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"Un minuto non cambierà niente, Marty. Ho bisogno di sapere perché sei venuta." Annuì, ma non rispose. Mi appoggiai alla ringhiera per riposarmi, ero molto più stanco di quello che volli ammettere. "Ho detto alla polizia cos'ha fatto Peter." disse improvvisamente, tergiversando dalla conversazione che avremmo dovuto avere. Il suo sguardo era fisso sul fiume, le sue mani poggiate alla ringhiera ed un'espressione truce disegnata sul viso. "Credo che più accuse riceverà, più probabilità abbiamo che vada in prigione. Lo hai detto ai tuoi genitori?" dalla luce nei suoi occhi capii che sarebbe stato difficile per lei rivedere le immagini di quella notte. Martina scosse il capo. "L'ho raccontato solo ad un ufficiale della centrale di mio padre. Non voglio addossare un fardello del genere ai miei genitori. Dopo tutto sto bene e se gliel'avessi detto sarebbero diventati iperprotettivi, senza permettermi nemmeno di uscire da Manhattan. E probabilmente mi avrebbero impedito di vederti."

La gola divenne secca quando pronunciò l'ultima parte. "L'ufficiale Williams mi ha promesso che farà restare tutto nell'anonimato, cosi nessun altro lo verrà a sapere. Ho dovuto persuaderlo, ma l'ho costretto a promettermelo." Cambiò posizione, in modo che potesse guardarmi. "Non ho dubbi che le tue abilità nell'essere carismatica possano indurre un uomo a fare ciò che vuoi." dissi sorridendo, perché mi rendeva felice sapere che quel bastardo avrebbe pagato per ciò che le aveva fatto, a prescindere da quanto avevo fatto io per incasinarle la vita. Martina curvò timidamente gli angoli della bocca verso l'alto. La brezza invernale continuava a scompigliarle i capelli ora nemmeno le mollettine riuscivano a tenerli in ordine. "Quindi non vuoi smettere di vedermi, eh?" la mia voce risultò più naturale. Avevo cercato di non sembrare troppo speranzoso con quella domanda. "Lo sai che è cosi, Jorge." Sentirla pronunciare il mio nome mi provocò i brividi lungo la spina dorsale. L'avrei baciata se non avessi avuto paura che mi respingesse.

Non volevo rovinare tutto; avrei dovuto lasciare che si fidasse nuovamente di me. E l'avrei fatto. "Anthony si è fermato all'ospedale mentre non c'era nessuno." e dissi, rimanendo appoggiato alla ringhiera, perche non avevo pensato di potermi stancare cosi tanto. "Per un momento ho pensato che volesse soffocarmi con il cuscino." Martina assunse un'espressione terrificata. Supposi che lei, più di chiunque altro, avrebbe pensato la stessa cosa. Amava i film. "Che cosa voleva?" Sembrò interessata, nel suo tono di voce colsi una punta di paura. Non aveva mosso un solo muscolo "Assicurarsi che stessi bene." mimai le virgolette. "Ciò che realmente voleva dirmi era che non avevo più una macchina. Oh, e mi ha consigliato che avrei dovuto continuare a fargli favori non appena sarei stato meglio." dissi sprezzante. "Che cosa gli hai detto?" L'insicurezza nel suo tono di voce mi fece realizzare che non ero ancora fuori dai guai. Continuava a credere che gli avessi risposto di si. "Che avevo finito. Non voglio assolutamente più avere a che fare con lui e i suoi affari. Ho perso troppe cose solo per fare soldi e non ne valeva la pena"

"Doveva essere furioso."

"Non m'interessa" dissi. "Ma cos'è successo alla macchina?" domandò Martina. "Non era messa cosi male l'ultima volta che l'ho vista."

"E' stata confiscata dai poliziotti." Mi strinsi nelle spalle. "Di certo non avrei pagato per ripararla."

"Mi dispiace. So che amavi quella macchina. Ma se non altro mio padre ha detto che non hanno trovato documenti al suo interno, per cui sei salvo." Sollevai il colletto della felpa sino al mento. La temperatura stava scendendo. "La macchina è l'ultima delle mie preoccupazioni." Dissi guardandola. "Che cosa ti preoccupa?" Martina mi stava fissando, ma sembrò non avere il coraggio per incrociare il mio sguardo. Impiegai un secondo per riordinare i pensieri, inspirai ed espirai profondamente. "Sai qual è stata l'ultima cosa che ho visto prima di perdere coscienza? Probabilmente me. Ero praticamente addossata a te, sembravo pazza." Sembrò rabbrividire per l'imbarazzo di quel ricordo. "Ho pensato che fossi un angelo." l'anticipai prima che potesse dire altro. "Ho pensato che fossi morto e che mi trovassi in paradiso. Sebbene le possibilità che ciò capiti siano scarse." Sollevò velocemente lo sguardo, illuminato per via delle luci sul ponte. "Quando i tuoi occhi si chiusero... Non ho mai avuto più paura in vita mia." Posò le mani sulle mie. Mi prese alla sprovvista e per poco non sobbalzai. "Ho pensato che saresti morto credendo che ti odiassi."

Il ragazzo del BronxDove le storie prendono vita. Scoprilo ora