Capitolo 3

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Il tema più bello che io abbia mai scritto è stato quello fatto in primo superiore.
La mia professoressa di italiano, che tra l'altro io odiavo, aveva dato una traccia che mi aveva colpito tantissimo, dove io dovevo immedesimarmi in un killer e raccontare come sarebbe il mio delitto perfetto. Io ero stata alquanto sadica, avevo scritto che per vendicarmi degli assassini di mia sorella li avevo uccisi uno ad uno, mettendo delle bombe in casa loro. Il mandante dell'omicidio però lo avevo lasciato per ultimo, cosicchè sapesse che stessi andando a prenderlo, e alla fine l'avevo ucciso con tredici pugnalate.

Scriverlo era stato divertente, e quando avevo finito di leggerlo le mie compagne, tutte arpie ci terrei a precisare, erano terrorizzate da me, e per giorni nessuno mi disse qualcosa di spiacevole o offensivo, sapevo che il tema avrebbe fatto questo effetto, e avevo utilizzato un linguaggio così turbolento apposta. La professoressa mi avevo dato un otto per quel tema, il che era stato gratificante, solo che quando tornai a casa, trovai ad attendermi un assistente sociale e uno psicologo. La mia professoressa credeva che io avessi degli istinti omicidi, così fui costretta a fare cinque sedute con lo psicologo, che doveva valutare se fossi affetta da personalità multiple o da manie suicide.

È stato allora che ho deciso di diventare psichiatra, scrivere quel tema mi aveva divertito così tanto che decisi che quello sarebbe in qualche modo stato un pezzo del mio lavoro. Studiare la mente delle persone affette da schizofrenia o disturbi della personalità era qualcosa di così eccitante, fa strano dirlo, che per un momento pensai di diventare anche io un serial killer.

Solo che poi ti sei ricordata che non riesci nemmeno a sgridare il tuo cane senza sentirti in colpa e così hai capito di essere più adatta ad una vita casa-chiesa.

Giusto! Però ancora ricordo la faccia incavolata di mia madre quando ero tornata a casa, tanto che nemmeno sapere che in realtà il tema era stato un successo l'aveva calmata.
Come se poi le fosse davvero importato qualcosa
Le importava ciò che i vicini avrebbero pensato...
Ovviamente.

Perchè vi dico tutto questo? Semplicemente perchè Cole, per rompere il ghiaccio che si era creato a cena, mi aveva chiesto quali fosse la cosa più squilibrata che avessi mai fatto, così stavo valutando se raccontargli questo o no, e alla fine avevo scelto di dirglielo.
Il coinquilino numero 2, di cui ancora ignoravo il nome nonostante convivessimo, rideva, mentre Cole mi guardava per assicurarsi che fossi seria. Ma insomma, chi nella vita ameno una volta non ha avuto un pensiero da maniaco?

"Jyllian, posso chiederti una cosa?"

"Certo, dimmi pure!

"Tu mi trovi simpatico vero? No perchè sai, non vorrei svegliarmi di notte e trovarti nella penombra della mia camera con un machete in mano. Quindi vorrei sapere se accoltellerai anche me"

Alzo gli occhi al cielo
"Piantala. Ti ho già detto che non sono una maniaca, ma avevo quattordici anni e mi facevo suggestionare dai romanzi polizieschi che leggevo."
Leggere i delitti di Sherlock Holmes non era stata una buona idea.

"Non deviare la domanda. Mi accoltellerai si o no?"
Alzai gli occhi al cielo sbuffando, possibile che ogni persona a cui raccontavo questa faccenda reagisse così?

"No Cole, tranquillo. Puoi dormire tranquillamente. O al massimo ti ucciderò rapidamente cosicché tu non senta nulla"

Il ragazzo in questione mi ringrazia timidamente, poi si alza iniziando a sparecchiare.
Lo conoscevo da nemmeno un giorno e già avevo capito che non fosse proprio un ragazzo che si poteva definire 'cuor di leone.'
Mi alzo anche io aiutandolo a lavare le stoviglie e appena finito mi chiudo in camera mia mettendo il pigiama e stendendomi nel letto.

A proposito di sorelle...
Prendo il cellulare, che negli ultimi giorni avevo utilizzato raramente, e vado nella rubrica cercando il numero esatto.
Compongo il numero e aspetto ben quattro squilli prima che risponda

Il Rumore Del SilenzioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora