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Jorge Pov.
Non sapevo che cosa dire. E se no ci fosse nulla da dire? Annuii lentamente dato il mio silenzio, prendendola negativamente. "Devo andare in bagno." disse in un sussurro. Quando la lasciai uscire dalla cucina senza dire una parola, mi sentii come se la stessi lasciando andare per davvero. Non volevo questo, ma non riuscii a trovare le parole per farla rimanere. Non appena sentii lo scroscio d'acqua, colpii il muro. Le piastrelle non mi ferirono le nocche, ma ero certo che avessero provocato rumore. Mi morsi il labbro, conficcando i denti nel taglio provocato da Peter. Dannato figlio di puttana! Mi diressi in camera mia, togliendomi i vestiti e sparpagliandoli ovunque, fino a che non rimasi con solo i jeans e la canottiera bianca addosso.

Le mani mi tremavano di rabbia verso me stesso ovviamente e mi sentii come se avessi avuto il bisogno di sfogarmi prendendo a pugni il muro. Ma riuscii ancora a sentire il getto d'acqua scorrere, per cui cercal di controllarmi.

Martina entrò timidamente nella stanza pochi secondi dopo, stringendosi le mani in grembo. "Sei un coglione egoista." sbottò, guardandomi. Cio che aveva detto sembro distrarmi dall'odio che provavo verso me stesso. Smisi di gesticolare, posando le mani dietro al collo e fissandola perplesso. "Lo so."

"Bene." disse semplicemente, sedendosi sul mio letto. Doveva essersi sciacquata il viso con l'acqua fredda, perché ora i suoi occhi non erano piu arrossati. Mi sedetti accanto a lei, le nostre coscie si sfiorarono. "Ti direi che dovresti mollarmi, ma non voglio che tu te ne vada." dissi, prendendo la sua mano nella mia. Martina guardò le nostre mani e rise. Fu breve, senza ironia.

Nulla a che fare con le sue solite risate. "Cos'e successo a quella canzone?" domandò, incrociando il mio sguardo. I suoi occhi erano ancora lucidi, ma non ero sicuro che fosse per la paura, per l'impotenza o per la rabbia che aleggiava dentro di essi. "Continui ad essere la mia ragione." sussurrai sincero. Mi sembrò di vederla arrossire perché sembrò abbozzare un sorriso. "Non avrei mai voluto rovinare la nostra relazione. Sei la cosa più importante della mia vita e non sopporterei l'idea di perderti." dissi, ma Martina sembrò dubbiosa, come se non riuscisse a credermi "Perché ti stai facendo tutto questo, Jorge?" la sua serietà mi svuotò la mente. "So che stai attraversando un periodo difficile, e credi che lavorare per Anthony sia l'unica cosa che vorrai per il futuro, ma tuo padre non vorrebbe questo. Era cosi fiero di te per esser diventato un brav'uomo." Le sue dita accarezzarono dolcemente il dorso della mia mano, i suoi occhi erano ancora puntati nei miei. "Ha importanza adesso?" domandai con nostalgia. "Dovrebbe." disse convinta. "Gli hai promesso che ti saresti preso cura della tua famiglia e che saresti stato onesto, che saresti cresciuto. Stavi andando cosi bene prima.."  non ebbe bisogno di concludere la frase. "Prima che tutto peggiorasse?" obbiettai. Questo era ciò che era successo. "So che difficile vedere il bicchiere mezzo pieno adesso, ma le cose si sistemeranno. Il dolore non se ne andrà mai, ma diventerà più facile da gestire. Devi scacciar via il rancore. E ciò che vorrebbe tuo padre." disse guardandomi con attenzione, mentre la sua mano scorreva lungo i tatuaggi dell'avambraccio. "Non mi aspetto
che tu capisca."

Nei suoi occhi vidi ancor più dolore persino più profondo di quanto ebbi visto nella settimana passata ma non c'era niente da fare. Non avrei potuto tenerla al mio fianco se avessi continuato a trattarla come una merda. Ero stato completamente sincero quando le avevo detto che era la cosa più importante della mia vita, per cui ero riuscito a compiere un gesto maturo per risparmiarle un po' di dolore: la stavo allontanando di nuovo.

Martina si morse l'interno della guancia ed assottigliò lo sguardo. Abbassai il capo perché non volevo constatare ciò che le stavo facendo passare. Distruggere la nostra relazione sarebbe stata la cosa migliore per lei avrebbe passato alcune settimane, forse mesi, con il cuore spezzato, ma l'avrebbe superato e si sarebbe sentita meglio. Tuttavia, aveva ragione, ero un coglione egoista. Ma non riuscivo a sopportare l'idea di perderla del tutto. Avevo bisogno di sapere che mi sarebbe rimasta accanto quando meno me lo meritavo. "Devo fumare." mormorai, scuotendo i capelli. Martina mi lasciò velocemente la mano, quasi vergognandosi del fatto che la stringeva ancora. "Se proverai un'altra volta quelle schifezze  stai certo che non otterrai un'altra possibilità." disse fredda, alzandosi ed avvicinandosi al mio armadio.

Il ragazzo del BronxDove le storie prendono vita. Scoprilo ora