Capitolo 6

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Starbucks dall'università dista circa cinque minuti e per tutto quel lasso di tempo Cole non ha fatto altro che ripetermi che avrei mangiato una ciambella enorme con il cioccolato e le praline colorate, ed un cappuccino pieno di panna e con scaglie di cioccolato sopra.

E volete sapere com'è finito tutto? Beh, siamo arrivati ed era tutto chiuso. C'era stato una sorta di crollo e quindi prima di due settimane non sarebbe stato accessibile a nessuno. Così Cole aveva iniziato a sbraitare dicendo, testuali parole, che "probabilmente senza un buon caffè prima di ogni lezione non sarebbe nemmeno riuscito ad accendere l'unico neurone buono che aveva nel cervello." Io poi avevo riso, non ricordandomi che ci trovassimo in mezzo alla strada e una bicicletta ci aveva quasi investiti.

"Vabbè dai Cole, non c'è un altro bar qui vicino? Ho proprio bisogno di un caffè prima di andare a lezione..."

"Si, ce n'è uno a due passi da qui. Vieni andiamo"

Il bar era molto carino, un po' troppo piccolo ad esser sincera, ma facevano un cappuccino davvero delizioso, con tantissima schiuma e, con esso, ti regalavano anche un biscottino al cioccolato. Probabilmente sarei tornata più volte in questo bar.

In pochi minuti ho scoperto che Cole è una persona con uno spiccato senso dell'umorismo. Faceva delle battute troppo divertenti, ed era addirittura più scemo di me. Mi guardava, faceva facce buffe facendomi ridere ed infine si derideva da solo dicendo che le sue battute erano una schifezza, anche se non era così. O almeno, questo è quello che stava succedendo fino a due minuti fa, quando ha ricevuto una chiamata ed è fuggito fuori con un sorriso a trentadue denti, ordinandomi di non muovermi e assicurandomi che sarebbe tornato entro pochi secondi, ma a quanto pare si sbagliava.

Accendo il telefono, guardando i messaggi della mia famiglia che mi chiedono se stessi bene. Rispondo a tutti e giurerei di aver sentito il mio cuore fermarsi quando guardo l'orario: 8:23.
Pago velocemente il conto, anche quello di Cole, e mi precipito fuori a cercare il mio coinquilino, ma mi blocco quando lo vedo.

Effettivamente da certe battutine che faceva mi era sorto qualche dubbio, ma non ne ero certa.
Almeno, non fino ad ora.

Jerome e Cole erano seduti sul muretto vicino all'entrata del bar, che si baciavano con tanta foga, come se volessero fondersi insieme.
Non volevo distrarli, lo giuro. Anzi, ad esser sincera avevo anche provato ad andarmene ma un ragazzo mi era venuto addosso e sono caduta, e giurerei di aver sentito il mio sedere prendere vita e bestemmiare contro di me.

"Oddio Jyllian, stai bene?"

Vedo Cole e Jerome raggiungermi per poi aiutarmi ad alzarmi. Non mi hanno aiutata, più che altro mi hanno sollevata di peso, Jerome mi prende da sotto le ascelle mentre Cole mi alza i pedi. Insomma, ma cosa sono, un salame?

"Ragazzi, mi state facendo fare una figura di merda, potreste gentilmente mettermi in posizione verticale?"

Quando finalmente sento i miei piedi, e solo i miei piedi, toccare terra, riprendo a parlare, cercando di pulirmi con le mani la parte posteriore dei jeans.

"Niente di rotto, vero?"

Li guardo sorridendo, sono felice che si preoccupino per me.
Secondo me lo fanno solo per cambiare discorso.

"Non cercate di sviare l'attenzione. Allora?"

Entrambi si guardano attorno, facendo di tutto per non incontrare i miei occhi, e Jerome si gratta la nuca abbassando lo sguardo.

"Non ignoratemi per favore. Cole, dimmelo."

"Non sapevo come l'avresti presa, così non te l'ho detto. Volevo farlo una di queste sere quando saremmo rimasti da soli, ma ormai è palese, quindi... Io sono gay, e ebh, anche Jerome lo è"

Il Rumore Del SilenzioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora