CAPITOLO UNO

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<Eccoci qua>sussurro a me stessa di fronte all'imponente edificio, che per i prossimi mesi, diventerà la mia nuova casa. Mi sono appena trasferita in un'altra città, per l'esattezza in Svizzera, per proseguire i miei studi. Io provengo da un paesino al sud dell'Italia, così piccolo che sulla cartina non esiste nemmeno. Grazie all'aiuto economico dei miei genitori, ho comprato un appartamento vicino l'università, anche se ho già deciso che mi troverò un lavoro, perché odio dipendere dagli altri. Mi sono sempre appoggiata agli altri e questo non ha fatto altro che rendermi fragile e indifesa, poiché le persone alla fine cambiano e ti lasciano da soli ad affrontare il loro abbandono. Forse è per questo motivo che sono "scappata" dalla mia città, per non dipendere emotivamente da nessuno. Mi sono trasferita con la speranza di lasciare tutto e tutti alle spalle: i pettegolezzi, le bugie, i tradimenti. Ho sempre sentito persone che parlavano di come affrontare o perdonare un tradimento di qualunque genere esso sia. Purtroppo ho scoperto, a mie spese, che il tradimento è un qualcosa d'irreversibile: non si può rimediare o semplicemente perdonare. Quando qualcuno tradisce la tua fiducia, è come se avesse ucciso una parte di te, poiché in essa riponiamo una parte di noi stessi e la doniamo all'altro. Il tradimento poi è coperto dalle bugie che la gente s'inventa per mascherarla e se c'è una cosa che odio di più in questo mondo è proprio la menzogna. Succede poi, che quando tutto viene a galla, le persone intorno a te iniziano a inventarsi storielle e a parlare, solo per il gusto di farlo, permettendosi anche di esprimere giudizi o di prendere le difese di qualcuno, non conoscendo la verità dei fatti. In realtà, in un tradimento non esistono né vinti né vincitori. Ci sono persone che ne escono ferite e poi ci sono le persone bugiarde, le quali non hanno il coraggio di affrontare la vita a viso scoperto. E penso che sia proprio questo il più grande difetto del genere umano.

Scuoto la testa cercando di scacciare via questi pensieri e mi concentro sul grande portone che mi condurrà al mio appartamento. Si trova al secondo piano, arredata semplicemente con pochi mobili, ma è molto moderno e fortunatamente il vecchio proprietario mi ha già consegnato le chiavi. Le prendo dalla borsa, appoggiando a terra la valigia e le inserisco nella toppa della serratura. Tutto è come l'ho lasciato l'ultima volta che sono venuta a sistemare una parte della mia roba. Osservo l'interno dell'appartamento e rilascio un profondo respiro, che non pensavo di aver trattenuto. Da oggi in poi, dovrò cavarmela da sola e non so se essere eccitata o spaventata a morte; in fondo non conosco nessuno in questa città che potrebbe aiutarmi e da quello che ho notato, nelle mie visite occasionali, le abitudini sono molto differenti dalle mie. Forse ho fatto un errore a trasferirmi così in fretta, forse dovevo lasciar passare qualche mese e vedere se tutto si fosse risolto. Tiro fuori dalla tasca del mio cappotto grigio il mio cellulare e sblocco lo schermo per controllare l'ora. Mi soffermo a guardare la foto di sfondo, la quale ritrae me e ai lati le mie due migliori amiche mentre fissiamo sorridenti l'obiettivo. Compare automaticamente sul mio volto un ampio sorriso, ripensando a tutti i bei momenti passati nella mia amata cittadina. Prima che io possa scoppiare in lacrime, spengo il cellulare, per evitare le continue e assillanti chiamate da parte dei miei genitori, e mi sposto nella camera da letto, trainando la mia valigia. Arrivata nella stanza, inizio a sistemare i vestiti nel grande armadio, posto di fronte al letto matrimoniale. Stanca per il viaggio decido di rilassarmi, per poi uscire a esplorare la città. Dopo essermi fatta una doccia e cambiata, esco da casa, nella speranza di trovare qualche lavoretto. Gironzolo svogliatamente per le strade da ormai un paio d'ore e inizio a dubitare di riuscire a trovare qualcosa da fare. Alzo lo sguardo e osservo il cielo diventare più scuro a causa delle nuvole che lo stanno coprendo, cariche di pioggia. " oh no!"Per evitare di bagnarmi e prendermi così un malanno, decido di ritornare all'appartamento. Però qualcosa attira la mia attenzione: è un annuncio in cui si richiede la disponibilità come cameriera. Alla vista di quell'annuncio, sgrano gli occhi ed emetto dei versetti di felicità infantile, causando diverse occhiatacce da parte di gente che entra ed esce dal cosiddetto locale. Mi scuso freneticamente, cercando di non fare ulteriori figuracce e mi avvio verso l'interno del locale. Però proprio mentre apro la porta, mi scontro con qualcosa, o meglio qualcuno. Alzo lo sguardo e mi ritrovo davanti ad un ragazzo molto alto,con i capelli non eccessivamente lunghi e scuri e gli occhi di un verde scuro che mi fissano infastiditi. Sulla sua fronte si sono formate delle rughe, creando un leggero cipiglio tra le sopracciglia, chiaramente irritato da quello scontro inaspettato. Le sue labbra carnose sono serrate, così come la sua mascella. La sua corporatura,seppur muscolosa, non gli conferisce quell'aria da duro che vuole mostrare. Nel complesso devo ammettere che è un bel ragazzo, diverso da tutti quelli che ho incontrato, ha un'aria particolare, come se non appartenesse a questo mondo.

