CAPITOLO OTTANTANOVE

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POV ELISA

< sei così carina quando dormi ... un angioletto> commenta indifferente Massimo, seduto su una sedia a dondolo di fronte al letto, mentre smanetta col cellulare < perché l'hai fatto?> mormoro con sguardo perso. Alza lo sguardo e corruga la fronte < fatto cosa?> lo fisso con espressione glaciale < lo sai ...> sibilo disgustata < hai ucciso una ragazzina a sangue freddo. Come hai potuto? Cosa ti ha fatto una povera bambina?> continuo il mio monologo con voce piatta < quella bambina non mi aveva fatto niente> risponde con un'alzata di spalle < me l'hanno chiesto e io l'ho fatto> inarco un sopracciglio < e chi te lo avrebbe chiesto?> scoppia a ridere < perché dovrei dirtelo?> sghignazza. < se fossi in te, mi chiederei cosa ci fai qui> < l'ho fatto, ma nessuno si degna di rispondermi> sbotto inviperita. Mi arriva uno schiaffo dritta in faccia < non ti rivolgere a me in questo modo! Puttana!> mi massaggio la guancia dolorante e abbasso lo sguardo. < comunque riguarda il tuo ragazzo> dice < non è più il mio ragazzo> ribatto sempre con gli occhi rivolti verso il materasso < oh lo sa ed è per questo che tutto è più divertente. Ora lui si trova in qualche stupido locale a festeggiare il suo matrimonio> sghignazza e io sussulto. Ha ragione. Lui ora starà con sua moglie, non penserà di certo a me. Sono fottuta. < vedo che stai realizzando in che situazione di merda sei a causa di quel fottuto damerino> ride e io mi stringo nella coperta. < non preoccuparti. Ci divertiremo un po' e poi ti lasceremo libera> ammicca e si avvicina alla porta < torno tra un'ora, non provare a scappare o giuro che ti ammazzo> minaccia e chiude la porta alle sue spalle. Scoppio a piangere disperatamente, abbracciando il cuscino < Chris ...> sussurro con voce rotta < ho bisogno di te ...> mormoro e chiudo gli occhi, rivivendo con la mente i momenti più belli passanti con l'uomo che amo.

POV CHRISTIAN

< Elisa, dove sei?> mormoro nella mia stanza, colpendo ripetutamente con una pallina il muro di fronte a me. Abbiamo cercato per tutta la città, in tutti i magazzini e gli edifici abbandonati, ma nessuna traccia. Lo squillo del cellulare mi fa sobbalzare e mi precipito a rispondere < Elisa?> dico con il cuore in gola e la speranza nella voce. Una sonora risata mi colpisce dritto al petto e deglutisco faticosamente < Stefano?> sussurro timoroso per paura di una conferma < ma come Christian, non ti ricordi dei tuoi vecchi amici?> la mia mente passa in rassegna tutti coloro che conosco e si sofferma su una persona in particolare; la sua voce e la sua risata sono inconfondibili < Massimo?> < finalmente ci sei arrivato. Vediamo se riesci a capire il motivo della mia chiamata ...> mi provoca e posso sentirlo sghignazzare < Elisa ...> dico solamente < sei un ragazzo intelligente, proprio come dieci anni fa, però questa volta non potrai mettermi i bastoni tra le ruote> ad un certo punto dall'altra parte sento delle urla strozzate e so esattamente a chi appartengono < figlio di puttana!> sibilo < lasciala o giuro che ti uccido!> < le tue minacce non mi fanno paura, Becker, soprattutto perché ora lei e qui e tu no. Sai penso proprio che ci divertiremo con la tua ragazza > e la chiamata si chiude immediatamente. Fisso il telefono, mentre lo tengo chiuso nella mia mano tremolante, poi mi viene un'idea < posso rintracciare la telefonata.> mi metto subito all'opera e cerco disperatamente il luogo di provenienza di quella chiamata. Apro tutti i programmi da me ideati, tutti i nomi dei contatti registrati nei tabulati telefonici e finalmente lo trovo: la fabbrica abbandonata a 2 km da Lugano. Ma certo, perché non ci ho pensato prima! Chiamo immediatamente mio fratello. Risponde dopo pochi squilli < l'hai trovata?> chiede subito < sì, vienimi a prendere. Ora>

