo numero nella speranza che avrebbe risposto. Quando rispose, ero cosi sorpreso che non sapevo cosa dire. Ci fu un breve silenzio, durante il quale sentii solo il suo respiro. Probabilmente stava cercando di non piangere. "Perché non mi hai chiamato?" chiesi. Mi ero ripromesso di essere comprensivo e rilassato per non turbarla ulteriormente, ma la pazienza non era il mio forte. Martina non rispose, ma la sentii prendere un respiro. Ero quasi arrivato alla mia auto. La aprii e i catapultai dentro. "Stai bene?" provai di nuovo. "lo.." iniziò. "Non lo so." Sentii il rumore di alcuni fogli e l'interruttore di una lampada.
"Sto arrivando." dissi, inserendo le chiavi. "No." esclamo in fretta. "No, non venire. La mia famiglia è a casa, ho solo bisogno di dormire.."

Il ragazzo del BronxDove le storie prendono vita. Scoprilo ora