Non mi rendo conto di essere rimasta ferma ad ammirarlo fino a quando non sbotta:<ehi, devi starmi ancora addosso? Se vuoi posso portarti a casa mia> mi dice ammiccando. Mi riprendo dal mio stato di trance e rielaboro mentalmente le sue parole:< ma come diavolo ti permetti? Per chi mi hai preso per una puttana?> sto praticamente urlando. Come si permette questo sconosciuto a trattarmi così? Si può essere più arroganti e maleducati? Quando cerco di controbattere, una voce mi precede:

<Dai Christian non essere così maleducato! Non vedi che è una povera ragazza innocente?> mi volto verso la direzione da cui provengono quelle parole e vedo un uomo muscoloso farsi spazio tra la folla e venire verso di noi. Lo ringrazio mentalmente per quell'interruzione e l'osservo mentre si dirige verso di noi. Anch'egli è molto alto e leggermente muscoloso. Prosegue a passo deciso nella nostra direzione.

<Lo sai anche tu che le ragazze vogliono soltanto quello, Gabriel> ribatte con strafottenza il ragazzo dagli occhi verdi che, a quanto pare, si chiama Christian.

<Forse siete voi "uomini" a volerlo e noi siamo così stupide da assecondarvi> rispondo alla sua provocazione, guardandolo. Si volta verso di me:<senti dolcezza abbassa i toni> ringhia. <perché cosa vorresti fare? Costringermi a venire a letto con te? O peggio, a obbedirti? Già parlarti in questo momento è una tortura!> lo sfido acida.

< chi ha detto che voglio venire a letto con te? Scusami ma non sei proprio il mio tipo> ride di gusto e mi guarda disgustato.

Le sue parole mi feriscono ma non voglio dargliela vinta:< neanche tu sei il mio tipo credimi! Quindi, mettiti l'anima in pace>. Una voce interrompe nuovamente la nostra discussione:<ragazzi smettetela! Non nel mio locale vi prego> ridacchia Gabriel o almeno così mi sembra. A quelle parole mi blocco e mi rivolgo all'uomo vicino a me.

<lei è il proprietario?> chiedo, distogliendo l'attenzione dal ragazzo di fronte a me.

<sì, sono Gabriel Gallas, proprietario del G&G. Posso aiutarti?> mi chiede gentilmente. <vorrei chiederle qualche informazione sull'annuncio>. Intanto Christian è sparito tra la folla, forse alla ricerca della sua nuova puttanella.

<certo sì, vieni così possiamo parlare in privato>. Gabriel interrompe i miei pensieri poco carini e lo seguo.

Dopo circa un quarto d'ora di domande e risposte, Gabriel mi porge la mano e mi saluta. <bene! Ci vediamo sabato prossimo per le 21:00 per il tuo primo giorno>.

<grazie mille! Arrivederci>. Mi allontano e tra la folla il mio sguardo si posa sul ragazzo di poco fa, Christian, che sta letteralmente succhiando la faccia di una ragazza, a mio parere tutta rifatta. Disgustata, mi avvio verso la strada di casa.

Il destino ci ha fatto rincontrare Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora