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La mattina seguente, quando mi svegliai, mi sentii stordita. Jorge ed io non avevamo fatto sesso nella mia macchina, ma se n'era andato con uno sguardo che lasciava intendere che sarebbe capitato in un futuro prossimo. Mi sorpresi a pensare che avrei voluto che capitasse al più presto. Se non potevo essere la prima volta di Jorge, almeno avrei voluto che quel momento fosse memorabile per lui. Le mie labbra sapevano ancora di quel bacio, nel mio stomaco sentivo ancora le farfalle, ricordando le sue parole. Mi aveva fatto sentire in paradiso con quel semplice e presumibilmente non romantico discorso. Mi sentii rassicurata e felice, come se nulla avesse potuto rovinarmi l'umore. Persino incontrare Diego per il nostro progetto di chimica mi sembrava un compito meno arduo ora. Prima di uscire per andare in biblioteca, vidi Jack in cucina, mentre faceva colazione. Non avevo avuto l'occasione di parlargli l'altra sera quando tornai a casa, perché ero troppo occupata in una conversazione telefonica per riuscire a darmi anche solo la buonanotte. Tuttavia, quella mattina sembrava solo assonnato mentre fissava la sua tazza colma di cereali. Versai un po' di succo d'arancia nel bicchiere di mio fratello. Mi notò solo quando gli piazzai davanti il bicchiere. Alzò lo sguardo, intontito, e mormorò un "giorno."

"A che ora sei andato a letto ieri sera?" domandai, appollaiandomi sullo sgabello di fronte a lui. Jack sbadigliò. "Non lo so... tardi." Sbuffai. Quello era ovvio. "Non aveva nulla a che fare con il fatto che fossi impegnato a parlare al telefono, vero?" Jack si accigliò, come se improvvisamente si fosse svegliato il che fu una buona cosa visto che erano già le dieci passate. Si strinse nelle spalle. Inclinai la testa da un lato. Non era di grande aiuto. "Beh, chi era?" insistetti, cercando di non mostrarmi troppo esigente. Jack continuò a non rispondere. "Al telefono, intendo."

"So cosa intendi." disse, difendendosi, la sua voce era ancora avvolta dal sonno. "Era un amico." Fece una pausa prima di pronunciare la parola amico, per cui capii che stava nascondendo qualcosa. "Questo amico, per caso, è lo stesso ragazzo che ti stava aspettando fuori da scuola ieri?" domandai disinvolta, cercando di non fargli capire che l'avevo spiato Omettei il fatto che l'avevo visto anche da The Country's Best Yogurt. La curiosità mi stava mangiando viva. Jack spalancò la bocca, il cucchiaio gli cadde dalla mano, finendo nella tazza e schizzando latte e cereali dappertutto. Lo recuperò velocemente e balbettò. "D- di che cosa stai parlando?"

Non ebbi nemmeno il tempo di rispondere che si alzò e con velocità uscì dalla cucina, lasciandomi basita. Non sembrava star bene per niente. Ero determinata a scoprire chi fosse quel ragazzo sconosciuto e che cosa stava facendo a mio fratello.

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"Quel vestito non è troppo informale?" mi domandò mia madre mentre mi pettinava i capelli. "Cos'ha che non va? Credo sia carino. Per di più fa freddo fuori." dissi, guardandomi il vestito marrone e le calze nere. Dal momento in cui il matrimonio non richiedeva la cravatta nera sebbene Jorge mi aveva promesso che avrebbe indossato qualcosa di elegante optai per qualcosa che potesse almeno coprirmi dal freddo. Il vestito non era semplice. Aveva le maniche che arrivavano fino al gomito ed una gonna appena sopra al ginocchio. Il tessuto vellutato era abbellito da disegni floreali intricati e sulla parte posteriore vi era uno scollo. Le calze erano di medio peso, cosicché le mie cosce non sarebbero diventate viola. Dovevo ancora infilarmi le scarpe. Mia madre si strinse nelle spalle. "Sarai bellissima lo stesso. Continuo a pensare che sia un po' povero." Strinse le labbra mentre legava i miei capelli in una coda di cavallo.

Odiavo mentire ai miei genitori, ma sarebbe stato difficile spiegare ai miei genitori che sarei andata ad un matrimonio di due amici, piuttosto giovani, del mio ragazzo. Sarebbero inorriditi per il fatto che si sarebbero sposati a quell'età e avrei dovuto anche dirgli del bambino, e che il matrimonio si sarebbe celebrato in una di quelle cappelle in stile Las Vegas. No, non credo che avrei avuto la forza per affrontare tutto quello. La scusa del brunch aveva funzionato. Per cui ora ero pronta per passare a prendere Samantha (quella parte era vera) e dirigerci poi all'attico del mio amico Chuck (era il ragazzo più ricco della scuola e organizzava spesso feste a casa sua) per il brunch del sabato.

Il ragazzo del BronxDove le storie prendono vita. Scoprilo ora