< alla vecchia fabbrica abbandonata?> chiede Conor durante il viaggio, ma io sono troppo distratto per prestargli attenzione. Nella mia mente sono ancora registrate quelle urla disperate di Elisa. Chissà cosa le stavano facendo? Senza volerlo, le mie mani si chiudono in due pugni serrati e le nocche mi diventano bianche < Chris andrà tutto bene> mi rassicura Conor <ho paura Conor, per la prima volta nella mia vita ho paura> < è plausibile> < sai chi era al cellulare?> scuote la testa <Massimo Geloni> sgrana gli occhi < cosa?> Gli racconto tutto dal principio, dei miei sospetti e dei ricatti di Stefano < perché cazzo non me l'hai detto prima?> sbotta infuriato < non pensavo sarebbero arrivati a tanto > ammetto < Chris quella gente è pericolosa e lo sappiamo bene, ma Elisa cosa c'entra?> < ti ricordi di quella notte?> < e chi se la dimentica >sospira < quella bambina che abbiamo salvato era Elisa> sorrido e lui mi fissa allibito < Elisa?> annuisco < che strano gioco del destino ... vi siete già visti dieci anni fa e ora vi siete rincontrati. E lei lo sa?> scuoto la testa < lei non si ricorda niente di quella notte. Ho parlato con suo padre> sbatte gli occhi incredulo < hai parlato con lui?> mi stringo nelle spalle < non avevo scelta. Mi ha riconosciuto non appena ho messo piede in casa sua. Cosa potevi dirgli?> annuisce comprensivo < mi ha raccontato che ha subito una sorta di trauma e ha completamente rimosso l'episodio dalla memoria, ma continua a fare strani incubi ...> mi interrompo, serrando i pugni con forza < che genere di incubi?> chiese cauto, anche se dalla sua espressione, capisco che ha già indovinato < di quella notte ... lei vede delle persone che la molestano e poi un ragazzino con l'orecchino che la salva> spiego e immergo la faccia tra le mani in un gesto disperato < eri tu!> realizza con un sorriso < ero io, ma come ho detto, non si ricorda di me> sospiro e mi spalmo sullo schienale < ora quei figli di puttana vogliono vendicarsi di me che gli ho sbattuti in carcere e per farlo vogliono completare l'opera che dieci anni fa ho interrotto> < non capisco però ...> mi interrompe Conor con fronte corrugata < anch'io ero presente quella notte, perché non se la sono presa anche con me ?> osserva chiaramente confuso e preoccupato < ti abbiamo messo in un centro di riabilitazione e poi non abbiamo saputo più niente di te. Mamma e papà dicevano che tu fossi morto per non rovinare l'immagine dell'azienda ...> < perciò quei bastardi mi credono morto?> < esattamente> confermo e torno a guardare fuori dal finestrino. Conor si agita nervosamente e io cerco di consolarlo < non prendertela se hanno detto questo. Loro erano disperati e volevano mantenere il tuo buon nome di figlio modello. Ora non vale la pena arrabbiarsi, anche se non ti biasimo. Insomma, credono che la mia ragazza sia un'assassina > < chi, Elisa? Come possono credere una cosa del genere?> < Stefano è andato da loro. Faceva tutto parte del suo sporco piano> sibilo furioso e con disgusto < che razza di situazione > commenta Conor al mio fianco. Successivamente gli spiego di Camilla e di sua figlia e di quanto Elisa abbia sofferto. Gli racconto che quando i nostri genitori l'hanno accusata, io non ho voluto averne più niente a che fare. Per me erano come morti < non ci credo> commenta, continuando a guardare dinanzi a sé < siamo arrivati> annuncia serio, mentre accosta sul ciglio della strada che conduce al casolare abbandonato. Scendo dalla macchina e ,seguito da mio fratello, mi dirigo cautamente nelle vicinanze della struttura. Sbircio da una delle finestrelle impolverate, ma non riesco a vedere bene l'interno, così sotto suggerimento di Conor, apro lentamente la porta malridotta. < ci siamo> dico in un sussurro e con un colpo la sfondo. Mi guardo intorno alla ricerca di Elisa, ma di lei nessuna traccia < Chris, sicuro che la chiamata proveniva da qui?> chiede mio fratello scettico < certo, secondo te potrei sbagliare una cosa da idioti come questa?!> sbotto inferocito. < almeno che ...> penso ad alta voce < mi hanno imbrogliato!> realizzo. In un impeto di rabbia prendo a calci e pugni il muro, mentre impreco animatamente contro la mia vita che in questo periodo si sta trasformando in un vero e proprio inferno < me l'hanno fatta di nuovo davanti al naso!> sputo < Massimo ha chiamato da qui per depistarci! QUEL MALEDETTO FIGLIO DI PUTTANA!> urlo con tutto il fiato e la frustrazione che ho nel corpo < Chris calmati. La troveremo. Possiamo chiedere aiuto a papà, sai che ha molte conoscenze sparse> < non pensarci nemmeno! Io non chiederò aiuto a quell' uomo!> dico con disappunto < Chris, maledizione! Non stiamo parlando di te, ma di Elisa. Metti da parte il tuo fottuto orgoglio e andiamo da lui. L'hai detto anche tu, prima la troviamo, meglio è!> sospiro sconfitto < hai ragione, andiamo>

POV ELISA

< così piccola, oh sì sei proprio una puttana coi fiocchi ...> ansima Stefano sopra di me, mentre spinge con tutte le sue forze. Cerco disparatamente di chiudere gli occhi e di immaginare Christian al suo posto, ma è veramente difficile farlo. Ricaccio indietro le lacrime che minacciano di uscire; non voglio piangere davanti a loro, perché darei loro la soddisfazione di essere riusciti a piegarmi e non l'avranno mai, non da me. Mentre spinge con più forza, stringo gli occhi e i pugni. < abbiamo finito bambolina> annuncia con orgoglio, poi si piega su di me e mi sussurra < ci vediamo più tardi> ammicca ed esce ridendo dalla stanza. Cerco di coprirmi la parte del corpo scoperta allungando la maglia, ma non è sufficiente. Mi sento nuda nell' anima, violata nella mia parte più intima e che ho riservato ad una persona importante come Christian. Christian. Chissà cosa sarà facendo in questo momento, se sta pensando a me, se si è accorto che sono scomparsa. Sospiro affranta, mentre asciugo velocemente gli occhi con la manica della maglietta sudicia che indosso. Non riesco più a percepire il tempo che passa, cosa accade intorno a me. Per quanto tempo hanno intenzione di lasciami qui? Con questi pensieri scivolo nuovamente nel sonno, priva di energie e di dignità, ma soprattutto senza alcuna speranza di riuscire ad uscirne viva. 

Il destino ci ha fatto rincontrare Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora