Fifty six.

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Le strade di Los Angeles erano stranamente poco affollate, forse perché era piena mattina e gran parte degli abitanti del posto erano impegnati con il lavoro, la scuola o altri impegni che non avevano mai compreso Benjamin, solo qualche coppia o qualche uomo d'affari, impegnato a parlare al cellulare e a correre sui marciapiedi per raggiungere il luogo del suo prossimo appuntamento lavorativo, riempivano quelle strade altrimenti vuote, erano pochi i locali che, in quel momento, potevano vantare di avere clienti al loro interno quello era un fatto alquanto insolito per la città degli angeli, tutti erano abituati a vedere le strade costantemente piene e ad essere spintonate da ogni lato da passanti che andavano di fretta, quasi sembrava essere un'altra città.
Tra quei pochi che potevano permettersi il lusso di passeggiare, anche a quell'ora della mattina, c'era qualcuno a cui la terra sembrava essere scomparsa da sotto ai piedi, che si sentiva mancare l'aria mentre faticava a mantenere la calma.
Benjamin era fermo nel bel mezzo della strada, tutto intorno a lui sembrava essere scomparso, le sue gambe si erano fatte molli come gelatina e sembrava che non riuscissero a sopportare il suo peso, la sua mano continuava a reggere il telefono accanto all'orecchio ma non riusciva ad udire la voce del ragazzo che continuava a parlare all'altro capo del telefono.
Federico è all'ospedale.
Federico è all'ospedale.
Federico è all'ospedale.
Era questa la frase che continuava a ripetersi nella sua testa, Federico, il suo Federico, era all'ospedale, non era lì con lui, tra le sue braccia intento a sorridergli o a baciarlo, era in un freddo ospedale ed era lì senza di lui, era successo qualcosa al più piccolo e lui non aveva potuto evitarlo, non era riuscito ad aiutarlo, gli aveva promesso che lo avrebbe difeso dal mondo intero ma aveva fallito, era venuto meno alla sua promessa, non sapeva cosa fosse successo esattamente al ragazzo ma si riteneva responsabile, sapeva che lui poteva evitarlo, o quanto meno aiutarlo, ma era troppo preso dalla sua stupida passeggiata.
Federico stava soffrendo a causa sua.
Ancora una volta.
Il moro si costrinse a prendere un respiro profondo, per calmarsi, e si avvicinò al primo albero che vide per potersi appoggiare a qualcosa, sapeva che le sue gambe non avrebbero retto ancora per molto, chiuse gli occhi e cercò di scacciare via tutti i brutti pensieri ma la paura che il piccolo Federico potesse essere in fin di vita, la paura di non rivedere mai più i suoi occhi azzurri come il mare che erano diventati il suo faro nel buio, di non poter mai più baciare quelle labbra che più volte aveva sognato anche di notte, la paura di perderlo lo attanagliava.

Dopo non poco tempo passato nell'immaginare i scenari più terribili, che avevano come unico protagonista il più piccolo in fin di vita, Benjamin riuscì a ritornare con i piedi sulla terra e, fondamentale, perché questo avvenisse fu la voce di Brandon che, dal cellulare, continuava a chiamarlo.
-"Benjamin ci sei?!" Urlò ancora una volta Brandon.
-"Dimmi cosa gli è successo." Ordinò il moro.
-"Tutto quello che so è che dei ragazzi lo stavano prendendo in giro ma la situazione è finita male." Spiegò l'amico. "Mi ha chiamato uno dei professori affinché potessi raggiungerlo in ospedale ma non so se sia grave o meno." Continuò.
-"Ci vediamo lì." Rispose Benjamin e staccò la telefonata, non aveva tempo da perdere, Federico lo stava aspettando.

Benjamin corse il più possibile per le strade della città fino a quando non comparve davanti a lui l'ospedale, una volta giunto fu felice di vedere la familiare capigliatura del suo amico, non gli andava di starsene lì da solo perché sapeva che sarebbe finito per litigare con qualcuno.
-"Brandon!" Lo chiamò e corse nella sua direzione.
-"Ehi, Ben, che coincidenza sono appena arrivato anche io." Sorrise Brandon. "Entriamo?" Chiese.
Il moro non se lo fece ripetere due volte, spostò l'amico e lasciò che la porta scorrevole si aprisse per poi entrare.

Il più grande aveva davvero faticato per non litigare con la ragazza all'entrata dell'ospedale, questa si ostinava a ripetere che poteva entrare solo uno dei due e quello che era stato chiamato era Brandon, che tra l'altro era il suo coinquilino, che lui non era nessuno per Federico e avrebbe dovuto aspettare fuori, solo l'arrivo di un dottore riuscì a salvare la situazione.
-"Venite con me." Ordinò il dottore e fece strada ai due lungo il corridoio.

Una porta, di un verde sbiadito, entrò nella visuale dei due ragazzi e il cuore del moro prese a martellare incessantemente, senza neanche attendere il permesso del dottore aprì la porta e fu sollevato nel vedere che il ragazzo non era collegato a nessun macchinario ma, anzi, era sveglio e cosciente.
-"Federico!" Esclamò e gli gettò le braccia al collo. "Federico, Federico, Federico." Cantilenò come se volesse convincersi che quello che stava abbracciando era proprio lui, che stava bene.
-"Ehi Ben." Sussurrò Federico sorridente e lo strinse. "Cosa ci fai qui?" Gli chiese.
Il moro non gli rispose si limitò a stringerlo ancora di più e ad appoggiare la testa sulla sua spalla per poi chiudere gli occhi.
-"Benjamin?" Lo chiamò il più piccolo. "Mi rispondi?" Gli chiese.
-"Cosa ci faccio qui?" Ripeté Benjamin. "La vera domanda è cosa ci fai tu qui." Aggiunse.
-"Beh, ecco..." Balbettò il biondo e abbassò lo sguardo.
-"Dimmi cos'è successo." Ordinò il più grande e si sedette sul lettino accanto a lui.
-"Beh, ecco,  vedi..." Iniziò a parlare Federico ma si fermò per prendere un respiro profondo. "Dopo che tu mi hai lasciato all'università io mi stavo dirigendo verso l'aula ma dei ragazzi mi hanno fermato, hanno iniziato a prendermi in giro e io ho deciso di non stare zitto, ho risposto ad ogni loro provocazione ma, ovviamente, a loro non è piaciuta questa cosa." Raccontò il ragazzo.
-"E hanno pensato bene di picchiarti, stronzi." Ringhiò il moro e strinse i pugni.
-"Non direi che mi hanno proprio picchiato." Replicò il più piccolo. "Mi hanno solo spinto." Aggiungo.
-"Tu puoi dire quello che ti pare fatto sta che ti hanno picchiato." Rispose Benjamin. "E non dovevano toccarti, non dovevano nemmeno pensarlo." Continuò.
-"Ora però non pensiamo a loro." Disse il biondo e prese la mano del ragazzo. "Ora sono qui con te e voglio godermi ogni momento che posso passare in tua presenza." Continuò.
-"Mi hai fatto spaventare tantissimo." Rispose il più grande.
-"Scusami Ben." Si scusò Federico sottovoce. "Non volevo farti spaventare." Continuò.
Benjamin gli mise due dita sotto al mento, per alzargli il viso, e gli sorrise.
-"Non devi scusarti." Disse. "Ti prego ora abbracciami." Aggiunse.
Il più piccolo non se lo fece ripetere due volte, allacciò le braccia sulla vita del maggiore e lo strinse.
Benjamin aveva bisogno di lui.

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Ehi🌸
Forse sarò ripetitiva ma ci tengo a ringraziarvi, ancora una volta, per le trentotto mila visualizzazioni, siete fantastiche💕
A quanto pare l'incidente di Federico si è rivelato non essere niente di tanto grave ma è servito per far capire delle cose a Benjamin, come continueranno le cose tra di loro?
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Fatemi sapere cosa ne pensate.
Baci, Michi💕

Midnight Kiss || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora