CAPITOLO DUE

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<Finalmente ti fai sentire! Sei proprio una stronza! Nemmeno un messaggio>. Grida dall'altro capo del telefono Alessandra, una delle mie amiche più strette, rompendomi un timpano.<Scusami ero impegnata. L'università, la ricerca del lavoro, l'appartamento ... non ho avuto tempo neanche per respirare!>provo a giustificarmi.

<non provare a giustificarti! Ritornando a noi ... com'è andata?>mi chiede ansiosa di sapere tutto. <abbastanza bene, è difficile abituarsi, ma è ancora l'inizio dopotutto. A te? Come va con Al?> cerco di cambiare argomento. <è un amore. L'altro giorno mi ha portata a cena fuori e ... > ed eccola che ricomincia a parlare a raffica del suo ragazzo tedesco. Alessandra è una ragazza nata in Germania, ma appena compiuti i 7 anni, la sua famiglia ha deciso di trasferirsi in Italia, da alcuni parenti. Ci siamo conosciute al liceo e da allora non ci siamo mai separate. Mi è sempre stata vicino, soprattutto nell'ultimo periodo della mia vita. È una ragazza alta e snella, anche se è costantemente a dieta e nessuno le farà mai cambiare idea sul fatto che è perfetta anche così. Nonostante la sua aria da menefreghista, è molto sensibile e sa volere davvero bene alle persone che le stanno accanto. Ha dei lunghi capelli ondulati di color castano chiaro, con una leggera sfumatura di biondo dorato sulle punte. I suoi occhi sono di un marrone - verde molto scuro e non molto grandi. Sfortunatamente dopo il liceo abbiamo intrapreso strade diverse ma siamo comunque in contatto. Infondo la Svizzera e la Germania non sono molto distanti, perciò sono sicura che riusciremo a vederci spesso.

<Eli, mi stai ascoltando?> la voce preoccupata di Alessandra mi riporta alla realtà. <certo! Perché me lo chiedi?> <Di solito mi interrompi con le tue solite domande ... cosa succede?> Per mia sfortuna, mi conosce talmente bene, che capisce sempre quando mento, anche se non riesce a vedermi e ora devo inventarmi qualcosa per poter evitare,almeno momentaneamente, le sue estenuanti domande, capaci di far confessare anche il peggiore dei criminali. Potrebbe avere una promettente carriera di avvocato.

< niente ... sono solo un po' stanca> sospiro. <Eli, so che non vuoi sentirtelo dire, ma penso che tu abbia bisogno di qualcuno ...><No!> la interrompo bruscamente<Non ho bisogno di nessuno ... non ricominciare con questa storia ... > sbuffo frustrata. < Eli, non sono tutti come quel cretino ... > ed eccola che ricomincia con il suo solito monologo. Inizia, dicendo che non tutti i ragazzi sono uguali, che sono una bella ragazza e termina teatralmente affermano che alla fine mi chiuderò in un monastero e l'unico ragazzo che vedrò sarà l'iconografia del Signore. Sinceramente, io me la cavo da sola. Sono sempre stata una ragazza capace di alzarsi sulle proprie gambe e camminare da sola. Purtroppo, mi sono dovuta abituare al fatto che nessuno resta al tuo fianco, nonostante tutte le promesse,che puntualmente non vengono mantenute.

<... e poi ti verrò a trovare con i miei figli in un monastero!> visto? Alessandra completa il suo solito discorsetto e io alzo istintivamente gli occhi al cielo, consapevole del fatto che non può vedermi e inizio a ridacchiare. <Ma non ti stanchi mai?> Lei si unisce alla mia risata e, poco dopo, chiudo la chiamata.

Oggi è sabato, il mio primo giorno di lavoro al Pub. Mi faccio una doccia veloce e mi precipito in camera per vestirmi. Apro l'armadio e scelgo dei semplici leggins neri abbinati a una maglia bianca che mi copre il sedere e delle converse bianche. Decido che per il lavoro sia meglio indossare qualcosa di comodo e che non salti all'occhio; lavorerò comunque in un Pub, in un luogo dove ci saranno sicuramente ragazzi ubriachi o in prenda agli ormoni, e , sinceramente, non vorrei involontariamente alimentare le loro fantasie sessuali proprio su di me.

Prendo le mie cose e le infilo in una borsa, mentre esco da casa in direzione del locale. Il mio appartamento dista circa una decina di minuti a piedi e ciò rende tutto più semplice. Arrivo al Pub e trovo Christian seduto su uno sgabello vicino al bancone delle bibite, intento ad amoreggiare con una ragazza. Alzo gli occhi al cielo di fronte a quell'immagine e mi accorgo di Gabriel, il quale mi accoglie calorosamente in un abbraccio e m'invita a seguirlo. Mi guida verso l'interno, molto probabilmente nel suo ufficio, dove mi spiega il mio compito e mi avverte su eventuali ragazzi ubriachi che potrebbero avvicinarsi e importunarmi. Dubito fortemente che mi troverò in guai del genere. Il mio lavoro sarà quello di servire i tavoli, principalmente, ma dovrò occuparmi anche del bancone delle bibite. Esco dalla stanza e prendo subito la mia postazione seguita dallo sguardo insistente di Christian; la cosa m'infastidisce alquanto, così ricambio lo sguardo e gli alzo il dito medio. Di fronte al mio gesto sgrana gli occhi, si alza dallo sgabello e avanza verso di me. <Oh no!> borbotto sottovoce. Christian mi è davanti ora, mentre Gabriel sembra volatilizzato. "Perfetto! Sono morta! Ma che diavolo mi salta in mente?"

Mi trascina,afferrandomi i polsi con forza,verso i bagni e mi blocca al muro. Cerco invano di divincolarmi dalla sua possente presa, tuttavia è troppo pesante e io troppo debole. Ormai stanca di dimenarmi, mi fermo, sotto lo sguardo furioso di Christian. Avvicina il suo viso al mio, così da ritrovarci a pochi centimetri di distanza l'uno dall'altro. Posso sentire il suo respiro pesante,mentre cerca palesemente di contenere la sua rabbia.< Senti ora mi ascolti bene. Smettila di provocarmi, non sai contro chi ti stai mettendo!>ringhia minacciandomi. Ha un ciuffo scuro che gli cade perfettamente sul cipiglio che gli si è formato sulla fronte, uno sguardo furioso, in cui s'intravedono i suoi occhi ora di un verde scuro e mi sto seriamente spaventando. < prima di tutto,toglimi le mani di dosso!> sussurro inferocita e con voce che mi esce stranamente sicura< secondo: sei stato tu ad iniziare questa ... ehm ... cosa nei miei confronti e terzo: posso fare ciò che voglio!>la mia voce si inclina a causa del dolore ai polsi, procuratomi dalla sua presa. I suoi occhi ritornano verdi, come quelli di sempre, la sua espressione si ammorbidisce e sembra quasi preoccupato mentre allenta la presa, ma non accenna a spostarsi. Rimaniamo per qualche minuto a fissarci negli occhi, contro il muro del bagno e sento il mio viso andare a fuoco, a causa dell'eccessiva vicinanza.

< io ... > mi schiarisco la voce< dovrei andare adesso.> balbetto imbarazzata. Nessuno dei due accenna a spostarsi, quasi come se fossimo ipnotizzati. I polsi mi bruciano, e con cautela alzo di poco il braccio per poter controllare se ci sia qualche segno. Christian osserva tutti i miei movimenti,e dal suo sguardo capisco che sta pensando la stessa cosa. Mi guardo il polso e come sospettavo, noto dei segni rossi farsi strada su tutto il perimetro, facendo intravedere perfettamente la forma della sua presa. Non pensavo potesse vere una presa così forte; sono sconcertata. Con l'altra mano, mi sfrego il punto dolorante< non volevo farti male> sussurra silenziosamente Christian, rompendo il silenzio. Lo guardo decisamente male e con un gesto deciso, mi allontano dalla sua presa< certo, come no!> e ritorno alla mia posizione, lasciandolo lì, appoggiato al muro e con lo sguardo fisso nel vuoto.

Il destino ci ha fatto rincontrare Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora